Sebbene l’incontro sia avvenuto a metà aprile, nella cornice vivace e spigliata dello Skepto Film Festival, il tempo trascorso non ci ha fatto desistere da un obbiettivo, che ci si era posti già a Cagliari: saperne di più sul conto di Matt Willis-Jones, originalissimo e vulcanico cineasta britannico che attualmente lavora in Norvegia. Del resto la sua visione umoristica della vita, presente tanto nel cortometraggio A Short Film on Belief che nel teaser di Atopia, ci aveva lasciato di stucco. Ed è così iniziata una fitta corrispondenza, fatta anche di battute salaci, di strambi racconti e del rituale scambio di foto goliardiche, scattate per l’appunto in terra sarda. Forti a quel punto di nuove scoperte, effettuate grazie al sito web della HUMA NERROR PRODUCTIONS, dove sono caricati i suoi lavori, ci siamo finalmente decisi ad approfondire il discorso. Da tale conversazione a distanza è nata l’intervista, che vi invitiamo ora a leggere…
Bene, Matt, se vuoi possiamo iniziare dalla fine: intendo il tuo ritorno a Skepto Film Festival con un nuovo cortometraggio, “A Short Film on Belief”, e col teaser del lungometraggio “Atopia” come bonus. Là puoi essere considerato ormai un “veterano”, perciò che ne pensi dell’atmosfera che si respirava al festival quest’anno? E sei soddisfatto del modo in cui il pubblico, a Cagliari, ha accolto il tuo lavoro?
Quest’anno Skepto aveva un’atmosfera meravigliosa, come sempre del resto. C’è una grande partecipazione di pubblico a Skepto, ed è così gratificante per i film-makers … troppe volte ai festival è possibile contare il numero di persone presenti nel pubblico, mentre a Cagliari c’è spesso gente seduta per terra, tanto il posto è affollato! Skepto è un festival abbastanza grande da mostrare parecchi film di qualità, e abbastanza piccolo da avere un’atmosfera intima dove tutti i registi possono conoscersi l’un l’altro. Per un motivo o per l’altro, i miei film vengono praticamente ignorati dall’establishment cinematografico, qui in Norvegia; così, dopo 360 giorni in cui tutto ciò si ripete, è una gioia vederli accolti così bene per i restanti 5 giorni dell’anno, allo Skepto Film Festival!
Per me, in Sardegna, c’è stato anche modo di osservare per la prima volta lo stile dei tuoi film, così da scoprire un umorismo e una creatività fuori dal comune. Dopo la mia esperienza a Cagliari ho potuto poi vedere, direttamente sul tuo sito web, le altre surreali commedie che si collegano al già citato “A Short Film on Belief”. Pare che il nome scelto per questa ironica serie sia “Everything is perfect and there are no problems”, cos’altro puoi aggiungere sulla nascita e sullo sviluppo di questo progetto? E cosa pensi del tuo modo di mescolare idee bizzarre, satira antiborghese e situazioni vicine al cinema di genere?
Ho sempre voluto far parte di una band, ma non sono in grado di suonare uno strumento musicale, non so distinguere una nota dall’altra, e non chiedetemi di tenere il tempo. Così ho deciso di fare un “album” attraverso i film, invece. E questo è ciò che rappresenta Everything is perfect and there are no problems: un album. I titoli dei singoli cortometraggi iniziano tutti con “A Short Film on…” per distinguerli dall’essere “episodi” di una serie – un po’ come le canzoni di un album, ciascun film è completamente separato dagli altri. È divertente poi che siano ambientati in un ufficio mentre io effettivamente non ho mai lavorato in un ufficio, ma in ogni caso sono tutti ispirati alle assurdità della vita reale di tutti i giorni. Ogni film inizia con un titolo a caratteri cubitali, dall’aria molto seria, per fare pensare alle persone che stiano per vedere qualcosa di veramente serio e noioso, ma dopo neanche 30 secondi il pubblico si rende conto che è qualcosa di inaspettato… Così, quando il pubblico ride una prima volta, stanno ridendo un po’ di loro stessi. Perché questo è ciò intorno a cui girano tali film: ridere di noi stessi. Siamo tutti colpevoli, ah! Ah! Ah! Ah!
Per quanto riguarda il mescolare i generi… non è qualcosa su cui io consapevolmente rifletto. Adoro lo stile dell’abbigliamento nei “noir e nei film degli anni ‘70, il che sicuramente si insinua in qualche modo … ma per il resto ogni film è determinato dalla sua impronta narrativa. Riguardo al fatto che le mie idee siano bizzarre, sono le uniche idee che ho! Perciò penso che siano normali!
Da diversi anni stai lavorando come film-maker a Oslo, Norvegia. Ci piacerebbe sapere qualcosa di più sulla Huma Nerror Productions: voglio dire, perché hai deciso di spostarti nella regione scandinava, come hai trovato i tuoi attori e anche il cast tecnico, qual è la situazione delle produzioni cinematografiche nel paese, cosa ne pensi del pubblico norvegese, e infine… facci sapere se la birra è buona.
Mi sono trasferito in Norvegia alla fine del 2005 come artista di post-produzione, per completare un film intitolato Free Jimmy, e ho finito per rimanerci. Nel 2008 ho lasciato il mio lavoro a tempo pieno, per concentrarmi sul progetto di fare film miei… ma non è capitato, fino al 2011, che io cominciassi a filmare alcunché: avevo scritto diverse sceneggiature, ma non riuscivo a ottenere alcun finanziamento e non conoscevo nessun attore o membro dell’equipe tecnica o modo per accedere alle apparecchiature necessarie. Ma poi, per caso, Harald Sørlie (Carl), e Jørn-Bjørn Fuller-Gee (Phil) si sono spostati nel mio ufficio, ho acquistato una Canon 7D, e un giorno mi sono guardato intorno e mi è venuto da pensare: ‘Aspetta… questo è un ufficio…. questi tizi sono attori… ho una videocamera… che diavolo… facciamolo e basta!’. Questo è più o meno come ho iniziato. Da allora c’è stato l’effetto clasico della palla di neve… sempre più persone sono state coinvolte… La gente veniva trascinata nel progetto. È stato davvero un processo organico. Nei primi film capitava spesso che io facessi l’operatore, il fonico e apparissi anche in scena come attore! Alla fine avevamo direttore della fotografia e cast tecnico regolari, attrezzatura adeguata, luci… insomma, chi curava il make up aveva persino un assistente! È davvero incredibile. E abbiamo costruito un grande livello di fiducia, lavorando così tanto insieme. Io li amo tutti.
Non posso realmente commentare la situazione produttiva in Norvegia, poiché non sono ‘nel giro’… ma ci sono molte più borse di studio e fondi disponibili per le arti di qualsiasi tipo in Norvegia, che in altri paesi… e ho avuto sufficiente fortuna da essere premiato con 3000 Euro per presentare A Short Film on Conformity ai festival… uno dei quali fu proprio Skepto nel 2013!
Cosa penso del pubblico norvegese? Ah ah ah… beh, che sono piuttosto alti e mangiano molto pesce. Ad essere onesti la mia cerchia sociale si limita alle persone con cui lavoro, e tutti loro sono adorabili e io non vorrei lavorare con nessun altro. Per quanto riguarda la birra… è molto, molto, costosa.
Sappiamo solo un po’ del tuo precedente lavoro nella postproduzione di lungometraggi “mainstream”, per registi come Ridley Scott e Christopher Nolan. Ci puoi spiegare gli inizi di tale attività… e volendo gli “inizi” di Batman, visto che parliamo proprio di “Batman Begins”?
Sono tornato a Londra nel 2001 dopo aver studiato cinema a Chicago e ottenuto un lavoro presso uno studio di animazione a Soho (io non sono un animatore, e non sono interessato all’animazione, ci lavoravo come compositore). Ciò è durato quasi 2 anni – era un grande studio, con circa 100 persone – e stavamo tutti iniziando le nostre carriere. Un lavoro conduce all’altro e così sono finito a fare il compositore digitale alla Double Negative, dove ho lavorato a quei mega progetti che citavi tu… anche se il modo in cui sono approdato a Batman è qualcosa di buffo. In quel momento lavoravo a Le crociate – Kingdom of Heaven di Ridley Scott, trascorrendo spesso 2 o 3 settimane a lavorare su una singola ripresa… e questo mi stava facendo un po’ impazzire. Un giorno ho ricevuto questa scena, lunga circa 3 o 4 secondi. In fondo c’era un cammello fuori fuoco, con un tizio seduto sopra. Il tipo stava tirando furiosamente le redini del cammello e continuava a scalciarlo coi talloni. Mi è stato detto di far sì che il ragazzo dondolasse le gambe gentilmente anziché scalciare il cammello e di fargli dare giusto ‘un colpetto con il polso’ nell’usare le redini. Questo è stato un lavoro molto complesso, poiché ogni volta che lui prendeva a calci il cammello, tutti i muscoli del cammello oscillavano intorno, lo stesso collo oscillava … e aveva tutti quei capelli sulla parte posteriore del collo che si aggrovigliavano sotto i colpi del frustino, mentre io prima non sapevo nemmeno che i cammelli avessero capelli dietro al collo! Una delle prime cose che ho dovuto fare è stata rimuovere i capelli per poter sincronizzare le redini. Quasi tre settimane più tardi, dopo aver sistemato col rotoscope, resettato e modificato quel maledetto cammello fuori fuoco, la scena era finalmente completa e pronta per essere mostrata ai produttori… ma all’ultimo minuto mi sono reso conto improvvisamente che avevo dimenticato di rimettere i capelli sul collo del cammello. Ci ho provato, ma era così complicato dopo tutto quel resettare e rimodellare che avevo fatto, da richiedere probabilmente altri 2 giorni. Ho pensato, hey, che diavolo, nessuno sentirà la mancanza dei capelli sul retro del collo di un cammello fuori fuoco. Ho mostrato il lavoro ai produttori e la scena è stata approvata. Grazie a Dio, mi son detto. Uno dei produttori mi ha dato una pacca sulla spalla, un po’ come si fa con il bambino che è arrivato ultimo a una gara scolastica. Ero così sollevato. Improvvisamente qualcuno dice ‘E ora facciamo un confronto con l’originale…’ Cosa? Perché? No! Nessuno andrà a confrontare questo con l’originale al cinema! Ma pochi istanti dopo il puntino rosso del laser del produttore puntava già sullo schermo. ‘Ah… hai perso per strada i capelli sulla parte posteriore del collo del cammello’.
Avete presente l’espressione: ‘The straw that broke the camel’s back’? (traducibile in italiano come: la goccia che ha fatto traboccare il vaso, n.d.t.)
Deve essere risultato evidente che stavo per avere un esaurimento nervoso e così mi hanno trasferito a lavorare su Batman, invece, progetto che è mi era molto più congeniale, considerando i miei trascorsi in progetti di animazione (contrariamente alla credenza popolare, una gran parte di quel film è animazione CG).
Per inciso, io ancora non riesco a guardare Le crociate – Kingdom of Heaven.
Il tuo sito web è ricco di opere interessanti, tra cui ci sono anche alcuni videoclip. Personalmente mi è piaciuto molto il video creato per i Broken Branches. Come è iniziata la collaborazione con questa e con altre band?
Grazie! Bello che tu lo dica. Il videoclip dei Broken Branches… Ah! Ah! Ah! Il musicista è un mio amico. Mi ha chiesto se volevo fare un video musicale per lui e ho detto di no. I video musicali sono una tale rottura di coglioni. Poi ha detto: ‘Ti darò 200 Euro’. E allora ho detto di sì. Ero completamente in bolletta, al tempo. Quando è arrivato il momento di riprendere, avevo un copione incentrato su una donna che ha potuto assistere al suo funerale, ma abbiamo iniziato troppo tardi in quella giornata e sapevamo già che avremmo avuto solo un’ora, prima che il sole calasse. Così ho girato quello che ho potuto e ho reinventato l’idea per il video, direttamente in postproduzione. In realtà il risultato finale mi piace molto e penso che si sia rivelato migliore dell’idea che avevo avuto in origine. L’altro video musicale, quello per la Bernard Briis Band, è una storia demenziale… il cantante e leader del gruppo anche qui è un amico, e sapevo che volevano un video. Non avevo mai incontrato gli altri membri della band. Un giorno, mentre la band si trovava in uno chalet nei boschi per registrare un nuovo album, un altro mio amico ed io abbiamo deciso, del tutto spontaneamente e senza dirlo alla band, che avremmo guidato per le 2 ore necessarie a raggiungere la loro capanna e che avremmo girato il video. Siamo arrivati lì per poi trovare tutti quanti addormentati e terribilmente sottosopra. Io ho svegliato il batterista, che non mi conosceva, stuzzicandolo con una delle sue bacchette mentre gli puntavo la videocamera addosso. Lui ovviamente ha cercato di uccidermi. Quando ci siamo ritrovati con tutta la band sveglia – anche se per niente felice – li abbiamo buttati nella neve e li abbiamo filmati sullo slittino per 2 ore. Alla fine questi ragazzi, che prima volevano uccidermi, ci abbracciavano e correvano dietro al furgone, agitandosi come bambini mentre noi tornavamo a Oslo. È stato un vero spasso.
In altri cortometraggi, che ho scoperto setacciando il sito in lungo e in largo, vi è anche un’affascinante vena sperimentale. Tanto per fare un esempio, “ABC” è così magnetico, almeno per me: lì mi sono piaciuti molto l’idea di base, la musica, il montaggio. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?
I disegni sono dell’affermato artista norvegese Guttorm Nordø. Sapevo che dovevo fare qualcosa coi suoi disegni… dall’impronta grafica così forte che non li si può fraintendere, ma allo stesso tempo completamente incomprensibili. All’epoca stavo digitalizzando vecchi film per gli archivi della televisione di stato norvegese, che è poi dove ho scoperto il materiale di repertorio (originariamente una pellicola di 25 minuti, concepita per il servizio pubblico di prevenzione alle frodi) da me utilizzato. Il film ha girato per le gallerie e in qualche festival, la gente lo ama o lo odia. Sono felice che a te piaccia.
Suppongo di avere lo stesso stato d’animo di Bill Plympton: mi piacciono le storie divertenti con protagonisti gli Alieni! Quindi ho molto apprezzato “Incalcitranous Rex”, per l’animazione piena di elementi naif e umorismo, naturalmente. Mi piacerebbe sapere qualcosa da te, riguardo alla realizzazione tecnica di questo lavoro, ma anche sul gusto che hai per l’approccio umoristico alla science fiction.
Incalcitranous Rex è davvero un gran ‘divertissement’. Prima di lavorare alla Double Negative ho lavorato a una serie animata fantascientifica dal budget assai consistente, intitolata Captain Scarlet, che usava tecniche di “motion capture” potenziate poi dall’animazione per dar vita ai personaggi in CG. Anni dopo, giocherellando un po’, ho scoperto che spingere un maglione a collo alto sopra la testa e attaccarci una testa finta offriva una performance infinitamente più ‘reale’, dell’appoggiarsi a un budget così grosso! Ho pensato che questo fosse esilarante e così Rex è nato. Io stesso ho creato gli sfondi utilizzando le stesse tecniche che avevo sperimentato con Captain Scarlet. C’è un video del ‘making of’, sul nostro sito web, che è a sua volta un grande scherzo: non ho fatto per niente nel modo che si vede lì, sarebbe stata una fatica di gran lunga maggiore! Il film io lo chiamo anti-animazione. Ed è solo perché sono un coglionazzo, in realtà, che mi prendo gioco di quanto sia ridicola quell’industria della Computer Grafica, che si prende così sul serio. Come descriverei la mia propensione per l’umorismo nella fantascienza? È solo un bellissimo parco giochi per le idee, per essere sciocchi. E a volte è davvero importante saper essere sciocchi.
Per finire, ecco la domanda che nessun giornalista può evitare di fare. Quasi me ne scuso. Insomma, a quali progetti stai lavorando, adesso?
Proprio ora sto lavorando al progetto del mio primo lungometraggio, ATOPIA:
“In un mondo surreale e paranoico, un detective frustrato è alle costole di un gruppo di attivisti anti-governativi guidato da una donna, nota come The Cat: una ricerca, la sua, che lo porterà a scoprire una vasta Intelligenza Artificiale che anela ad un’anima, un portale spalancato su realtà alternative, e persino le origini della vita stessa… ma tutto ciò, cosa ancora più importante, potrebbe condurlo anche ad avere un appuntamento con il suo capo.”
Portato avanti lavorando con gli stessi attori e lo stesso cast tecnico di Everything is Perfect…, è comunque un qualcosa di molto più cinematografico di quei film, e il mio amore per i noir degli anni ’50 associato a quello per la sci fi anni ’70 / ‘80 risulta più evidente, nello stile.
Jodorowsky una volta ha detto di volere che i suoi film emulassero l’effetto dell’LSD. Penso che suoni bene come obiettivo, non è vero?
Atopia in questo momento è in fase di sviluppo, e ho realizzato qualche scena esemplificativa giusto per mostrare lo stile e lo humour, scene che potete vedere già sul mio sito. Il piano è quello di girare nel 2016, con la prima prevista per il maggio 2017. Qualcuno ha detto qualcosa? Oh – scusate – mi è sembrato di sentire che qualcuno dicesse Cannes.
Stefano Coccia