Ieri pomeriggio la carica del rinoceronte rosso ha travolto Cagliari. Non ci voleva poi molto a capire che, tra gli eventi in programma giovedì 16 allo Skepto Film Festival, la proiezione di Walking with Red Rhino avrebbe beneficiato di un’atmosfera del tutto particolare. Lo si intuiva già da certi sguardi emozionati, in primis quelli degli organizzatori del festival e di chi aveva avuto la fortuna di conoscerlo personalmente, quell’Alberto Signetto che lo pseudonimo Red Rhino se lo era scelto quale nome di battaglia, fino a prendere l’immagine del rinoceronte rosso quale logo delle produzioni cinematografiche da lui realizzate; insomma, un modo consapevole e dichiarato di alludere alla propria cocciutaggine, all’impossibilità di scendere a compromessi sulle più importanti questioni lavorative ed estetiche. Per completare così una vita spesa sempre in direzione ostinata e contraria.
Il ricordo commosso di Marilena Moretti, sua amica e al contempo autrice del film che così in profondità lo racconta, ha fatto da premessa a una visione che non può lasciare indifferenti: Walking with Red Rhino – A spasso con Alberto Signetto è un ritratto a tutto tondo, un omaggio vibrante e sincero da cui esce fuori tanto l’umanità di fondo del personaggio che l’eccezionalità (apprezzata in maniera insufficiente o comunque con imperdonabile ritardo, quando era in vita) del suo percorso artistico. In circa un’ora e tre quarti di montato c’è davvero tanto di Alberto Signetto a.k.a. Red Rhino, ma fa impressione pensare che la regista avesse a disposizione più o meno 200 ore di materiale; una circostanza, questa, che ha portato di certo a dolorosi tagli.
Ma bastano forse le scene inserite nel film per arrivare a intuire sia la grandezza del film-maker recentemente scomparso, sia la pienezza (non priva, certo, delle ovvie e prevedibili difficoltà, talvolta fonte di amarezza) di un vissuto in cui coerenza, passione e vivacità intellettuale, doti oggigiorno sempre più rare, hanno avuto un ruolo preponderante. Documentarista sui generis e amante del cinema sia sul piano pratico che su quello teorico (approcciato, quest’ultimo, sulle basi di una cultura dell’audiovisivo estremamente ricca e feconda), Red Rhino si racconta sullo schermo donandosi integralmente a chi lo sta filmando, mettendo cioè a nudo la propria personalità, i tanti problemi del quotidiano, le fascinazioni artistiche che lo hanno segnato sin dalla giovinezza, i lavori cinematografici del passato come anche quei progetti presenti, di volta in volta più difficili da realizzare; fino all’emergere della malattia, che lo avrebbe prematuramente stroncato, raccontata davanti alla videocamera con uno spirito, con una dolente complicità, che gli stessi Alberto Signetto e Marilena Moretti hanno voluto paragonare nel film a quanto sperimentato dal morente Nicholas Ray e da Wim Wenders in Lampi sull’acqua – Nick’s Movie.
L’intensità di Walking with Red Rhino è data sia dalle testimonianze verbali del protagonista, che si muovono liberamente dalla dimensione privata ai più svariati interessi culturali, sia dalle immagini che ne ricordano le imprese come film-maker, gli incontri con altri autori di grande spessore, il complicato rapporto lavorativo con la committenza (vedi la RAI, spesso sospettosa nei confronti del suo carattere orgogliosamente indipendente, che gli affidò una troupe ridottissima per filmare uno storico concerto dei Rolling Stones in Italia, evento da cui comunque si generò un confronto del regista con la band per certi versi memorabile). Ma le pietre miliari di cui si dovrebbe parlare, per far intendere come il “rinoceronte rosso” sapesse partire alla carica, sono davvero tante. Dall’esperienza giovanile sul set di un maestro come il greco Theo Angelopoulos, intento nel 1980 a girare Alessandro il Grande (O Megalexandros), fino alle passeggiate torinesi col cineasta americano Robert Kramer; dal rapporto con la scena musicale italiana (fanno capolino in preziose immagini d’epoca sia i Litfiba che i Righeira) alla realizzazione del suo Weltgenie, autentico gioiello girato in piano sequenza al Lingotto di Torno.
Tante sfaccettature, insomma, per cui il nostro consiglio è di recuperare assolutamente la visione di questo film; provando magari a immaginare l’aura un po’ magica che la sua visione ha lasciato qui a Cagliari, in un festival dove Alberto Signetto alias Red Rhino nei suoi ultimi anni di vita ha saputo lasciare un segno profondo, ennesima rifrazione positiva di un carattere generoso e arrembante.
Stefano Coccia