Sky: ''Nel calcio occorre cambiare, Tavecchio non è segnale incoraggiante''

Creato il 05 agosto 2014 da Digitalsat

«La necessità di rinnovare i vertici della Federcalcio, scaturita dalle dimissioni di Abete in seguito all'eliminazione della nazionale italiana dai Mondiali, può rappresentare un'opportunità per l'avvio di un più ampio processo di riforma del sistema calcio italiano, indispensabile per accrescere in prospettiva la competitività ed il valore del prodotto, il suo appeal sportivo e culturale e la sua sostenibilità economico-finanziaria».

Ne è convinta l'emittente satellitare Sky, che in un documento confidenziale in possesso dell'Adnkronos parla di un «processo estremamente complesso, che abbraccia e coinvolge una molteplicità di aspetti, ma inderogabile per assicurare la sopravvivenza stessa di un'industria che incide per l'1,6% sul PIL nazionale».
Sul piatto c'è ovviamente l'elezione del nuovo presidente della Figc. «Naturalmente, la questione non attiene ai singoli candidati a sostituire Abete ai vertici della Figc. Certo, è difficile immaginare che le istanze di cambiamento provengano dalle persone che alla crisi di sistema hanno contribuito. L'eventualità dell'elezione di Tavecchio, ad oggi il nome che pare riscuotere la maggioranza dei consensi nel sistema Figc, non è un segnale incoraggiante. E questo non tanto per l'età anagrafica del candidato (71 anni), ma perchè rappresenta vecchie logiche gestionali - si legge -. In primo luogo, non rappresenta il «nuovo» ed è quantomeno corresponsabile dell'attuale stato di crisi sistemica: è in Federazione da circa 30 anni, da 15 alla guida della Lega Nazionale Dilettanti (Lnd)».
«Secondo, non è un uomo di sport, ma figlio di una gestione «politica» dello sport; terzo, ha sempre gestito la Lnd e potrebbe non avere le competenze adeguate alla guida di un'industria multinazionale quale il calcio moderno deve essere; infine, difficilmente potrebbe rappresentare un «esempio» per le nuove generazioni, anche alla luce delle numerose condanne ricevute per diversi reati (falso in titolo di credito, evasione fiscale, omissione di versamento di ritenute previdenziali, ecc.). Nomi nuovi, provenienti dal mondo dello sport, con profilo internazionale e comprovate capacità gestionali e anche in grado di assurgere a simbolo di una vera rivoluzione «culturale» non mancherebbero: da Albertini, che ha ufficializzato la sua candidatura, a Vialli, da Mancini a Del Piero, ecc.».
Ma non sarebbe solo un problema di nomi. «Per ripartire, tuttavia, si dovrebbe logicamente prima cambiare la Federazione, come idea, struttura, poteri. Poi, si dovrebbero scegliere gli uomini e un progetto credibile di rinnovamento, come è stato fatto altrove nel mondo (Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda, Usa, per citare alcune delle best practice). Se questo non può essere, dovendo il presidente della Figc essere eletto nelle prossime settimane, allora meglio puntare su un nome di «rottura» in grado di offrire un segnale di vero cambiamento».

La riforma del sistema calcio, al pari delle riforme che ridisegneranno l'architettura delle istituzioni italiane per contribuire al rilancio del ruolo economico, sociale e culturale del Paese, «richiede la partecipazione e l'impegno di tutti i soggetti che, a diverso titolo, fanno parte di questa industria: è necessario l'impegno dei club, delle leghe e delle federazioni, accanto a quello del governo, degli enti locali, dei broadcaster e degli stessi tifosi per il perseguimento di un interesse comune, la creazione di un «Prodotto Calcio» inteso come migliore spettacolo possibile, nella legittima tutela degli interessi di parte. Proprio come in un film o in uno spettacolo teatrale, gli attori (le squadre), i produttori (la lega/federazione), il regista (i broadcaster) lo scenografo (i costruttori) sono indispensabili ma non individualmente sufficienti a fornire un buon prodotto. Il grande film è il risultato dello sforzo coordinato di tutte le maestranze. Questa coesione è fino ad oggi mancata nel nostro Paese».

Sul piano della governance, le diverse leghe, a partire da quella di Serie A, devono superare gli squilibri generati dai modelli attuali, adottando -sulla base delle best practice internazionali- soluzioni condivise in grado di assicurare maggiore autorevolezza, indipendenza, capacità manageriale, visione strategica orientata alla crescita del movimento calcistico e alla riduzione delle conflittualità interne. Allo stato attuale, lo statuto della Figc attribuisce un peso «politico» spropositato ai dilettanti e alla Lega Pro, 4 volte - in termini di voti - il peso della Serie A, che pure, colpevolmente, negli ultimi anni ha sviluppato quantomeno una visione miope sull'urgenza di riformare il sistema calcio".


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