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"Benvenuti nel deserto del reale"
Meltemi editore, 13.00 euro
Slavoj Zizek si conferma essere quello che non ho mai avuto e che in realtà pensavo non potesse neanche esistere: l'amico beone e intelligente, di grande cultura ma aperto al pop, cazzaro e, incidentalmente, LENINISTA.
Dicevo: non pensavo potesse esistere, che messe assieme queste cose potessero darsi in un essere umano reale. E invece.
Questo libro di Zizek è dedicato principalmente agli effetti dell'undici settembre 2001 ed è, grosso modo, un instant book, quindi: niente grandi teorizzazioni (molto meno Badiou, Heidegger e Lacan del solito) e grande spazio ad un tentativo di analisi della politica degli stati uniti e del conflitto israelo-palestinese.
Come al solito, Zizek da il meglio di sé nel cazzeggio da bar: quando parla di fillm, libri e gruppi musicali (quando passa alla musica sinfonica, va detto, pare un po' a disagio) è sia divertente che intelligente e, sebbene i sintomi lacaniani siano secondo lui OVUNQUE, alcune delle letture che da sono rivelatrici o - per lo meno - interessanti. Dette di fronte a una bottiglia di vino mi convincerebbero subito.
Quando parla di politica e di "mondo" è invece leggermente meno convincente. Zizek legge l'11 settembre come un conflitto interno alla modernità occidentale, e difende la tesi che i fondamentalisti siano nient'altro che un'altra faccia dell'occidente e dell'ideologia capitalista. Il che porta ad alcune tesi interessanti ma non centrali (la teoria dell'HOMO SUCKER, dell'uomo imbecille, che è il primo a cadere vittima delle stupidaggini su cui ironizza, e che ha molti punti in comune con la critica al post-moderno di DWF Wallace) e ad alcune tesi centrali ma ridicolissime (ad esempio quella del "socialismo islamico" come possibile fronte di resistenza al capitalismo, come possibilità inespressa negli attuali stati musulmani e soprattutto in quello palestinese - e soprattutto come possibilità positiva).
Il problema di Zizek, e risulta stranamente più evidente da un libro meno teorico come questo, è che è, al fondo, un idealista hegeliano (per essere più precisi: uno strano ibrido tra un hegeliano e un platonico): crede al manifestarsi dello spirito del mondo in alcuni momenti/eventi, crede al fatto che non solo un film, ma anche "l'occidente" possa essere psicanalizzato (non solo come strumento ermeneutico, che saremmo tutti d'accordo: sarebbe solo un cacciavite in più nel bagaglio delle possibili interpretazioni) e che abbia dei sintomi e dei rimossi (già a fare questo discorso per un film, si sta andando di metafora, figuriamoci per l'OCCIDENTE).
(a ripensarci: già fare questo discorso per un essere umano significa star metaforizzando pesantemente)
Oltretutto, tutte le distinzioni fondamentali che Zizek fa tra ideologia e realtà, tra veri e falsi eventi, tra falsa e vera coscienza, ecc. ecc., possono essere rovesciate senza alcuno sforzo.
Perché un evento è fascista e l'altro è rivoluzionario?
Perché l'individuazione del nemico nel terrorismo islamico è un "punto di sutura" (point de capitonné), cioè una operazione con cui identifichiamo/costruiamo un unico soggetto che "tira le fila" come nemico unico (versus la realtà in cui invece ci sono diversi oppositori concreti)?
Perché l'identificazione zizekiana del nemico nel "CAPITALISMO" non dovrebbe essere la stessa identica cosa?
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