Di Giuseppe Timpone il 12 ottobre | ore 13 : 01 PM
Soltanto ieri, il governatore della BCE, Jean-Claude Trichet, che a fine mese passerà il testimone all’italiano Mario Draghi, aveva avvertito sulla necessità di accelerare i tempi per il nuovo Fondo europeo di salvataggio, l’Efsf, chiarendo che l’Eurozona sarebbe l’epicentro di una crisi mondiale, che vede nella scarsa capitalizzazione delle banche la ragione di un grosso rischio sistemico.
Aveva aggiunto il numero uno dell’Eurotower, che dalla Grecia la crisi nelle ultime settimane si sarebbe pian piano trasferita anche agli altri stati dell’Area Euro, a causa di una crisi di credibilità degli stessi debiti sovrani. Parole, quelle del governatore, in contrasto per buona parte delle sue riflessioni con quanto poche ore prima aveva affermato il suo vice, il portoghese Vitor Constancio, che aveva invitato gli stati a utilizzare l’Efsf per finanziare, anzitutto, le emissioni all’asta dei titoli italiani e spagnoli, i più colpiti dalla sfiducia di questa estate.
Solo successivamente, aveva chiarito Constancio, sarà utile provvedere alle banche. Ma il presupposto di entrambi i ragionamenti si basava sull’esistenza dell’Esf, nella sua nuova e più robusta versione, decisa in estate, per affrontare la crisi. Una linea, che contrasta apertamente con quella dei tedeschi, contrari all’utilizzo del Fondo sia sul mercato primario che per ricapitalizzare le banche.
Invece, ieri, la Slovacchia ha bocciato il varo di questo strumento. I liberali della coalizione di centrodestra al governo hanno ritenuto eccessiva la richiesta di contribuire per 7,7 miliardi, il 10% del pil, per togliere dai guai gli stati più ricchi dell’Eurozona. Era l’ultimo Paese, che si sarebbe dovuto esprimere.
Il premier Iveta Radicova ha, tuttavia, rassicurato sull’approvazione dell’Efsf, in seconda votazione, magari oggi stesso, con l’apporto dei voti dell’opposizione. Sta di fatto che al momento l’Efsf 2.0, come era stato ribattezzato, non ha ottenuto il placet di tutti gli stati.