Smalltown

Da Fabsound
Tra le varie cose che sto facendo in questo(i?) anno(i?) da Medico Non-Specializzando, le sostituzioni dei Medici di Medicina Generale si stanno rivelando essere di gran lunga le più interessanti.

La scorsa settimana il giro delle sostituzioni mi ha mandato in un piccolo paese della bassa bresciana, poco più di un borgo circondato da infiniti campi di grano e senza un solo colle all’orizzonte, da casa mia mezz’ora di auto che sembra portarmi indietro di cinquant’anni.
Il lunedì mattina raggiungo il paese facendomi guidare dal navigatore, saggio acquisto effettuato con i primi guadagni per poter scorrazzare ovunque senza il terrore far la fine di Max Pezzali  alla ricerca di casa di Dio.
“Entrare, nella rotonda, poi prendere la prima, a destra.”
“Svoltare, a destra.”
“Arrivo, a destinazione.”
Mmm… forse c’è qualcosa che non va… alla mia sinistra, infatti, c’è solo una breve via che non sembra essere proprio il centro di nulla. Si sarà forse sbagliato il mio simpatico navigatore che quando parla mette delle virgole a sproposito (dev’essere ucraina, o russa, da come cadenzia il discorso)? O semplicemente avrò inserito l’indirizzo sbagliato? Controllo la via, effettivamente è quella segnalatami dalla dottoressa che vado a sostituire. Vorrei chiedere informazioni, ma alle otto e mezza di mattina per strada non c’è quasi nessuno: un paio di anziani che camminano con rassegnata lentezza, il dipendente delle poste che solleva la saracinesca. Sono un po’ in anticipo sull’appuntamento con la dottoressa per cui non mi resta altro che aspettare qualche minuto, e ne approfitto per guardarmi meglio intorno. La via dove mi trovo, lunga al massimo duecento metri, ad uno sguardo poco più approfondito sembra racchiudere in realtà quasi tutto ciò che si trova in ogni città, solo un po’ rimpicciolito: un mini-giornalaio, delle micro-poste, una chiesetta, due (due?) ristorantini, una banca e un fantastico municipio grande come la mia camera da letto. E, ora che guardo meglio, c’è anche l’ambulatorio di cui andavo in cerca. Visto che è ancora presto mi siedo sulla panchina nel giardinetto davanti alla banca (che è poi anche davanti alla posta, alla municipio e al giornalaio) a pochi passi dall’ambulatorio (che è anche a pochi passi dall’asilo, dalla trattoria e dalla chiesa) e aspetto la dott.ssa leggendo qualche pagina di un libro che mi sono saggiamente portato. Il sole di settembre mi riscalda dal vento che a quest’ora del mattino comincia ad essere frizzante, intorno un silenzio solo vagamente opprimente, e senza una sola auto che passi o altri segni della presenza umana ci metto poco ad innamorarmi di questo momento. Penso che potrei arrivare tutti i giorni qualche minuto prima per leggere qualche pagina tranquillo. “Buongiorno, è lei il dott. Rinaldi?”
“Sì sono io, piacere!”
Si comincia.