Smiley

Creato il 21 dicembre 2013 da Mattia Allegrucci @Mattia_Alle
Meraviglioso, questo film, che riesce a prendere una intuizione geniale figlia dei nostri giorni e a buttarla nel cestino senza vergognarsene. Se volete tentare la strada del cinema cominciando dal genere horror, prendete questo film come esempio per scrivere e dirigere l'esatto opposto. Smiley mette in scena un terribile demone del web che, secondo una leggenda metropolitana, può essere evocato scrivendo una formula magica in chat per uccidere la persona con cui si sta parlando online. Webcam, computer e tanta voglia di proporre al pubblico un nuovo mostro da poter sfruttare, peccato che Michael J. Gallagher non riesca a capire se guardare più al cinema di Wes Craven o a quello in stile Funny Games di Michael Haneke, imbastendo un horror a bassissimo costo che non riesce né a divertire né ad essere preso sul serio.
Ashley è una protagonista stupida oltre ogni limite, impersonata da una Caitlin Gerard che fa il suo lavoro, ovvero urlare, spaventarsi e piangere; la classica biondina dei film horror americani, insomma. Spunti ovvi come questi abbondano nella sceneggiatura dello stesso Gallagher e di Glasgow Phillips, la quale vive dei classici cliché dell'orrore e che non si presta alla benché minima interpretazione fantasiosa. Smiley è un demone del web oppure non lo è? Quello che si vede in webcam è la realtà oppure no? Queste sono le domande che ronzano in testa alla protagonista, spaventata dalla sua nuova vita al college e intimorita da queste nuove scoperte. Il problema sta tutto nel fatto che il pubblico non è demente tanto quanto Ashley e, se ci si mettesse a fare un paio di conti, si scoprirebbe che la mancanza di interesse da parte delle famiglie delle vittime e l'ironia con la quale la polizia accoglie questa storia sono dei chiari indizi verso la soluzione finale, una soluzione che però viene fortunatamente rovesciata da un cliffhanger efficace, che salva in calcio d'angolo la conclusione del film. Ma non possiamo promuovere un prodotto che ha come unico pregio quello di recuperare un po' di punti negli ultimi cinque/dieci secondi, e il risultato resta fiacco e noioso, dove non abbiamo mai sequenze splatter, soprattutto per il fatto che buona parte degli omicidi avviene online, quindi in bassa qualità, quindi sprecando abbondantemente sangue finto e lattice che non si vedrà mai. Si cerca invece di puntare sulla violenza psicologica ma senza strafare, anzi, continuando a tormentare la protagonista (e quindi il pubblico) con spaventi dell'ultimo minuto, quei classici balzi dalla sedia causati dalla musica (di Dave Porter) e pasticciati dagli improvvisi tagli di montaggio (di Zach Anderson). Ashley è pazza? Tutto quello che sta vivendo è frutto della sua immaginazione? Oppure c'è veramente qualche entità paranormale che la tormenta così come tormenta le persone sul web? Domande che non hanno bisogno di risposte perché, come detto sopra, se ci si concentrasse un attimo senza ironizzare troppo sul film, si scoprirebbe che queste risposte vengono fuori da sole dopo circa mezz'ora, perché alcune scelte di sceneggiatura si dimenticano del fatto che siamo in un mondo reale e non in un mondo fittizio. Si cita Freddy Krueger, a un certo punto, scordandosi che il buon Freddy viveva nel mondo dei sogni, un mondo privato e isolato, mentre Ashley vive nel mondo reale, ed è praticamente impossibile che nessuno si preoccupi di questi omicidi. Tanto più che nel cult di Craven, quando si tornava alla realtà, genitori e poliziotti erano molto preoccupati per gli improvvisi decessi di questi giovani. Dov'è la polizia? Dove sono i genitori? Si voleva forse criticare la mancanza di interesse da parte di questa nuova generazione di parenti verso i loro figli? Non credo, non con un padre così premuroso e disponibile inserito nella sequenza d'apertura. Orribile e sciocco pasticcio contemporaneo che non ha rispetto delle solide regole di sceneggiatura; il mondo del web non è il mondo dei sogni, non va trattato come se fosse un universo a parte.


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