Tag: 2012, Caitlin Gerard, cinema-S, horror, M. J. Gallagher
Ashley è una ragazza con evidenti problemi psicologici che si è appena trasferita in un campus universitario: frequentando una videochat anonima si imbatte nell’inquietante Smiley, una sorta di serial killer che sembra vivere assurdamente all’interno di internet.
In breve. Interessante per quanto non esente da difetti, vive su una buona idea ed è destinato, forse, a diventare cult: da procurarsi quanto prima per chi ama l’horror senza pregiudizi, gli altri possono visionare ma senza eccessive aspettative. Leggermente sottotono per alcune trovate da film “adolescenziale”, contiene un doppio (triplo?) finale che vale da solo, probabilmente, il costo del DVD o il prezzo del biglietto.
La storia è di quelle già sentite: un campus universitario ospiterà molto presto gli omicidi di un singolare serial killer, che opera apparentemente attraverso internet e diffonde il panico mediante una semplice “evocazione” in chat. La storia si focalizza sulla figura di Ashley, ragazza fragile e matricola dal carattere problematico (la bellezza discreta e riservata di Caitlin Gerard, qui in versione nerd con qualche turba mentale), con una storia travagliata alle spalle e la tendenza a isolarsi dal mondo, in perenne conflitto con la sana curiosità di vivere la propria storia. Nel gioco del “tutti sospettati” – perchè Smiley non poteva, in un certo senso, agli occhi dello spettatore disilluso del nuovo millennio, essere davvero un prodotto di internet – neanche la soluzione a cui tutti potrebbero pensare sarà quella giusta, e come se non bastasse sarà necessario vedere il film fino all’ultimo fotogramma per capacitarsi realmente dell’accaduto. A dirla tutta qualche spiegazione indispensabile manca pure, il collage che si ricompone non riesce a convincere al 100%, come se Gallagher si fosse divertito a disorientare il proprio pubblico, e questo rassicura un po’ tutti nel credere che, per quanto meritevole, non si tratti del film del millennio.
La frase di evocazione del mostro, di per sè è tutta una programma: “l’ho fatto per divertimento“ ripetuto tre volte, il che suona denso di un significato ulteriore se riferito, come pare, ad una generazione smarrita, vaporizzata, senza cervello, superficiale ed intrinsecamente cattiva, che non riesce a fare nulla di diverso dal praticare l’edonismo più sfrenato. Detta così potrebbe far sorridere, e vi garantisco che molti non potranno fare a meno di cercare “smiley urban legend” su Google, e questo – già di suo – non fa che denotare una natura innegabilmente commerciale, e non per questo negativa per forza, del film stesso. Innegabile, direi, ed il film funziona, possiede un buon ritmo nonostante qualche difetto, a mio parere perdonabile, legato ad un’eccessiva diluizione della trama, troppo allungata e troppo smarrita, forse, nelle spiegazioni accademiche degli avvenimenti. Evidentemente a Gallagher piace il meta-cinema, eppure riesce a costruire un personaggio che non potrà che ricordare, magari involontariamente, la figura travagliata della protagonista de “Il profumo della signora in nero“.