di Fabio TuttalaVita
Questo quotidiano è stato pensato per dare voce ad autori, studiosi e appassionati su argomenti riguardanti la storia e l'archeologia. Tuttavia, a volte ci si imbatte in argomentazioni estranee a questi argomenti ma con contenuti che invitano alla riflessione. Bene, proprio uno di questi scritti, ideato da un caro amico, mi ha colpito per la freschezza e la capacità di invitare a fermarci, tutti, un attimo per pensare dove va la nostra vita. Ve lo propongo nelle righe sotto.
Ieri notte, rientrando a casa prima di salir le scale mi son fermato "a guardare una stella…” avrebbe detto Dalla…no, prima di salir le scale mi son fermato a guardare le cassette della posta all’ingresso della palazzina dove abito. Semivuote, come sempre.
Ho cominciato persino a dubitare della loro utilità. Ormai servono a custodire corrispondenza inutile o sgradita. Posta pubblicitaria, bollette, santini elettorali, proposte di abbonamenti o prestiti vantaggiosi, raccomandate che – quando va bene – contengono comunicazioni dell’amministratore di condominio. E, sporadicamente, poco altro.
Non ricordo più quando ho ricevuto l’ultima lettera scritta a mano da una persona cara. Le cartoline arrivate nell’ultimo anno si contano sulle dita di una mano.
Non scriviamo quasi più. Al massimo digitiamo. Oggi ci sono gli sms, le e-mail, facebook e gli altri social forum, le web cam, le chat, i messenger, skype, gli mms, i blog, i forum. Tutto è veloce, multimediale, in tempo reale. Annulliamo le distanze fisiche, azzeriamo il tempo.
Il pericolo è che anche i pensieri, le idee, subiscano questa liofilizzazione, che il contenuto si appiattisca sull’arida contrazione del contenitore.
Non credo che corra questo rischio chi è abituato a far lavorare la testa e chi è comunque cresciuto usando carta e penna (e qualcuno anche calamaio).
Sono un po’ preoccupato, invece, per le ultime generazioni, quelle che non sono nate sotto un cavolo (o portate da una cicogna) ma allegate a una e-mail o notificate da una bustina nel display di un tablet. A loro manca un passaggio storico fondamentale, il gigantesco anello di congiunzione che c'è tra i segnali di fumo e “tvb cmq vfc”, tutto il lungo guado che ci ha fatto emozionare, gioire, disperare, trepidare su un foglio di carta, una busta (chiusa leccando i lembi) e un francobollo.
Auguro a queste generazioni di non perdere contatto con la lingua scitta, piena di sfumature che la sintassi della tecnologia impedisce di apprezzare, auguro di provare l'emozione (e la istruttiva difficoltà) della scrittura di un testo sganciata dall'assillo che arrivi in tempo reale. Perchè scrivere non è semplicemente ammassare vocali, consonanti, acronimi e sillabe in ordine sparso e impersonale.
Qualche volta va bene pure l'sms, ma non bisogna mai perdere la capacità di prendersi tutto il tempo che serve per dare ossigeno ai pensieri.
Per quanto mi riguarda, prima di trasformare la cassetta della posta in un portavasi mi piacerebbe riassaporare il piacere di trovarci dentro una lettera inattesa, scritta a penna, con cancellature, righe storte e firma autografa. Una specie di messaggio nella bottiglia, nel bel mezzo di un’epoca in cui dentro le bottiglie (di plastica) è più probabile trovarci una SIM card.
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