Lo scenario è costruito in modo da esaltare queste due caratteristiche: siamo in immensi treni (lo Snowpiercer nel primo episodio, il Wintercracker negli altri due) che viaggiano lungo un percorso chiuso attraverso un pianeta Terra la cui temperatura ambientale è crollata a 85 gradi sotto zero per una non precisata catastrofe. I convogli sono sigillati, ogni falla o apertura incontrollata provoca il congelamento istantaneo dei viaggiatori presenti nello scompartimento coinvolto.
Sappiamo (La morte bianca, pag. 17) trattarsi di treni sui quali, nell’imminenza della catastrofe, sono saliti, sulle vetture di coda, passeggeri imprevisti (detti “il terzo convoglio”, con palese richiamo al terzo stato della Francia pre-rivoluzionaria).
Sono macchine sostanzialmente autosufficienti, sia dal punto di vista strettamente energetico sia da quello alimentare e proprio qui s’innesta un element
Infatti, a dirigerla è la ristrettissima élite che bada al mantenimento dei sistemi vitali del convoglio e tiene sotto controllo il resto dei viaggiatori, per evitare disordini. Di fatto, il resto dei passeggeri/abitanti, non solo quindi il terzo convoglio, non ha ruolo produttivo: non abbiamo sfruttamento, ma semplice emarginazione dal potere. Tutti quelli individui (dell’ordine delle migliaia) vivono cioè in un limbo, considerati inutili dai cosiddetti vagoni di testa e, in forza di ciò, ritenuti sacrificabili, come messo in luce nel terzo episodio, La terra promessa.
Quindici anni separano la produzione del primo episodio, La morte bianca (1984), scritto da Jacques Lob, da quella dei successivi, Il geoesploratore (1999) e La terra promessa (2000), scritti da Benjamin Legrand, ma è il cambiamento dello stile di Jean-Marc Rochette, che ha disegnato tutti gli episodi, a evidenziare maggiormente la distanza temporale.
Mentre ne La morte bianca la caratterizzazione dei volti richiama la scuola argentina (forse è la presenza incombente del gelo mortale che insinua il collegamento al Francisco Solano Lopez de L’eternauta), nei due episodi successivi il tratto di Rochette è più sintetico.
Se, dal punto di vista tecnico, il passaggio dal bianco e nero de La morte Bianca al colore degli episodi successivi e la naturale evoluzione stilistica danno ampiamente conto della trasformazione, è importante notare che sul piano del racconto questa differenza si riflette nella trasposizione del tono dominante dal grottesco a uno decisamente più realistico, passaggio che asseconda il diverso approccio tra Lob e Legrand.
Infatti, ne La morte bianca seguiamo la risalita del protagonista Proloff, dal terzo convoglio alla locomotiva dello Snowpiercer, e scopriamo i vari ambienti del treno attraverso il suo sguardo pieno di stupore e perplessità. Più che il desiderio di riscatto, a muovere Proloff è la volontà di non tornare in coda, manifestazione di uno spirito di sopravvivenza individuale. La dimensione politico sociale è invece affidata alla figura della co-protagonista, Adeline Belleau, membro del Gruppo di Solidarietà al Terzo Convoglio, anche se le azioni di questo gruppo rimangono in sottofondo all’azione principale.
Nei capitoli scritti da Benjamin Legrand, invece, al centro del racconto abbiamo i meccanismi e le dinamiche del sistema di potere dell’élite del Wintercracker, basati sull’uso della violenza e l’esclusività dell’accesso ad alcuni segreti del treno.
Entrambi gli sceneggiatori sfruttano il sistema treno come scenario per le relazioni individuali e politiche e mantengono la dimensione tecnologica sullo sfondo: dalla natura delle locomotive alle fonti di energia che utilizzano i treni; dalla ragione che ha portato alla loro costruzione alla causa della glaciazione istantanea del pianeta (ne La terra promessa vediamo onde congelate presso la riva!).
Il parallelo con lo Universe di Robert Heinlein (in qualche modo citato tramite l’esistenza della setta dei Cosmoniani, che predicano il treno essere in realtà un’astronave) propone un’interessante differenza di orizzonte: nello scrittore statunitense la scoperta della vera natura del mondo apre gli orizzonti a nuove speranze e testimonia la grandezza delle capacità umane, esaltate dalla tecnologia.
Nella trilogia francese, la tecnologia consente solo una finzione di vita, di fatto senza scopo, senza obiettivi e destinata alla sconfitta. Mentre i viaggiatori del racconto di Heinlein scoprono di avere a disposizione l’universo, quelli di Legrand scoprono che non c’è nulla al di fuori delle loro paratie stagne.
Ma l’eventuale successo del film tratto da La morte bianca potrebbe cambiare queste considerazioni finali, nel caso, accennato da Jean-Marc Rochette nell’intervista in coda al volume, inducesse gli autori a riprendere la saga.
Abbiamo parlato di:
Snowpiercer – Transperceneige
Jacques Lob, Michel Legrand, Jean-Marc Rochette
Traduzione de I Cosmonauti
Editoriale Cosmo, febbraio 2014
256 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,90 €
ISBN: 977228124200440017
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