C’è da domandarsi alle volte il perchè il cinema statunitense, e non solo, debba produrre certi film destinati inevitabilmente a finire nel dimenticatoio, o, peggio, nella fogna cinematografica. Miley Cyrus (per quelli, come noi, a cui questo nome dice poco o nulla, è la star di “Hannah Montana“, non di certo un indizio indicativo di buona recitazione), sull’onda del successo, più per i guadagni stratosferici da far invidia ad attori ben più navigati e bravi, che per la bravura da attrice e la carriera da pop star, si cimenta in “So Undercover“, di Tom Vaughan (lo stesso di “Notte brava a Las Vegas“, altro esempio di fogna cinematografica), nei panni di un’investigatrice privata assunta dal FBI per andare sotto copertura in una confraternita di ragazze. Solo leggendo la trama qualche brivido di perplessità e orrore avrà percorso la schiena di chi legge, pensare alla visione quali sensazioni potrà scatenare questa pellicola statunitense. Sorge spontanea la prima delle tante domande: ma perchè mai l’FBI, l’agenzia di spionaggio più famosa al mondo al pari della CIA, dovrebbe assumere un’investigatrice privata, che tra l’altro non è nemmeno così fenomenale nel suo mestiere (la pellicola, in maniera davvero sagace, ovviamente si è ironici, ci mostra due situazioni con la giovane protagonista al lavoro prima di essere assunta e, per dirla tutta, in entrambi i casi viene scoperta e se la cava con una fuga, quindi non il massimo dell’indiscrezione che un investigatore richiederebbe)? E’ ben noto che il cinema da sempre tenti di mostrare il sogno americano in cui chiunque, persino un’investigatrice privata scontrosa, presuntuosa, egocentrica e davvero scarsa, possa essere assunta dalla polizia federale senza nemmeno presentare uno straccio di curriculum. Come per dire: “Non sei tu che scegli il lavoro, ma è il lavoro che sceglie te“, ossia una delle più grosse balle dei nostri tempi. Ma prescindendo dall’analisi storica dei giorni che viviamo, è quantomeno dubbia come situazione generale e può provocare un certo stordimento nel pubblico. Altra cosa che lascia francamente scettici è la confraternita di sole ragazze, che non ci fanno affatto una bella figura: Sono tutte super vanitose, le bionde sono belle ma stupide, le belle sono invidiose e acide, e le brutte sono le più interessanti pur essendo anch’esse acide. Insomma una serie di stereotipi da serie televisiva buttati lì e rinchiusi tra quattro mura. Se poi Miley Cyrus assomiglia ad una poltiglia melensa frutto di una fusione tra Hilary Duff e Lindsay Lohan (ed abbiamo detto tutto!), il gioco è fatto ed è pronto per esser sfornato uno dei prodotti più brutti degli ultimi anni. Se volessimo esser ancora più puntigliosi e precisi, potremmo aggiungere che non poteva mancare la storia d’amore adolescenziale e davvero ma davvero patetica, come anche un finale intuibile dopo appena 15 minuti di film. I personaggi, che sembrano usciti da “Gossip Girl” e “Mean Girls” (in entrambi i casi la donna ne esce particolarmente ridimensionata e viene descritta come un animale da shopping, gossip, vanità e invidia), di certo non sono frutto di un’attenta analisi sociale, ma nascono più che altro dall’improvvisazione di sceneggiatori evidentemente annoiati e decisamente pigri (per associazione di immagini viene da pensare alla scimmia nel cervello di Homer Simpson). Questo rosa onnipresente nella pellicola ad un certo punta fa male agli occhi, come il più grande degli stereotipi in questo festival dei cliché, e stanca davvero. Fortuna che le donne vere non sono così, perchè altrimenti il mondo rosa fatto di soli tacchi alti, pailettes, trucchi, e monosillabi, sarebbe alquanto deprimente, seppur caratteristico. Insomma, Miley Cyrus facci per favore: continua a guadagnare milioni su milioni pur non sapendo recitare, e continua a prendere in giro il mondo femminile, di cui fai parte, perchè a quanto pare l’universo intero ha bisogno di pellicole vergognose, e perchè per noi è davvero tanto divertente commentarle.
Voto 1/10