Sobre Hugo Chávez…

Creato il 12 marzo 2013 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

¡Yo estaré con ustedes, siempre! ¡Pase lo que pase, cueste lo que cueste! Y les prometo que viviré con ustedes, que lucharé con ustedes y que venceré con ustedes, para seguir haciendo realidad el sueño del socialismo, de la Revolución Bolivariana [Io resterò con voi, sempre! Succeda quel che succeda, costi quel che costi! E vi prometto che vivrò con voi, che lotterò insieme a voi, per realizzare il sogno del socialismo, della Rivoluzione Bolivariana.], tuonava Hugo Chávez nei primi giorni di quella che sarebbe stata la sua vittoriosa, ma ultima campagna elettorale.

Era il 1999 quando Chávez vinse le sue prime elezioni presidenziali; Gabriel Garcìa Márquez lo intervistò in un viaggio da L’Avana a Caracas: “Mentre s’allontanava accompagnato dalla sua scorta di militari carichi di medaglie ed amici della prima ora, mi colpì l’impressione d’aver viaggiato ed intrattenuto una piacevole conversazione con due uomini contrapposti. Uno al quale un ineluttabile destino offriva l’opportunità di salvare il suo Paese. E, l’altro, un illusionista che poteva passare alla storia come un despota tra tanti”, concluse.

Dati alla mano, nel Venezuela “saudita”, il Paese considerato un modello di democrazia dalla Comunità Internazionale e dal FMI, la percentuale di poveri ed indigenti si attestava, rispettivamente, al 49 e al 21%, mentre oggi, dopo 14 anni di chavismo, siamo al 27 e 7%.  A ciò si affianca un 2300% d’aumento degli investimenti in ricerca e la creazione di un sistema sanitario pubblico ex novo che, con l’ausilio dei 20 mila medici cubani inviatigli negli anni da Fidel Castro, dimezzò la mortalità infantile, garantendo inoltre istruzione e case popolari. Dall’altro lato però, pur restando massiccia, la produzione petrolifera è fortemente calata negli anni per via degli scarsi investimenti in giacimenti; le nazionalizzazioni e le espropriazioni coatte hanno messo in fuga gli investimenti esteri e l’industria manifatturiera ha perso quasi completamente le sue quote di mercato a vantaggio di un aumento vertiginoso delle importazioni finanziate proprio dall’alto prezzo del greggio. Ancor più significative le statistiche circa la criminalità: dai seimila omicidi su tutto il territorio nazionale del 1999, siamo giunti ai quasi ventimila del gennaio 2012, come riferisce l’associazione Venezuela Violence Monitor, segnalando che nella sola Caracas si registrano tra i 30 e i 50 omicidi ogni week-end, con punte anche di 100-120. Numerosi anche i sequestri-lampo a scopo estorsivo, 1150 nel solo 2011, a differenza dei 41 del 1998. Emblematica a questo proposito la questione sul piano della repressione e delle indagini, con percentuali di impunità che si attestano intorno al 90%. Il tutto ad offuscare quasi completamente quanto di buono possa fare qualsiasi presidente. A ciò si aggiungono la questione della libertà di espressione che non sembra essere stata garantita in occasione della chiusura di RCTV (la più nota TV anti-chavista, sebbene voci di corridoio riducano la questione ad un mancato pagamento delle tasse per il rinnovo della concessione), le pressioni sul sistema giudiziario e l’introduzione del cambio controllato che ha incentivato negli anni l’esplosione del mercato nero, nonché le accuse di arricchimento indebito rivolte alla boliburguesia.

Le reazioni internazionali invece hanno testimoniato la sua attitudine all’integrazione regionale, invisa a chi, come Obama, ha parlato di “nuovo capitolo di storia” quando ancora non si erano celebrati i funerali, passando agli omologhi latinoamericani Raul Castro, Dilma Rousseff, Evo Morales, Cristina Fernandez, Josè Mujica, Ollanta Humala e Rafael Correa che, partecipando alle esequie, hanno impresso nella storia un toccante scatto tutti uniti intorno al feretro, in una sorta di buon auspicio per la futura costituzione della Patria Grande di ispirazione bolivariana. Alle loro voci si sono unite anche quelle di Ban Ki-moon, Vladimir Putin, Dmitri Medvedev, Mahmoud Ahmadinejad e Bashar al Assad, nonché il comunicato in cui le FARC definiscono la sua morte come una notizia funesta. Proprio queste ultime amicizie delineano i connotati di El Loco, come lo chiamavano i suoi detrattori: prima l’Asse del Male, ovvero le alleanze con Iran, Iraq, Cina, Russia e Libia, poi il Triangolo Resistente con Fidel Castro ed Evo Morales e la nascita dell’ALBA e infine la vicinanza alle FARC e ad intellettuali quali Noam Chomsky e Oliver Stone. Proprio il rapporto con Castro caratterizza la sua storia politica. Senza i 96 mila barili di petrolio al giorno in cambio di 20mila medici la rivoluzione castrista difficilmente avrebbe potuto continuare a resistere all’embargo statunitense dopo la caduta dell’URSS. Il Lìder Màximo infatti aveva già nel 1994 accolto con tutti gli onori quell’Hugo Chávez, appena amnistiato per un golpe fallito due anni prima; Fidel ha infatti parlato della morte di un figlio politico e Cuba ha dichiarato tre giorni di lutto nazionale.

Sarebbe però un errore leggere il cordoglio dei colleghi latinoamericani come espressione di un buon governo regionale perché Chávez, dotando di braccia, gambe e fondi le idee castriste, ha realmente avviato la svolta a sinistra dell’intero sub-continente, affossando per esempio a Mar de Plata nel 2005 il progetto-ALCA e costringendo George W. Bush a constatare quanto soli fossero gli Stati Uniti e la Colombia nel “giardino di casa”. Ha conosciuto anche sconfitte lungo il suo percorso politico quando nel 2007 il popolo boccia il referendum per la “via cubana”, negandogli la possibilità di essere riconfermato a vita. Il resto è storia recente. “Non voglio morire, per favore non fatemi morire”. José Ornella, Capo della Guardia Presidenziale, riferisce che siano state queste le ultime parole di Chávez, morto alle 16,25 ora locale del 5 marzo.

Proprio Ornella sembrava essere l’alternativa a quello che lo stesso Chávez aveva investito quale suo successore, “para donde va, el autobusero Nicolás”, parlando del vicepresidente Maduro, reggente fino alla data delle elezioni, che secondo l’articolo 233 della Costituzione dovranno essere indette entro 30 giorni e che sono state fissate per il 14 aprile prossimo. Mentre il primo riscuoteva successo tra i ricchi allevati all’ombra del chavismo, il secondo, ex Ministro degli Esteri, ma carente di capacità di leadership, assicurano i sondaggisti indipendenti si attesterebbe intorno al 60% dei consensi, non essendo mai stato così popolare il chavismo, sull’ala del lascito del suo capostipite. Castrista della prima ora, ha sempre gestito in prima persona il business dell’energia, ma non si è mai occupato del petrolio, questione monopolizzata dallo stesso Chávez.

Il potere da ereditare è immenso. Infatti, se per un verso gli USA si augurano l’apertura di un nuovo capitolo, al contempo appaiono preoccupati dal fatto che il nuovo regime possa essere “più stupido e più autoritario”, e lanciano nuovamente la candidatura di Henrique Capriles Radonski, che alle ultime elezioni aveva largamente convogliato i consensi degli anti-chavisti. Se ci chiedessero: “Oggi il Venezuela è chavista?”, potremmo rispondere: “Poco più della metà dei venezuelani è chavista, poco meno della metà è anti-chavista”.

Hugo Chávez, el libertador. L’ALBA, l’UNASUR, la CELAC, l’adesione al Mercosur in una chiara riproposizione del sogno bolivariano di Patria Grande ne dimostrano la forte connotazione regionalista, magari a discapito della sicurezza interna, grande piaga della sua gestione. Il Gran Gasdotto del Sud che avrebbe collegato il Venezuela all’Argentina, l’introduzione del sucre e il sogno di un esercito congiunto e di un unico blocco presso la Comunità Internazionale lo avvicinano, almeno in teoria, ai miti latinoamericani Bolívar, Che Guevara ed Evita Perón.

Hugo Chávez, il “Generale nel suo labirinto” di marqueziana memoria. La recrudescenza del tumore avrebbe dovuto convincerlo a fare un passo indietro, a lottare da semplice cittadino, a sostenere il delfino Maduro, per non mettere in pericolo la legittimazione di quest’ultimo presso il popolo e più in generale l’intero processo bolivariano, a non lasciare il suo popolo in questo stato di “sede vacante”. Ha voluto condurre quest’ultima battaglia, forse sapendo che mai avrebbe potuto vincerla nuovamente e costringendo di fatto chiunque gli succederà a confrontarsi col suo mito, il Presidente quattro volte eletto, in grado di sopravvivere ad un golpe e che solo il cancro ha sconfitto.

¿Quieres saber quién era Hugo Chávez? Mira quiénes lo lloran y quiénes festejan… [Vuoi sapere chi era Hugo Chavez? Guarda quelli che lo piangono e quelli che se ne rallegrano…] (Fidel Castro).


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