Vive di ottima salute il rock n’ roll ribelle e oltraggioso dei Social Distortion, uno dei gruppi più lucidamente antisociali del rock americano. Nati nel 1979 nei sobborghi di Los Angeles i Social Distortion divennero uno degli act più fracassoni ed infamanti della scena punk di Orange County alleandosi ai Germs, ai Black Flag, ai Dickies, ai Circle Jerks in quello che fu l’hardcore californiano di fine anni settanta. Il loro debutto discografico risale al 1983 (prima c’erano stati un po’ di singoli e qualche apparizione in compilation) con Mommy’s Lille Monster e tutto faceva sperava ad un riottoso futuro se non che il leader, cantante e chitarrista Mike Ness si imbucò in un tunnel di droga pesante che lo costrinse prima a sciogliere il gruppo e poi ad infilarsi in una faticosa riabilitazione dall’eroina. Coronata da un ritorno in scena nel 1988 con Prison Bound, secondo album dei S.D e primo approccio verso quelle roots che nell’omonimo album seguente porterà il gruppo a farsi carico di una originale versione di Ring Of Fire di Johnny Cash.
Gradualmente i Social Distortion si spostano dall’hardcore ad un punk venato di country, di blues e di rockabilly, tanto è che Mike Ness qualche tempo dopo darà alle stampe uno splendido lavoro solista Cheating At Solitaire con una monumentale versione di Don’t Think Twice di Dylan.
I Social Distortion si creano un sound teso, nervoso, rocknrollistico, una sorta di urbani Jason and The Scorchers con massicce infiltrazioni di Stones prima maniera, confermata dalle riprese di Backstreet Girl e Under My Thumb.
Dal 1990 a oggi saranno quattro gli album pubblicati dai S.D, alcuni con titoli, White Light, White Heat, White Trash e Sex, Love and Rock n’Roll, che non fanno mistero della loro vocazione alla trasgressione. Ma oltre a ciò e questa è la novità, nelle liriche di Mike Ness spunterà una adesione verso banditi, sbandati e gente tagliata fuori dal sogno americano con riferimenti espliciti verso il gangsterismo rurale della grande depressione e lo scenario proletario della southern California.
Una dimostrazione di questo approccio arriva da Hard Times and Nursery Rhymes dove Ness si libera del ribellismo solo estetico per approdare ad un duro punk-a-billy dalle sfumature sociali dove le chitarre veementi e urlate (Ness e Jonny Wickershaw) ed una sezione ritmica killer (il basso di Brent Harding e la batteria di David Hidalgo Jr.) servono come viatico per un rock n’roll vivo, barricadiero e senza compromessi.
Introdotto da uno strumentale (Road Zombie) in chiave tarantiniana e garage, Hard Times and Nursery Rhymes brucia energia ed elettricità come una Harley a pieno regime, è potente, viscerale, diretto, insolente come una canzone degli Stones, arrabbiato come un folk di protesta, disperato come un country di Hank Williams, veloce come un cow-punk degli Scorchers.
Dal repertorio di Hank Williams viene estratta Alone and Forsaken ed è l’unica cover del disco perché il resto è tutta farina del sacco di Ness, dal turbinio di gangsters di Machine Gun Blues ai ricordi sui bei tempi andati di Still Alive, dai miraggi del deserto di Bakersfield ai sogni di biker di Far Side Of Nowhere fino al gospel all’anfetamina di Can’t Take It With You.
Sullo sfondo della loro maledetta southern California (California hustel and flow) i Social Distortion suonano come dei Clash del nuovo millennio, sono sporchi, selvaggi, pericolosi e tatuati di blues, assolutamente necessari.
MAURO ZAMBELLINI GENNAIO 2011 Hard Times and Nursery Rhymes" /> Hard Times and Nursery Rhymes" title="Social Distortion > Hard Times and Nursery Rhymes" />