Proverò a tracciare una breve scheda riportando le informazioni essenziali per far capire di che cosa si tratta e come può essere interessante ed in quali ambiti.
Che cosa è la Social media content curation
La Social media content curation è una modalità di aggregazione e promozione dei contenuti diversa da quelle che siamo abituati a utilizzare. I canali ormai consolidati con cui un utente cerca contenuti di suo interesse sono:
Motori di ricerca: l’utente effettua la ricerca utilizzando delle parole chiave, singole o in combinazione di frasi. Google suggerisce le parole chiave sulla base della digitazione in tempo reale, spesso distogliendo o fuorviando le intenzioni iniziale, in ogni caso creando un intervento molto invasivo e spesso ideologico.
Portali e blog: la seconda fase di una ricerca tramite keywords spesso consiste nell’utilizzo di fonti trovate nella prima grezza smazzata che consistono di portali tematici e blog specializzati, piuttosto che directory e piattaforme di consigli e suggerimenti, se non addirittura forum e piattaforme di aggregazione per categorie e tag.
Aggregatori: una terza categorie che, a volte equivale ad una terza fase del nostro data mining, sono le piattaforme di aggregazione che hanno nella catalogazione per etichette e categorie la loro potenza di suggerimento e suddividono il materiale postato da altri utenti secondo dei criteri preconfezionati.
Social media: l’utilizzo delle piattaforme social mediatiche come modalità di ricerca delle informazioni sono usate da molti utenti con una forbice vasta che va dall’utente poco esperto a quello estremamente raffinato e creativo.
Il primo si fa guidare dalla propria cerchia di contatti spesso ponendo domande nel proprio profilo o provocando delle interazioni che possono portare a suggeriementi e risoluzioni.
I secondi si fanno guidare dalla serendipity che è una tecnica molto sofisticata che sostanzialemente attinge alla mole fintamente casuale del lifestream e da cui pesca in modo anch’esso non casuale risposte e suggestioni.
Con questa brevissima analisi è evidente che la ricerca di contenuti nel web è un’operazione che per obiettivi importanti risulta essere complessa e onerosa.
La facile fruibilità e la gratuità di quello che si trova in rete oggi non è più compensato dalla fase di approvvigionamento che è diventato un vero e proprio lavoro e quindi un costo.
Si sono tentate molte strade per automatizzare l’approvvigionamento dei dati dal web ma i risultati sono legati alla complessità della rete e alla mancanza di una standardizzazione nella descrizione dei dati essenziali dei documenti, almeno sino a che non diventerà maturo ed economicamente sostenibile il web semantico.
Adottare il web semantico significa ridefinire tutto lo sterminato pregresso contenutistico prodotto fino ad oggi.
Praticamente ricatalogare tutto lo scibile umano.
In attesa di eventi al di là da venire si pone sempre più spesso il problema di come trovare velocemente contenuti che non facciano poi perdere tempo una volta acquisiti. Infatti la ricerca attuale non crea quasi mai una precisa corrispondenza tra quello che si vorrebbe trovare e quello che si trova, creando spesso frustrazione e ansia nell’utente che non ha delle basi tecniche e conoscenze delle tecniche di ricerca e della mappe delle risorse in rete.
La content curation web è una delle soluzioni a questo stato dell’arte. In qualche modo è un ritorno ad un recente passato preistorico quando non c’erano motori di ricerca di massa come l’attuale Google ma liste catalogate di URL e directory compilate manualmente da esseri umani.
Quell’antica ontologia non descriveva il Mondo, che è l’esigenza attuale, ma descriveva Internet e i suoi comparti determinati da protocolli di comunicazione semplificati da mailing list, pagine e siti web, newsgroup e forum.
Quegli omini amanuensi erano spesso gli stessi che scrivevano codice e alimentavano flussi, contenutit e idee; molti provenivano dagli ambienti universitari e in qualche modo avevano nell’entusiasmo pioneristico e nella collocazione di ricercatori una ragion d’essere della loro azione no profit.
Oggi l’esigenza è di nuovo quella di avere degli amanuensi che al posto di un algoritmo freddo faccia una pesca miracolosa nell’oceano dei dati e porti sulla tavola di consumatori sempre più esigenti il prodotto che desiderano senza scarti e sfridi.
La nuova esisgenza è la qualità a basso costo e in tempi rapidissimi. Il Social media content curator è il demiurgo-tramite-precettore.
Nel ‘manifesto’ del fondatore di Ogilvy, Rohit Barghava, in uno dei suoi passaggi afferma:
Il futuro del web sociale sarà guidato da questi curatori di contenuti, che si incaricano di raccogliere e condividere on line i migliori contenuti per il loro consumatore e ad assumere il ruolo di citizen editor , pubblicando raccolte di contenuti di qualità creati da altri.
Le aziende cominceranno a breve a creare contenuti originali e saranno sempre più simili a documenti di qualità invece che alle vecchie promozioni dentro a dei redazionali, saranno storie con una propria identità e robustezza e veicoleranno non propaganda ma brand awareness, potranno confrontarsi con l’oggettività e sempre meno con la pubblicità.
E’ l’invertising, non solo del flusso consumatore-produttore ma anche dell’informazione-promozione. La pubblicità si trasformerà in lobbyng ed i consumatori saranno i destinatari del flusso senza passare attraverso i filtri dei giornalisti media e dei mediatori di linguaggi.
Questo ruolo potrebbe essere preso proprio dal social media content curator.
Le caratteristiche basilari della content curation sono a mio parere:
- Pertinenza dei contenuti all’argomento: le licenze poetiche non sono ammissibili.
- circoscrivibilità dell’argomento: inutile curare i grandi perchè dell’esistenza
- continuità: l’urgenza è quasi pari alla scansione del motore di ricerca
- citazione delle fonti: chi produce i contenuti deve essere riconosciuto dall’utente, nel bene e nel male
- riconducibilità e riconoscibilità del curatore: l’utente ha una relazione sociale con proprio curatore e deve poterlo seguire come un ombra dove si sosta e dove sosta.
Quali sono gli strumenti della Social media content curation
Distinguo due tipologie di piattaforme, quelle che permettono un’editing ottimizzato per la fruizione su supporti di facile lettura, come tablet e Ipad e quelli che si concentrano invece sulle utilities per il data mining. Le piattaforme che possono essere utilizzate dal social content curator sono ormai molte, le più utilizzate e meglio costruite sono:
Scoop.it
Si tratta della piattaforma che sto usando in modo continuativo.
Avendo la necessità di curare una serie di argomenti per il progetto La scimmia nuda e Internet vi ho aperto un topic di cyberantropologia che ha arricchito il gruppo in Facebook di post e sta disseminando Twitter dei suoi link.
Scoop.it ha la caratteristica per nulla disdicevole di supportare il curatore non soltanto di un canvas di pubblicazione formattato e abbastanza efficiente, ma di dotare il lavoro di un sistema di scansione dei contenuti repertati in rete attraverso un duplice sistema; impostato sulle parole chiave e sui feed rss delle fonti.
Nel backoffice di Scoop.it si possono definire parole chiave base e le loro combinazioni.
La piattaforma propone le principali fonti dalla suite di Google a Digg per interrogarli con query appropriate e proporre al curatore i risultati in forma di link.
Inoltre è possibile inserire fonti customizzate di vario tipo, comprese le pagine fan in Facebook e le query o utenti in Twitter.
Ma quello che più è potento in Scoop.it è la sua serie di funzionalità social.
Utilizzandolo si entra nel circuito dei curatori di altri topic con i quali si può interagire si da subiro diventando loro follower e proponendosi come fornitori di citazioni per i loro canali.
Si possono utilizzare le applicazioni integrate con LinkedIN, Facebook, Twitter, Tumblr di cuisi ha un account per pubblicarvi in modo diretto.
Si può utilizzare anche un url che riporta l’utente su scoop, generando in questo modo traffico dentro il canale e offrendo al potenziale visitatore la visione del nostro lavoro di content curator.
CI sono in scoop.it due caratteristiche, a mio modo di vedere, discutibili. Non è possibile, al momento, adottare template per una grafica alternatica a quella standard e non sono previste collaborazione a livello di team.
Storify
Storify permette di incorporare tweets rilevanti per un argomento in un post, conservando tutti i link preservando così le fonti originali in modo da attribuire una corretta attribuzione a garanzia dell’autore e di chi legge. Inoltre, una opzione pingback invierà una risposta a qualsiasi fonte che viene citata e che che aiuterà la storia a diventare più virale e interattiva.
Con la stessa logica di condivisione e citazione agisce con altri social media come Facebook, Flickr e YouTube.
L’utente diventa un follower di una storia e più la storia è circoscritta e più diventa affascinante perchè la crossmedialità e i punti di vista diversi la possono arricchire ed epicizzarla.
Lo stesso curatore assume i panni del cantastorie che raccoglie nello spazio/tempo pezzi di narrazione e li presenta al suo pubblico.
Un pubblico che è destinato a conoscere sempre meglio perchè raccoglie da lui stesso i feedback e a estenderlo fino ai confini dei media tradizionali che possono utilizzare il materiale montato per proporre un taglio storytelling. I media sono sempre più interessati a offrire ai loro lettori contenuti correlati per dare una visione più ampia, più democratica e più in liena con l’infotainement.
Tumblr
Tutti lo conoscono come una piattaforma di microblogging i cui autori rimbalzano suggestioni ed emozioni che raccolgono nella loro navigazione.
Una sorta di twitter senza limitazioni tecniche.
Personalmente lo uso essenzialmente in questo senso ma la sua esperienza mi ha fatto comnprendere le potenzialità del lavoro di content curation impostabile con questa applicazione. Il concetto di continuità della content curation è perfettamente declinato perchè la sua facilità d’uso ne fa uno strumento poco invasivo e immediato.
Convozine
Questa è una piattaforma di social magazine management graficamente molto elegante.
Può essere utilizzata per le sue caratteristiche peculiari come servizio dedicato alla social curation.
Sono possibili, con delle impostazioni di autorizzazioni tipo wordpress, organizzare un lavoro di collaborative team per ampliare il social graph sui contenuti.
Nella colonna di destra è presente un lifestream che mette in risalto la suan impostazione social e convoglia l’interattività verso gli altri utenti della piattaforma. La community, peraltro, sembra essere abbastanza attiva specialmente nel mondo anglosassone, come ovvio.
Convozine è la piattaforma che sto utilizzando per il mio progetto dedicato allo Slow web.
Paper.li
Si tratta di una piattaforma per la creazione di social magazine abbastanza popolare ma con dei grossi difetti dati dalla impossibilità di controllo da parte del curatore sull’impaginazione e la scelta e filtro ulteriore dei contenuti,
Infatti i contenuti sono puibblicati in modo automatico attraverso una griglia di parole chiave definibili e che vanno a pescare link tra i tweet.
L’impaginazione è automatica e quindi non permette di definire alcuna rilevanza o accostamento spaziale e questo mi sembra particolarmente negativo.
Erly
Introduce il concetto di experience graph con cui è un team di persone contigue che creano una collezione di contenuti e la cura contenstaule diventa collettiva, our mantenendo una comunione di intenti e visione d’insieme, aspetti fondamentali per una cura di contenuti a valore aggiunto.
Erly è basato sulle collezioni, aree in cui i curatori citano contenuti di formati diversi, foto, video, testi, tutti pertinenti alla tematica base.
Rilevo la curiosità per la quale Storify, Scoop.it e paper.li sono progetti nati in Francia.
A chi si rivolge la Social media content curation
La content curation nel web ha la sua collocazione naturale nel contesto della creazione di repertori documentali e nell’ambito della gestione di rassegne stampa.
La caratteristica del web di utilizzare formati multimediali e ipertestuali la pone però in quel crinale tra informazione, marketing, entertainement e quindi potenzialmente un gestore di meltin’pop mediatico e linguistico estremamente coinvolgente.
Come abbiamo visto presentando alcune delle piattaforme attive, la stessa forma che assume la pubblicazione finale del lavoro di social content curation può essere espressa come storytelling (Storify), aggregazione (Scoop.it), magazine (Convozine) o lifestream (Erly) e la scelta dipenderà anche dal contesto a cui ci si vuole rivolgere.
Catalogherei il target della social content curation in queste categorie:
Istruzione, Editoria e industria dell’informazione
il pubblico è quello che cerca da un lato informazioni puntuali ma soprattutto suggestioni e tendenze.
In questo ambito la cura dei contenuti può fare emergere lo stato dell’arte e lo ‘spirito del tempo’.
Brand
Il corporate aziendale necessità di creare e poi gestire la propria reputazione online, creare il sistema di valori attraverso il quale marchio e azienda si pone nel contesto della produzione e del mercato.
Curare quindi contenuti che riconducano le parole chiave dell’azienda, il territorio, le partecipazioni a campagne sociali, l’approfondimento delle referenze ayttrverso clienti, fornitori e partner, senza trascurare tutte le persone che creano e fanno crescere l’impresa.
Ognuno di questi temi sono un stream di contenuti che un brand può sponsorizzare.
Infotainement
Il confine tra intrattenimento e informazione è sempre meno netto e sempre più difficoltoso è per l’utente di questo mood trovare quello che cerca con il taglio che preferisce.
Il curatore in questo ambito può offrire quella visione illuminante che si allinea con i desideri del pubblico che a sua volta lo guida e gli permette di affinare la curation. Un miglior esempio di perfetto social media content curation non potrebbe esserci.
Segnalo infine questo articolo di Benedetto Vacca sulla relazione importante tra content curation e SEO, nel quale si osserva come il rendimento di contenuti di qualità godranno del sempre maggior beneficio dalla rilevanza di parole chiave nei social media e nei grafi che si creano.