Facebook, twitter, gli altri social media, statistiche, visite dirette e referral sono la croce e delizia della mia attività di social media manager (nel mondo della green economy). Tra i vari indici che monitoro quotidianamente ci sono le statistiche dei siti, in particolar modo attraverso google analytics. Nel mare magnum dei dati, della voce “social” del sistema di monitoraggio di google, due sono i dati che si possono studiare. Da un lato cosa fa chi arriva dai social. Qui i dati solitamente mi confortano con frequenze di rimbalzo più basse, numero di pagine visitate e tempo di percorrenza sul sito più alti della media. Ciò che spesso non riesco a interpretare sono gli ingressi. Spesso troppo bassi. Di SEO ne so poco e quindi riporto qui alcune informazioni, più come un messaggio in una bottiglia virtuale (lungi da me il voler sporcare i mari, con l’ennesimo relitto di vetro), sarei ben felice se qualcuno – attraverso i commenti, link ed email – volesse aggiungere, rettificare o integrare. Ciò che dalla mia esperienza ho potuto notare è che, a mio parere, non tutti gli ingressi dai social vengono tracciati. Perché alcuni lo siano ed altri no, per me è un mistero. Ho cercato informazioni on line certa di trovare “enciclopedie intere” e invece rintracciare conferme o smentite non è stato sempllice. Ringrazio quanti abbiano inserito il pezzo del loro puzzle in rete. Le fonti ufficiali ti dicono come usare i dati che ricevi, ma non ti dicono nulla sulla totale tracciabilità dei referral dei social network. Spulciando i vari dati di analytics ho supposto che forse alcune visite si perdessero sotto la voce del traffico diretto (o none !?). Secondo la definizione di google si ha una visita diretta se “il visitatore ha digitato l’URL del tuo sito o ha utilizzato un segnalibro”. Ci aggiungo già le visite di chi clicca ad es. su un pdf o su un link passato via skype. Tignosa, ho continuato la ricerca. Ho preso gli analytics di alcuni siti a cui ho accesso e nella sezione del traffico diretto, sotto la dimensione secondaria ho selezionato “pagina di destinazione” … sorpresa! C’era davvero di tutto (non solo il link alla pagina principale!), un po’ troppo per pensare che non so quante persone si siano segnati nel bookmark tutto quel numero di pagine interne, con quel numero di visite per giunta. A guardarli bene, anzi, quegli url spesso li ho usati nelle campagne di comunicazione sui social. Ho fatto poi la verifica contraria. Sono andata a controllare dei contenuti che so di aver lanciato solo sui social (ok, qualcuno potrebbe aver passato il link a qualcun altro via skype, ma quanti??) e il parallelismo con i grafici di Facebook c’è (sale uno, sale anche l’altro). Verrebbe da supporre che non si registrino tutti gli ingressi da Facebook (e similare da altri social) tra i referral (anzi nella sezione “social”) di google analytics. Cercando su google ho trovato un articolo che però mi ha aiutato a fare chiarezza. Un bel post sul sito Analytics Training porta proprio una ricostruzione simile a quella che stavo facendo io (beh spiegata sicuramente meglio). In breve (vi rinvio all’articolo per saperne di più) l’autore, Filippo Trocca, riporta che per un suo post il numero dei visitatori nuovi che sarebbero entrati per link diretto esattamente al suo testo erano un po’ troppi. Facendo delle prove le conclusioni sono state che:
ogni qual volta si apre un link in una nuova finestra o in una nuova pagina del browser, si perderebbe il riferimento al sito di partenza e quindi verrebbe tracciato come visita diretta (eh, voi pensavate che la vostra campagna di branding fosse talmente potente da far sì che tutti si ricordino con esattezza il vostro link!). Quindi visto che come impostazione di default quando si clicca di solito su un link in un social si finisce in una nuova finestra, quel “click” non verrebbe tracciato come fonte del social.
Ma non è finita qui! Guardando Facebook e Twitter le stringhe oramai iniziano con https.
Su una guida edita sul sito dell’università di Milano si legge:
Le visite tramite un link, posto in un qualsiasi altro sito nella rete, vengono dette visite con referrer (o referral) e mostrate nell’omonimo report. Il referrer è un campo del protocollo HTTP che permette di conoscere l’indirizzo della pagina precedentemente visitata e sulla quale c’era l’URL che si sta visitando.
Sempre rimarcando la mia ignoranza in ambito web ho pensato: che la “S” faccia la differenza (infondo l’https nasce come protocollo che garantisce trasferimenti riservati dei dati web)? Su forum dedicati a google analytics si riporta per l’appunto che
tutti gli accessi da siti HTTPS sono conteggiati come diretti. Per questioni di sicurezza il referrer non viene passato.
Il protocollo https darebbe problemi anche nei dati provenienti dal principale motore di ricerca. Ovvero molte ricerche effettutate con https finirebbero sotto “not provided“.
Sherlock Holmes, ritratto da Sidney Paget (1904).
Cercando conferme per i social con il mio inglese maccaronico (con tutti i limiti del caso delle mie traduzioni) se non ho capito male, è proprio così (vd qui e qui). Altri problemi li darebbero con alcuni short url (ma non con tinyurl, lo dico per esperienza) dei social e le app (quelle di facebook e twitter ovviamente incluse).
Non ci sarebbero problemi di tracciabilità per adwords, ma neanche per facebook adv.
Ok, la domanda che si pone a questo punto è: come riescono a “salvarsi” alcune visite? Facendo l’elenco delle esclusioni pare quasi un miracolo che alcune registrazioni ci siano!
Ho tralasciato poi tutto quello che non ho capito (multicanale, snippet???), chiedo venia ma per me è (per ora) arabo. Non essendo addetta ai lavori chiedo scusa ove la mia ricostruzione sia più simile al lavoro dell’ispettore Gadget invece di Sherlock Holmes!