Capita di non essere perfettamente consonanti alla propria socialità. Si esce, si incontrano persone potenzialmente simpatiche, eppure non si riesce a contribuire alla creazione di un clima positivo. Succede più spesso di quanto noi riusciamo a controllare, e la sensazione successiva è di frustrazione o di delusione o persino di malessere.
Non c'è da dubitare che la responsabilità possa essere equiripartita. Purtuttavia, noi possiamo prenderci solo la nostra fetta e mangiarla come la torta della suocera riuscita male. Buon viso, ma gusto tremendo...
La socialità viene conseguentemente intaccata? Non è sempre così. Siccome questa sindrome del "fuori posto" capita a tutti in qualche misura, l'indulgenza si propaga facilmente e una seconda occasione viene data a se stessi come a tutti gli altri... Ci sono anche quelli che non perdonano e marchiano a fuoco il ricordo dell'individuo scomodamente molesto. Pessima scelta. Quanti marchi possiamo dare senza essere a nostra volta marchiati?
L'unica parte della vita che sfugge a questo approccio è la politica. Oggi si dice tutto e il contrario di tutto in una limitatissima frazione di tempo. In questo modo, il ricordo di quello detto a proposito delle persone e dei loro comportamenti, viene annacquato e fluisce via senza lasciare il minimo segno. Così l'effetto sociale di un volume di parole che ha il triste approccio dello Tsunami, è del tutto annullato... Ma resta il grave vuoto spinto di ideali, in una sterile polemica di slogan che non portano nessun beneficio a nessuno... E le ricadute sociali sono un triste monologo senza comunicazione reale, dove la società viene battuta da una sequenza inutile di toni che non producono pensiero... Alla faccia dell'uomo animale sociale e della sua socialità...