Sofia Coppola: The Bling Ring
Creato il 16 settembre 2013 da I Cineuforici
@ICineuforici
The Bling Ring
(Usa 2013, 95 min., col., drammatico, commedia)
Fa
più scalpore Emma Watson che si accarezza il labbro con la lingua in maniera
provocante o il fatto che questo film sia stato sfornato da Sofia Coppola? La
risposta esatta è la prima…
Marc
(Israel Broussard) e un gruppo di ragazzine (fra cui Katie Chang, Emma Watson,
Claire Julien) decidono per spasso, per noia e per vantarsi, di derubare le
case dei mondani di Hollywood e fare la bella vita. Ben presto le loro
avventure non andranno per il verso giusto.
Sofia
Coppola tenta di trovare ispirazione in eventi realmente accaduti, ma la sua
pellicola The Bling Ring ha il
medesimo impatto di una goccia di pioggia nel Pacifico, proprio vicino alle
vicende della narrazione, ossia nullo. Il suo ultimo lavoro è, insomma,
sterile. Oltre alla recitazione pessima degli attori in ballo (la migliore è
Kristen Dunst che appare mezzo secondo, a dir tanto), la storia è un fatto di
cronaca che, al cinema, avrebbe la pretesa (o meno, sinceramente non è chiaro)
di essere una critica alla società contemporanea dedita alla superficialità,
all’apparenza, alla non-comunicazione dei social network e tutte le fesserie
che vengono blaterate da qualche anno a questa parte. Si spera che la Coppola
non avesse intenzione di trasmettere un messaggio del genere, ma che sia apparso,
così per caso e fra le linee, solo dopo la post-produzione.
Forse
sarò influenzato dalla recente visione di Spring Breakers, ma il confronto non può essere evitato. L’unica cosa che hanno in
comune i due lavori è l’universo in cui sono inseriti, un’America superficiale
e con lo sguardo su Facebook, per il resto The
Bling Ring è qualche spanna inferiore. Se la pellicola di Korine utilizza
questo lato della decadenza contemporanea per lanciare un messaggio estetico,
frivolo e, in alcuni momenti, parodistico, quella della Coppola tenta di
coprire con il velo di Maya, più che consumato, dell’apparenza e del pop, la
stessa difficoltà sociale e lasciando trasparire, fra le linee, una condanna
sociologica e quasi morale. Si è consapevoli che il suo intento non è quello,
ma l’impressione che suscita è proprio questa. Per farla breve, Korine direbbe:
“Ok, il mondo è così… cosa possiamo fare con ciò che abbiamo? Spring Breakers”. La Coppola, invece,
sembra dirci “Copriamo di apparenze la società in modo da osservarla meglio.
Insomma, poniamo attenzione su di essa facendo rumore attraverso un’estetica
pop”. È chiaro allora, dove sta tutta la differenza. Non nell’idea di mondo
che, per carità, ognuno ha il diritto di avere, ma in come questa stessa idea è
espressa artisticamente in maniera efficace (perché è di cinema che si sta
parlando in fondo). Korine ci riesce. Coppola? No. Forse perché prende spunto
da un evento reale di per sé poco stimolante? Può darsi, ma ricordiamoci che la
vicenda di Spring Breakers non è che
fosse così entusiasmante in sé e per sé. Ciò che ha reso grande il film di
Korine è come ha trattato il tema della guerra fra i clan e della
superficialità contemporanea.
Da
rivedere anche il montaggio. A inizio film, infatti, sono proposte delle
sequenze in cui alcuni protagonisti raccontano le loro vicende; quest’atteggiamento
in sede di montaggio è destinato a sparire lasciando la narrazione svolgersi in
maniera lineare. Peccato, poteva essere una soluzione quella di raccontare la vicenda
come se si fosse in una sorta di documentario. Eppure, mannaggia a lei,
qualcosa di buono c’è in The Bling Ring.
Insomma, il piano sequenza in campo lungo che si avvicina lentamente in campo
totale, durante il furto in una delle case, è molto molto interessante, così come
i pochi momenti di silenzio. Troppo poco per emettere un giudizio positivo.
Imperdibile,
in senso negativo, lo sguardo in macchina finale di Emma Watson. Deve risultare
una sequenza d’antologia, ma è in realtà una sequenza d’apologia. Apologia
dell’attrice o della regista? Chi vivrà, vedrà.
Mattia Giannone
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