Sogni e bisogni di São Paulo

Creato il 16 giugno 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

dal nostro corrispondente in Brasile

São Paulo

Fate finta di volervi comprare un paio di scarpe da ginnastica, ma che le più economiche che riuscite a trovare costino quanto un paio di Prada. Unica soluzione: pagarle a rate. Fate finta di voler comprare una bottiglia di vino italiano o francese (beni di lusso, viste le imposte sui prodotti d’importazione), di voler acquistare un biglietto aereo o la maglietta del Brasile. Che fate? Pagate a rate, a interessi zero. A São Paulo, e in tutto il Brasile, chiunque appartenga alla nuova classe media ha una carta di credito (o di debito) e spende più di quanto guadagna.
I salari medi si aggirano attorno ai 1500 reais (circa 500 euro), ma il costo della vita è lo stesso, se non più alto, dell’Europa o degli Stati Uniti. Un dipendente pubblico può arrivare a prendere, invece, anche un milione di reais in un anno e, come è di prassi in una economia che si basa sul consumo, tutti i prezzi tendono a livellarsi verso l’alto in quanto specchio dei bisogni della popolazione, reali o indotti che siano.
Così tutto, dagli affitti alla birra, dal cibo al cinema, ai parcheggi costa tantissimo. Se decidete, infatti, di andare al lavoro in macchina, mettete in preventivo sui 600 reais al mese. Anche perché il concetto di “giretto” va contestualizzato all’interno di una megalopoli di 25 milioni di abitanti.

Il lavoro non manca in Brasile, c’è tantissima occupazione e non lavora solo chi non vuole. Figuriamoci chi ne vuole fare più di lavori, per permettersi gli studi o per migliorare il proprio stato sociale.
C’è l’università pubblica, ottima e gratuita. Ma è a numero chiuso e l’accesso è riservato a chi ha fatto delle ottime scuole dell’obbligo, che sono private. Quindi, fondamentalmente, se provieni da una famiglia agiata non pagherai la retta mensile (da 500 reais in su) dell’università.

Così la giornata tipo di uno studente universitario medio sarà all’insegna della produttività: uscirà di casa alle 7, lavorerà fino alle 18 e dalle 19 alle 23 andrà in facoltà. Ogni mese seguirà un corso specifico, a frequenza obbligatoria, e se non dovesse superare il test finale sarà costretto a ripetere quel corso e dovrà pagare una retta maggiorata il mese successivo.
Per ovviare a questo problema molti contratti di lavoro prevedono un salario più basso, ma spese universitarie pagate, anche perché qui non esiste il concetto di “lavoretto” per come lo intendiamo in Italia. Stesso discorso per quanto riguarda le assicurazioni sanitarie: nella maggior parte dei casi sono le aziende che pagano l’assicurazione agli impiegati. Per esempio gli iscritti in economia possono lavorare in banca anche se non ancora laureati, con la speranza di conservare il posto anche dopo la laurea e prendere il doppio. I mestieri più gettonati anche per gli studenti d’oltreoceano rimangono, però, il cameriere e il commesso.

Manifestanti in Avenida Paulista

E in tutto ciò il Mondiale? Fondamentalmente, i brasiliani si sono stufati di pagare tantissimo, di avere una pressione fiscale alle stelle e di ricevere poco o niente in cambio, in relazione ai loro sogni e ai loro bisogni. Nella settimana che ha preceduto la partita inaugurale c’è stato il blocco della metropolitana, adesso la Universidade de São Paulo (una delle tre pubbliche dello stato) è in sciopero, il giorno stesso della partita c’è stata una grande manifestazione di piazza con relativi scontri e arresti.
Ma nessuno ha mai pensato di boicottare il Mondiale, come potrebbe percepirsi fuori dal Brasile, anche se non c’è un brasiliano che sia a favore delle spese enormi sostenute per organizzare l’evento. Perché qui le priorità sono altre, e con il “dinheiro” investito per il Mondiale si sarebbe potuto fare qualcosa per migliorare la qualità della vita dei brasiliani.
E allora qui, l’impressione, è che “o lucro” sarà solo della FIFA, con il denaro investito dai brasiliani, e che non sarà la “Copa” dei brasiliani ma dei “gringos”, e che una volta terminato il tutto, quando gli occhi del mondo non saranno più sul Brasile, qui si vivrà una situazione ben peggiore rispetto ad ora, con debiti aumento di “impostas” e “inflação”.

Diadema, zona sud di São Paulo

Il calcio in sé, però, è e resta religione. Il paese si è già fermato per Brasile-Croazia e si fermerà ad ogni partita. Quando gioca la Seleção, non si va al lavoro. Tutto è verde oro, la partita si guarda nei “barzinhos” o nei “boteços” (bar e pub), e l’atmosfera che si vive è davvero indescrivibile. Si indossa la maglietta del Brasile, si esce di casa tre o quattro ore prima, e si va ad assistere alla cosa più bella del mondo, “O jogo do Brasil”. E l’atmosfera è assolutamente festosa, si parla e si brinda con tutti,si parla di quanto sia bravo Pirlo, e di quanto sia “poderoso” Balotelli (amatissimo in Brasile), dell’Italia raccontata dai nonni, di Roberto Baggio e Paolo Rossi, di quanto sia migliore Pelé di Maradona, di Berlusconi “safado” (persona di poca o nessuna moralità specie, ma non solo, per quanto riguarda i suoi comportamenti sessuali), del gelato italiano, di quante cose belle abbia fatto Lula prima di sentire l’odore dei soldi, e poi mi chiedono se mi piace il Brasile.
E se mi piace sono il benvenuto, perché il Brasile è un paese estremamente accogliente. Perché qui, lo straniero, è visto come una risorsa, ed ha delle storie da raccontare. Perché il Brasile è grande grazie all’integrazione di varie culture differenti e non ti giudica, è un paese estremamente tollerante, tanto che è assolutamente normale, a Rio e São Paulo, vedere due persone dello stesso sesso passeggiare mano nella mano. Ma è il paese dei paradossi, è possibile il matrimonio tra persone dello stesso sesso, ma non è possibile abortire. O meglio: si può abortire solo se il feto è malformato o se la gravidanza è stata provocata da uno stupro.

Tutto sommato l’aria che si respira nei quartieri che frequento (Paulista, Augusta, Vila Madalena) sembra di tranquillità e di rassegnazione. Certo, la “policia” è molto presente, attenta a preservare i “gringos” dai pericoli, quotidiani, delle strade. Tanto che non è prudentissimo girare con il cellulare in bella vista. Indubbiamente, alcune zone sono assolutamente da evitare. Un’ ordinanza precisa che se di notte passi col rosso, ma ci sono le giuste condizioni di sicurezza non riceverai una multa. Perché al semaforo potresti essere rapinato, quindi, meglio tirare dritto. Qui una pistola costa molto meno di uno smartphone.

E la TV brasiliana, estremamente sensazionalista, esalta il problema degli “assaltos” (rapine). Il brasiliano medio è timorato, crede, quindi, che il problema principale del suo paese sia la violenza per le strade, e si dimentica, di fatto, che i suoi diritti civili sono quotidianamente calpestati, e qualsiasi forma di protesta viene repressa con metodi poco ortodossi.

Altri Manifestanti in Avenida Paulista

A proposito. Ho dovuto faticare un po’ per trovare un’aperta sostenitrice di Dilma e Lula che avesse voglia di conversare con me. Lei affermava (e su questo, dati alla mano, ha ragione) che 36 milioni di brasiliani, con il Partido dos Trabalhadores al potere, sono usciti dalla povertà, aggiungendo che l’informazione brasiliana è di destra e che tutte le proteste sono strumentalizzate dai media, in vista delle elezioni di ottobre, e che se il gap sociale è ancora ampio in Brasile, è colpa del colonialismo portoghese e dell’imperialismo statunitense. Insomma, ci vorranno anni per livellare le classi sociali di un paese di 190 milioni di abitanti.
Su questo niente da dire. Il dubbio che, però, la “Copa” e le azioni da “ditatura militar”, messe in campo per difenderne gli interessi, contribuiscano al livellamento in me rimane forte.

dembech


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