“Love was kind, for a time/ Now just aches and it makes me blind/ This mirrors holds, my eyes too bright/ That I can’t see the others in my life/ We too young, and heads too strong/ To bear the weight of these lover’s eyes/ ‘Cause I feel numb beneath your tongue/ beneath the curse of these lover’s eyes.” (“Lover’s Eyes”, 2012)
Il 4 maggio 2015 è stato pubblicato il loro nuovo album, “Wilder Mind”, il terzo della loro carriera. I Mumford & Sons nascono a Londra nel 2007 e sono Marcus Mumford (voce, chitarra e batteria), Winston Marshall (voce, chitarra elettrica e banjo), Ben Lovett (voce e tastiera) e Ted Dwane (voce, basso e contrabbasso).
In questo tour sono presenti anche Chris Maas (batteria) e Tom Hobden (violino) del gruppo inglese Noah and the Whale.
Mentre i primi due album, “Sigh no more” (2009) e “Babel” (2012), contenevano brani di genere indie folk/ folk rock, con l’ultimo ci si è mossi maggiormente verso l’alternative e l’indie rock, scostandosi quindi dall’impronta american folk – bluegrass dei precedenti album ma regalando ai fans dei sounds altrettanto gradevoli e godibili.
Dopo aver attraversato gli Stati Uniti d’America, aver toccato il Canada ed esibitisi in Belgio (prima tappa europea) in occasione del Rock Werchter di Rotselaar, i Mumford & Sons sono finalmente tornati in Italia e si sono esibiti il 29 giugno 2015 all’interno della splendida Arena di Verona.
Le porte dello splendido anfiteatro romano, oltre 2000 anni di storia, si sono aperte intorno alle 19, con migliaia di persone che attendevano con ansia davanti ad uno dei settanta ingressi della struttura.
A principiare la serata i due gruppi di supporto: Eaves con la sua musica pop non troppo originale e Shura con brani molto particolari dai suoni che vanno dall’electropop al new wave, dall’R&B all’Indietronica, entrambi provenienti dal Regno Unito.
Intorno alle 21:50 i tanto attesi Mumford & Sons sono saliti sul palco cominciando con la splendida, una tra le più amate dai fans, “Lover’s Eyes”, un’attesa fin dal principio ben ripagata.
Da quel momento è stato un avvicendarsi di note, di ritmo, di luci e di calore mostrato dal pubblico nei confronti della band londinese.
Una serata emozionante durante la quale è stato possibile ascoltare ben 21 canzoni, buona parte facenti parte del nuovo album ma tante altre tratte da quelli precedenti, come “I will wait”, “Awake my soul”, “The cave”, “Little Lion Man” e “Ghosts That We Knew”, solo per citarne alcune.
Un’acustica senza pari quella dell’Arena che ha reso ogni nota e la voce del cantante Marcus Mumford davvero ben udibili, nonostante le voci del pubblico, e piacevoli, senza dubbio molto più che nell’ascolto del semplice CD.
Gradita e inaspettata inoltre la sorpresa dei Mumford and Sons che al termine di “Dust Bowl Dance” (traccia numero 11 del primo album “Sigh No More”) sono scomparsi per un attimo per riappare poco dopo sulla balconata centrale dell’Arena antistante il palco, dove hanno cantato, Marcus, Winston, Ben e Ted, con il solo accompagnamento della chitarra acustica e del banjo, “Sister” e “Cold Arms”, quest’ultima per la prima volta assoluta live. Un regalo che ha reso la serata ancora più speciale.
Lodevole poi il buffo tentativo di Marcus di pronunciare alcune frasi in italiano cavandosela piuttosto bene nonostante il marcato accento inglese.
Insomma un concerto che le oltre dodicimila persone presenti non scorderanno facilmente da una parte per la suggestiva location veronese, dall’altra per l’abilità dei Mumford and Sons di creare canzoni coinvolgenti unitamente a delle voci calde e da strumenti sempre differenti e ben suonati.
Written and photo by Rebecca Mais
La scaletta della serata:
Lovers’ Eyes
I Will Wait
Snake Eyes
Wilder Mind
Awake My Soul
Lover of the Light
Thistle & Weeds
Ghosts That We Knew
Believe
Tompkins Square Park
The Cave
Roll Away Your Stone
Monster
Only Love
Ditmas
Dust Bowl Dance
Acoustic on the Arena’s central Balcony:
Sister
Cold Arms
Encore:
Hot Gates
Little Lion Man
The Wolf
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