Il successo d'urto, non programmato, avuto con "Che Bella Giornata" ha caricato il comico (e l'artista Luca Medici) di responsabilità che prima non immaginava neppure di doversi assumere e "Sole a Catinelle", suo terzo lavoro cinematografico, non può fare altro che risentire di tale pressione tanto da manifestarla attraverso dei tentennamenti che paralizzano negativamente, in primis, lo scorrimento della storia.
E' un prodotto grezzo "Sole a Catinelle" consapevole di non doversi curare troppo perché protetto dallo specchio di un protagonista che attira verso di sé tutta l'attenzione accumulata. Zalone si rilancia alla caccia della conferma in sala e del plebiscito popolare con un canovaccio che lo porta ad infiltrarsi nell'economia e nell'elite degli sporchi imprenditori italiani, cercando di formare un minimo di spessore analizzando con atteggiamento scherzoso e beffardo i comportamenti e le conseguenze degli italiani a seguito della crisi economica recente. Ma la verità è che proprio nel momento in cui dal suo personaggio ci si aspettava una risposta per comprendere dove potesse arrivare in termini di espressione, dimostra di accusare tensione e di non aver nulla di nuovo da dire. La pellicola infatti è né più e né meno un medley delle sue peculiarità già viste in televisione e nei film precedenti: ignoranza, maleducazione e finta ingenuità al (dis)servizio della sfera sociale; ma nonostante ciò potesse essere prevedibile e auspicabile sotto certi aspetti, la differenza arriva stavolta da come questi attributi vengono calcati forzatamente anziché essere pronunciati con la spontaneità che li faceva agire in maniera esplosiva sia in "Che Bella Giornata" che in "Cado dalle Nubi".
A conseguenza di ciò, se Checco Zalone riuscirà a replicarsi oppure a fallire la rincorsa su sé stesso, cadendo quindi dal grattacielo in cui è salito, a noi poco importa, più interessante potrebbe essere capire cosa ha da esternare Luca Medici oltre il suo personaggio-scudo. Mentre quel che preoccupa infinitamente, invece, è la questione legata a questo tipo di (basso) cinema che viene osannato e sollecitato sempre più a gran voce dal pubblico in sala, stimolando quesiti su come possa aver fatto il nostro gusto popolare a toccare un fondo così basso nel corso degli anni.
Forse è il momento di cominciare a farsi delle domande, considerando che una volta, tanto tempo fa, la nostra era considerata una bocca immensamente più buona di quella attuale.
E su questo non ci piove, no?
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