Sono ancora io, caro Babbo Natale.
Quarto anno, quarta lettera. C’è stata quella in cui ti minacciavo di passare dalla parte del Grinch, quella in cui ti imploravo di corazzarmi il cuore e quell’altra in cui mi mettevo a fare l’altruista e ti chiedevo roba per le Dears, perché io avevo tutto quello che desideravo. E adesso c’è questa.
Prima di iniziare a scrivere, ho riletto i post degli anni passati e un po’ ho sorriso. Del Natale 2007 mi ricordo benissimo l’emozione di diventare grande: la maturità di lì a poco, l’odio per Catania e la convinzione che l’avrei lasciata, che non ci sarei più tornata, che la Sicilia non mi avrebbe vista che col binocolo, perché mi sentivo soffocare. Credo che quel disprezzo profondo derivasse dall’insoddisfazione, dall’incapacità di accontentarmi di quello che ero riuscita a trovare, in questa città così difficile. Mi ricordo anche le delusioni sentimentali, di quell’anno là: avevo messo in fila Originale, Il Migliore e Il Romano, rispettivamente la mia copia esatta al maschile, i baci più mozzafiato che io abbia mai ricevuto e il primo vero flirt della mia giovane vita.
Del Natale 2008 sento ancora addosso la paura e l’eccitazione. Quante cose mi sono capitate da quel novembre a quel dicembre? Due anni, oddio. Come hanno fatto a passare due anni così velocemente? Chi mi ha rubato più di settecento giorni senza che io me ne accorgessi? La mia prima firma su un giornale vero, Dearfriend Ballerina che torna da Milano per la prima volta, un concerto dei Tinturia in piazza, un bicchiere di vino e un bacio in mezzo alla gente. Chissà quante volte ve l’avrò raccontata, questa storia.
Chissà quante volte vi avrò detto che mi sono voltata e sono andata da Dearfriend Ballerina e le ho detto: «Non dirlo a nessuno, è un casino, cazzo: sono innamorata».
Ero terrorizzata, durante quel Natale 2008, neanche l’avessi saputo in anticipo quanto male mi avrebbe fatto. Ed ero sorridente, durante quel Natale 2008, perché c’erano tante ragioni valide per sorridere.
Il Natale 2009 per molti versi è stato uguale al Natale 2008, solo con meno paura, perché della persona che avevo accanto mi fidavo di più, perché l’entusiasmo per quella firma sullo stesso giornale non era svanito, anzi, il contrario, perché ogni volta che mi guardavo attorno vedevo un bel po’ di cose buone da vivere, da meritare, da preservare.
Il 2010 è stato l’anno più straordinario della mia vita, finora. Ho perso il conto degli aerei che ho preso, poi i posti che ho visto, i concerti che ho sentito, gli eventi a cui ho partecipato, i segni che in me certe persone e talune esperienze hanno lasciato.
Con un pregresso di questo genere, caro Babbo Natale, cosa potrei mai volere di più?
Ti chiedo di regalarmi altri viaggi, in luoghi nuovi e con gente diversa. Regalami biglietti andata e ritorno, ma a distanza di qualche mese l’una dall’altra, ché voglio assaporarli per bene, i paesaggi che non conoscevo.
E poi, Babbo caro, donami un aggeggio magico dentro al quale riversare odori e sapori, affinché io non li scordi. Sai che brutto sarebbe svegliarsi una mattina e aver dimenticato com’è stato farlo a Los Angeles, Phoenix, Casa Grande, Dallas e New York. Oppure, per restare più vicini, a Edimburgo. E per tornare in Italia, a Perugia, Roma, Torino, Palermo e, qualche giorno fa, di nuovo a Milano.
Vorrei trascinarmi dietro una valigia piena di ogni sguardo incrociato in questo 2010 esaltante, vorrei un album – cartaceo – pieno di fotografie di me che non guardo ma sorrido, come in quella canzone là. La faccia sarebbe sempre quella, ma chi se ne importa se non sono figa e nemmeno fotogenica? Il soggetto non sarei io. Il soggetto sarebbe lo sfondo.
Mio bel Santa Claus, ci pensi almeno un pochino? Non spendi granché e mi rendi felice, giacché certi dettagli col tempo li perdi per strada, e io sento la necessità di tracciarli tutti, con precisione quasi svizzera.
Confidando in te, ti mando un caldo saluto.
LaCapa