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“Solo un puntino” di Elisabetta Pica, Chiara Vignocchi e Silvia Borando, Minibombo

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

solo_un_puntino 1Le autrici e gli autori della casa editrice Minibombo confermano, ad ogni nuova uscita, di ben conoscere i meccanismi che rendono un albo illustrato per la prima infanzia interessante ed efficace e puntano sempre su una riuscita alchimia di ingredienti divertenti, intelligenti e stimolanti.

Si ritrovano, nei loro lavori, stimoli cognitivi che aiutano il bambino nello sviluppo delle capacità logiche, nelle associazioni mentali, nell’analisi e nella comprensione dello spazio, ma anche sollecitazioni alla dimensione della fantasia, della creatività e del gioco.

Le forme sono sempre grandi protagoniste, nella loro possibilità di essere trasformate come anche nella capacità di diventare simbolo o elemento primo di composizioni più complesse. Quelle di associare e simbolizzare sono infatti competenze importanti per la crescita di un bambino e lo aiutano a decodificare il mondo intorno, ad interpretarlo e, successivamente, a raccontarlo per mezzo di parole, immagini o azioni.

In “Solo un puntino” è la forma di un tondo rosso a cambiare significato pagina dopo pagina per comporre un racconto spassoso che non rinuncia ad una deliziosa vena cattivella e che si poggia su una costruzione animata, ritmica e dotata della giusta dose di suspense.
D’altra parte, i piccoli lettori degli albi Minibombo sono abituati ad essere tenuti sulle spine da pagine che riservano soprese, colpi di scena, come anche stupiti da finali inaspettati e spiazzanti.

Qui abbiamo, come personaggio principale, uno dei più amati e temuti della letteratura per l’infanzia: il lupo. Declinato in tutte le vesti, da crudele a buono, da sciocco e vanesio a redento, da impavido a pauroso, le autrici stavolta ci presentano una belva affamata in perfetto stile classico: un lupo che non ha altra intenzione se non quella di riempirsi la pancia.
Anche l’incipit segue i cliché della fiaba con il tipico “C’era una volta” cui tanto siamo affezionati. Ma qui la frase non vuole anticipare una storia che si muove nel solco della tradizione – perché è ben evidente non lo sia – bensì, credo, sottolinearne gli echi giocando, anche un poco ironicamente, con i modelli narrativi e creando nel contempo una sorta di distanza rassicurante tra il racconto e il bambino che legge.

Lo sviluppo della storia è sulla doppia facciata. La linea di rilegatura, per quanto non visibile perché lo sfondo di entrambe le pagine è bianco, crea una sorta di limite ideale tra lo spazio del lupo, che è sempre a destra, e quello di sinistra del personaggio che cambia via via.
Il confine non viene mai mostrato come superato ma il lettore sa che questo accadrà: l’incontro, poco piacevole, tra l’animale cattivo e la sua vittima si consuma sempre su una pagina scura senza figure e con soltanto una o più onomatopee come testo (Gnam, Cronc, Splap…).
Nella facciata successiva, al posto dello sventurato, troviamo uno spazio bianco che sottolinea ed amplifica la sensazione di assenza.

Si parte con una ciliegia. Il puntino rosso si fa piccolo frutto. E’ facile: basta una linea curva nera a fare da picciolo.

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Il lupo è dichiaratamente cattivo e la mira con evidenti pessime intenzioni.

(cattivo è un aggettivo che indica sia un attributo del lupo – la ferocia, la malvagità – ma anche che lo inquadra come “illupo cattivo, precisamente quello che conosciamo dagli archetipi fiabeschi).

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E subito dopo

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Voltiamo ancora pagina e la ciliegia non c’è più. In cambio la belva è visibilmente sollevata: la bocca sorride, la lingua lecca i baffi, la linea delle sopracciglia è rivolta all’insù.
Il testo verbale racconta cosa è accaduto e anticipa, suscitando il brivido dell’attesa, che il lupo non è ancora sazio.

Questo è il meccanismo basilare. Il puntino rosso si fa via via coccinella, granchietto, pettirosso e perfino bambina. Sempre la sorte è la medesima: finire nelle fauci della bestia nera e pelosa.

La partecipazione è chiamata ad un crescendo emotivo. Un conto, infatti, è apprendere del divoramento di una ciliegia, un conto accorarsi per quello che accadrà ad una bimba, adorabile e con tanto di trecce dritte alla Pippi Calzelunghe.

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Ma nulla da fare, niente sconti per nessuno: qui abbiamo un lupo feroce e famelico ed è bene che lo inquadriamo come tale.

Quando, dopo aver pappato la bimba, la belva non è ancora soddisfatta la preoccupazione aumenta.

Ecco il momento dello spiazzamento: la rottura del meccanismo narrativo finora costruito che fa alzare le antennine al lettore aumentandone il livello di vigilanza. Invece, infatti, di un passaggio “in crescendo”, come è finora accaduto, incontriamo…un puntino rosso. Piccino, essenziale, senza che esso si faccia base per la costruzione di altri personaggi.

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Il lupo pensa bene di mangiarlo secondo lo schema già collaudato ma, quando voltiamo pagina, l’onomatopea che troviamo non fa presagire nulla di buono.
Ci vogliono però ancora due doppie facciate senza immagini prima di scoprire cosa sia accaduto al nostro cattivissimo protagonista. Due pagine di suspense per svelare che anche le belve più grosse e feroci possono essere sconfitte, o perlomeno messe a dura prova, da qualcuno che più piccino non ce n’è. Diffidare sempre delle apparenze.

L’albo è costruito su un registro lineare che utilizza due meccanismi frequenti nel libro illustrato per i più piccoli: la ripetizione e l’accumulazione.
La ripetizione – cioè alcune parole, un’immagine o uno schema narrativo che ricorrono durante lo svolgersi della storia – ha varie funzioni: crea un ritmo, costruisce un terreno fertile entro cui introdurre poi lo spiazzamento, rende il racconto facilmente memorizzabile e “riproducibile” per i lettori piccini.

L’accumulazione è data invece dall’aggiunta di elementi nuovi ad un nucleo originario ed aiuta a vivacizzare un meccanismo ripetitivo e, ancora, a stimolare i processi cognitivi della memoria e della logica.
Qui l’accumulazione è giocata su due piani: la forma del puntino che via via si arricchisce di elementi per rappresentare personaggi diversi e sempre più complessi e le onomatopee che si aggiungono in sequenza ad ogni spuntino del lupo (ricordiamo, sullo stesso motivo, “Orso, buco!” sempre della stessa casa editrice).

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Entrambi i meccanismi, sia quello di ripetizione che quello di accumulazione, vengono rotti subito prima del finale a sorpresa: un cambio repentino del ritmo al quale il lettore è stato portato ad abituarsi prepara, amplifica e sottolinea l’effetto sorpresa rendendolo più vivace e coinvolgente.

E’ sempre degno di nota il linguaggio che viene adottato  nelle pubblicazioni Minibombo. Come già avevo evidenziato parlando di Tutino, pur trattandosi di libri semplici e lineari per la prima infanzia, i testi non sono mai banali, le parole precise, l’aggettivazione ricca e varia. Si nota una ricercatezza che si muove sempre entro i confini della comprensibilità e dell’adeguatezza ma, allo stesso tempo, non svilisce l’infanzia e permette ai piccoli lettori di arricchire il loro lessico e di imparare.

Notiamo infine che il tema base delle forme non si limita al cerchio del puntino rosso ma ricorre anche nella rappresentazione del lupo che è disegnato con un muso rettangolare, con orecchie date da triangoli e un tondo al posto del naso.
Tutto è essenziale e stilizzato, come a suggerire ai bambini una traccia di gioco creativo: mescolare forme e segni per dar vita a storie e personaggi che si animano e prendono vita con pochi tratti della matita o del pastello.

(età consigliata: da tre anni)


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