Con l’inizio del mandato del nuovo presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamoud, docente universitario, che ha battuto alle urne il suo predecessore, Sheik Sherif Sheikh Ahmed, con ben 190 voti contro 79, il popolo somalo può forse cominciare a sperare e a sognare la pace.
E di pace, infatti, si è parlato pubblicamente ieri durante la cerimonia dell’investitura ufficiale, concorde anche il primo ministro ad interim dell’Etiopia, Hailemariam Desalegn , anch’egli giovane politico rampante, con studi fatti nelle università del nord-Europa e quasi certamente successore in patria di Meles Zenawi.
L’importanza di queste parole,scambiate tra i due uomini politici di Somalia e di Etiopia in presenza di personalità dell’Unione Africana e di rappresentanti dell’Onu, sono fondamentali a meno che non si tratti del solito discorso di facciata in un’occasione un po’ speciale.
E questo perché, come tutti sanno, non sono mancati interventi armati dell’Etiopia contro la Somalia nei vent’anni di guerra civile somala.
Parlare e ascoltare da un certo “pulpito” parole come “stabilità” e”democrazia” rende fiduciosi nei confronti del “nuovo” che avanza.
Fa guardare subito, specie a chi è stanco e ha perso tanto o tutto, al bicchiere mezzo pieno.
Resta certamente ancora da estirpare il “bubbone” dei terroristi di Al Shabab, che non è cosa affatto semplice, considerando certi ambigui e pericolosi retroscena.
Ma, già oggi, le truppe somale, ugandesi, burundesi e keniane, il contingente dell'Unione Africana, hanno sferrato un’offensiva ai ribelli alle porte della città di Kismayo e l’hanno avuta vinta.
Incrociamo, perciò , le dita!
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
(ndr.) La foto in alto, a corredo del testo,tratta dal web, è di proprietà de "La Presse"