Somalia / D'informazione si può anche morire

Creato il 29 settembre 2012 da Marianna06

Pur conoscendo la complessità della situazione somala, che da pochissimo ha finalmente insediato un presidente eletto dalla sua stessa gente e che, per moltissimi anni, dopo la fine del regime di Siad Barre, ripetutamente preda di bande di islamisti, ha vissuto una  instabilità politica senza precedenti, fa ugualmente impressione essere messi a conoscenza  delle ripetute uccisioni di chi in quel contesto prova a fare un po’ d’ informazione non partigiana.

E molto spesso si tratta di operatori dell’informazione, anche blogger, che lavorano quasi sempre per pochi soldi o, addirittura, gratis.

Pare che i giornalisti uccisi dall’inizio dell’anno in Somalia , secondo fonti attendibili, siano almeno quindici. E non sono pochi.

Ultimi, in ordine di tempo,un reporter trovato morto a Huriva, un quartiere a nord di Mogadiscio e, sempre lì, un altro freddato da un’auto in corsa sotto gli occhi dei passanti.

Rispettivamente di 32 e  di 26  anni.

Possiamo parlare, perciò,  di autentiche esecuzioni.

Il sindacato dei giornalisti somali (Nusoj) ha chiesto subito la ricerca seria e la punizione esemplare per chi si è reso responsabile di questi  omicidi.

E l’appello è stato rivolto in particolare al nuovo presidente somalo, Sheik Hassan Mohamoud, anche e sopratutto per i casi pregressi, che sono tanti, e su cui anche i Rapporti di Amnesty International, negli anni passati, avevano cercato di convogliare l’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, perché si corresse in qualche modo ai ripari.

La morte dei giornalisti in Africa e la chiusura immediata di giornali, radio e tv private, che osano dissentire dal potere in carica, sono  frequentissime e ne abbiamo già parlato, ultimamente, anche a proposito del Madagascar, dove parimenti c’è una situazione politica ingarbugliata e,ogni giorno, nel caos più totale, si annunciano golpe militari, che poi sono sistematicamente smentiti l’indomani.

E ancora, è notizia di qualche giorno fa,anche la chiusura di un quotidiano di opposizione in Tchad e la prigione garantita per il giornalista,che si era reso reo di dissentire apertamente dalla politica del presidente filo-francese, Idris Debry, che da sempre privilegia soltanto i propri interessi, come hanno sempre fatto e continuano a fare tutti i “fantocci” dell’Eliseo, incurante di affamare la propria gente.

Per la libertà d’espressione in Africa,argomento delicatissimo, che sbarra la strada a qualunque discorso di natura democratica,  occorre allora una campagna martellante, che smascheri al mondo intero i tiranni ingordi, o coloro che si preparano a diventarlo, e doni un po’ di giustizia alle vittime.

Giornalisti, blogger e gente comune.

Basta,dunque, con l'accettazione di un "certo" stato di cose.

Basta, con omicidi e carcerazioni assurde.

   a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)


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