Somewhere
Creato il 10 settembre 2010 da Sostiene Pereira...
Cui prodest il nuovo film della Coppola? E' evidente che questo suo ultimo lavoro costituisca un ulteriore tassello della sua filmografia e trilogia (?) della solitudine o meglio dello smarrimento esistenziale in cui si ritrovano i protagonisti dei suoi film, ma sorge spontaneo chiedersi se era necessario un ulteriore racconto per immagini che ci rappresentasse il disagio di un attore di successo, incapace di godere della propria vita con coscienza e vero godimento come si converrebbe secondo le nostre aspettative di comuni mortali.Ancora una volta un hotel come nel suo primo film della serie, Lost In Translation, che l'aveva rivelata al cinema d'autore e non solo, per poi proseguire il discorso con l'opera postmoderna Marie Antoinette, anch'essa eroina persa in un luogo in cui spazio e tempo sembrano annullarsi e annullare chi ci vive. Anche quest'ultimo lavoro pare riproporre quell'analisi di fondo insita nelle sue precedenti opere, asciugando all'essenziale il discorso e lasciando che sia la m.d.p., attraverso i suoi piani sequenza, a raccontarci il senso di vuoto e disagio di cui è ammantata la vita di Johnny Marco, personaggio il cui nome è una sorta di manifestazione onomastica di un individuo comune, banale, incapace di andare oltre la propria quotidianità scialba, seppur ricca, apparentemente di stimoli e soddisfazioni.Sofia Coppola adotta uno stile che è tipico di quel cinema d'autore che punta all'essenzialità per descrivere ciò che solitamente a parole o per immagini si rischia di manifestare in maniera banale o superficiale, eppure questo stile asciutto, fatto di un minimalismo così à la page, ha fatto il suo tempo, per quanto riesca ancora ad ottenere consensi ed attestati di stima, ma credo che sia ormai quasi fine a se stesso e il film della Coppola non sia così indispensabile da doverci raccontare per forza aspetti che possiamo ben immaginare, e che per quanto riguardano la nostra realtà avremmo fatto a meno di vedere, non perché saturi di luoghi comuni secondo gli stilemi di sguardo di coloro che ci vedono dal di fuori, ma forse perché noi stessi siamo divenuti quello stereotipo e questo è ancor più preoccupante e agghiacciante per la nostra realtà e la nostra coscienza.Un film che dividerà, che farà arrabbiare i suoi detrattori ed esaltare i suoi estimatori, io rimango invece tiepido, in attesa di vedere se la regista saprà andare avanti come il suo protagonista nel finale o se continuerà a girare insistentemente su se stessa come nella sequenza iniziale, che racchiude un po' il senso del film e dello stato attuale del suo cinema, un ouroboros a rischio leziosità.
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