Fu di sabato mattina che a Sonniboi venne nostalgia del mare. Erano arrivati fin lassù per cercare il caldo dopo le infinite pioggie patagoniche dell'isola di Chiloè ma di sole e caldo nemmeno l'ombra. Il cielo sopra le dune era sempre coperto e venti forti sollevavano un deserto di polvere finissima che correva dappertutto. Atacama, un altopiano deserto a duemilacinquecento metri nel Cile settentrionale. Dall'aereo un nulla di centinaia di chilometri di rocce e sabbie rosse, da terra un cielo di un azzurro chiaro entusiasmante che la notte si faceva fitto fitto di stelle. San Pedro, un piccolo villaggio dentro un oasi con una strada principale, qualche ostello, un museo antropologico e l'iglesia, la chiesa. Una volta un posto tranquillo come un pueblo messicano in un film western, ora un'attrazione dove non gli riusciva di pranzare senza che un gruppetto di finti musicanti andini li prendesse di sopresa alle spalle.
Rimase senza soldi al lussuoso Hotel Aldea. speravano in uno sconto ma non riuscì a procurarsi il denaro contante, quindi fu costretto a raggiungerci all’Hostal Chiloè: quattro stanze nel cortile sterrato di un carrozziere. Tra una e l'altro una stalla con dei lama addomesticati, Sonniboi ci teneva tanto a vederli da vicino, la stalla era calda e quegli animali erano belli come dei maglioni bianchi di lana a collo alto.
Quel tramonto nella Valle della Luna fu coperto, ventoso e di umore cattivo. Sonniboi manifestò in rigoroso ordine cronologico: difficoltà di deambulazione all'uscita del paese, respirazione affannosa nella Valle della Morte, claustrofobia alle Grotte del Sale e vertigini al tramonto sulla Grande Duna. Con quel tempo c’era poco da fare, non aveva sonno, non aveva fame, non aveva voglia, non aveva niente. Era solo un bambino capriccioso, noioso e molesto come una mosca nei giorni di pioggia. Per sopportarlo si sarebbe dovuti essere sua madre, o la Vergine Maria. Ma sua madre non c'era più e, se per questo, nemmeno la Vergine Maria.
Tutti gli altri partirono con il torpedone turistico delle tre nella notte, quello che arriva lassù all'alba, ai quattromila metri dei geyser del Tatio. Dentro erano tutti italiani, che Dio li maledica. Dopo un'oretta di pulmino scassato su sentiero scassato cominciò a nevicare, sempre più forte tanto che all’alba erano ancora ben lontani dal Tatio e la strada era completamente coperta di neve. Quando l'autista piagnucolò "quiero mi mamita" capirono che avrebbero dovuto rinunciare. Così tornarono, a forza di pulmini che andavano via di culo e si bloccavano nella neve, che Magiafuoco e l'Uomo Proiettile li dovevano far ripartire tutti a spinta. Visto che ormai se l'erano portata, le guide andine decisero di imporre la colazione: schifosissimi panini al formaggio, acqua calda Nescafè e biscottini alla fragola che li sputò pure il lama, anzi il cammello. L'animale non beveva, non mangiava, guardava solo fuori dal finestrino e pensava semplicemente che quella neve nel deserto era uno spettacolo davvero unico.
Rientrarono a San Pedro sotto la pioggia verso le otto e mezza del mattino. Dalla sua stanza Sonniboi alzò lo sguardo, dischiuse un'occhio, li vide arrivare, decise che tanto valeva rimettersi a dormire e si spense in camera. Furono giornate di vento e polvere. Quando decisero di anticipare la partenza al mattino dopo il deserto di Atacama li salutò con una bella giornata di sole. Pensarono tutti che sono cose che possono capitare.