Si vedono sempre più spesso bambini grandi, capaci di camminare da soli, essere trasportati sul passeggino soprattutto nelle grandi città.
Perché? Per comodità, per fare prima e per tenere sotto controllo il bambino qualora dovesse fare capricci.
Questo fenomeno battezzato “passegginite” dalla psicologa e psicoterapeuta Maria Rita Parsi, presidente della Fondazione Movimento Bambino Onlus, rischia di rallentare la crescita dei figli in quanto abituati fin da piccoli ad essere trasportati e serviti, a non fare “fatica”.
“Dopo i 4 anni il passeggino dovrebbe essere riposto, ma oggi troppi genitori tendono a condizionare i figli, non rispettandone i tempi. Così ricorrono troppo a lungo a strumenti come il passeggino, che aiuta a bloccare il bambino, a portarlo dove si vuole e a tenerlo sotto controllo. Ma anche ai tablet e ai telefonini – aggiunge Parsi – che lo intrattengono e lo fanno stare buono. Così il piccolo, con tutte le comodità a portata di mano, se ne sta accoccolato e viene trasportato dove vogliono mamma e papà. Ma in questo modo non ha il tempo di esplorare, correre, curiosare, imparare dove bisogna fermarsi, come comportarsi sui marciapiedi. Solo l’esplorazione promuove l’autonomia”.
Secondo un altro studio condotto dalla neuropsicologa inglese Sally Goddard Blythe, direttrice dell’Istituto di Neuropsicologia di Chester, oltre allo sviluppo fisico anche quello linguistico e sociale dei bambini rischia di essere compromesso. Trascorrere troppo tempo seduti sui seggiolini auto o sui passeggini si ha meno possibilità di interagire con gli adulti e di comunicare.con altri bambini.
Nella vita di tutti i giorni non possiamo non considerare che il passeggino semplifica le giornate permettendoci di raggiungere più velocemente un posto avendo maggiore controllo sul bambino, ma non possiamo però sottovalutare gli effetti negativi che questa nostra abitudine e diciamo anche nostro “egoismo” può arrecare dal punto di vista psico-fisico al bambino.
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