Erano anni che m’interrogavo quando mi capitava di pensarci, e, alla fine, mi sono ricordata del mio dilemma di fronte allo schermo del computer, ed ho fatto una semplice ricerca su Google.
Basta cliccare sul primo risultato che ci appare, per avere un po’ di notizie che fanno chiarezza sul mio quesito, che è il seguente:
“L’equo solidale è davvero equo?”
O meglio, di solito, sgranocchiando la barretta che ho comprato, colta da un eccesso di golosità, più che da una crisi di coscienza, è la seguente:
“Perché devo spendere una cifra proporzionatamente alt, non per un buon cioccolato, ma, come a volte accade, per una barretta con nocciole stantie o con la patina bianca sopra, perché è da troppo che sta sugli scaffali?”
Questo mio buttare i soldi per un prodotto che non mi soddisfa del tutto, vale davvero a qualcosa?
E poi: “Non potrei spendere più di quanto di solito faccio - io faccio la spesa al discount, non al Cityper-, per qualcosa che sia di qualità e corretto, ma magari con benefici per gente più vicina a me, così posso pure testare la bontà etica della mia scelta?”
Diciamocelo subito: l’ho fatta lunga per il post, se non io la risposta me la sono data anni fa.
E ve la giro a voi: “Perché non aiutare i piccoli produttori di qualità locali, che magari, se non trovano mercato, rischiano anche loro di scomparire ed essere sfruttati, perdendo il loro mestiere e andando a lavorare in una fabbrica?”
Lo so: i produttori locali non si occupano di caffè e cioccolato.
Ma la sapete una cosa: la fregatura nasce proprio dalla richiesta mostruosa che noi facciamo dei succitati prodotti.
Che ne dite di buttarvi su qualcos’ altro per placare l’immensa voragine affettiva che vi si apre dentro, tipo meno rapporti umani di maggiore qualità, droghe pesanti, o altre tipologie dolciarie?
Per i primi due vedete voi, per l’ultima proposta vi consiglio, se la prendete in considerazione, di guardarvi davvero intorno, cercando produttori locali di mille bontà a chilometri zero.
Lo stesso vale per i prodotti artigianali: ci sono mille artigiani che si sbattono, nel tentativo di riuscire a racimolare abbastanza soldi per continuare a fare prodotti di qualità, a mano, pagare i materiali – costosi- e le tasse – proibitive-.
Mio padre è fabbro: ricordo i primi tempi del suo lavoro, e le nostre estati per fiere artigiane e artistiche.
Qui lo posso finalmente scrivere: ho conosciuto pochi altri mondi lavorativi altrettanto duri, sia per orari- perché quando la fiera è finita, c’è tutto da riporre e tornarsene a casa, scaricare tutto, e poi andare a dormire-, che per poca comprensione da parte del mercato- che vuole tutto a poco, senza capire il valore della lavorazione artigianale-, e possibilità di emergere – davvero uno su mille ce la fa-.
Solo a ripensarci mi viene da piangere.
Per aritigiani non parlo di quelli che s’ improvvisano artisti perché gli è venuta bene quella spilla con le perline che hanno fatto per la nipote, e ci mettono su una bancarella che più tristezza riesce a farmela solo la Piccola Fiammiferaia. Parlo di gente che sa fare a mano ottime produzioni, in pelle, metalli, ceramica, vimini, ecc…
Lo so che l’idea di far felice un bimbo brasiliano che ha fatto quella pericolosa macchinina di latta reciclata, con gli angoli a vista, che avete regalato a vostro nipote, vi sa sentire come se camminaste su una valle verde. Che ne dite, però, di far felice anche un artigiano o produttore diretto che vive accanto a voi, e che ha già due figli a carico, i quali hanno già le idee chiare sulla possibilità di poter continuare il lavoro di famiglia: never and never, thanx!
Ragionatele sempre le cose, prima di prenderle per buone, del tutto o in parte. La moda dell’equo e solidale- ottima sulla carta- è stata alimentata da una tipologia di persone, che hanno la stessa aderenza alla realtà di un poltergeist, di cui parlerò volentieri in un prossimo post.
Voi, che siete gente che si suda i suoi soldi, potete comprare all’equo comunque, ma due cose:
1- Pensate anche ad alternative più vicine, e comunque solidali,
2- Leggetevi questo articolo: http://www.agices.org/documenti/download/caffePERU/caffe%20equo%20truffa%20-%20La%20Stampa%20100906.pdf
Alla prossima.
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