Sono iracheno, quindi leggo

Creato il 15 ottobre 2014 da Chiarac @claire_com_

Non so se lo sapevate (io l’ho scoperto ieri, per esempio) ma in Iraq da tre anni si organizza un festival del libro e della lettura dal titolo “Sono iracheno, sto leggendo”.

È una manifestazione spontanea, nata su iniziativa di un gruppo di giovani iracheni per promuovere le buone pratiche del libro e della lettura. Fondamentalmente si tratta di letture pubbliche all’aperto.

Sembra facile a dirsi e a farsi, ma provate a immaginare che, mentre state leggendo un libro con i vostri amici in un parco, a poco distanza si alza il fumo nero di un’esplosione. O vedete sfrecciare una jeep militare con a bordo i soldati che vanno a combattere contro lo Stato islamico/Daesh.

Questo racconta il giornalista iracheno Zuhair al-Jezairy nell’ articolo che trovate qui di seguito, pubblicato su Internazionale. Una storia che secondo me andrebbe diffusa urbi et orbi per mostrare al mondo quanto di bello c’è – e c’era, e ci sarà ancora – in un Iraq martoriato da 30 anni di dittatura, plurime invasioni straniere, governi corrotti e inetti e infinite distruzioni del suo tessuto sociale, religioso e civile.

Cercando su Internet notizie relative al Festival ho trovato questo breve video che ne racconta la prima edizione.

E dopo poco parte il discorso di una ragazzina esile, minuscola, di 12 anni, con una vocina piccola piccola ma straordinariamente potente, che parla del bisogno di istruzione per i giovani e i bambini come lei. Perchè se i bimbi come Zanouba sono costretti a vendere fazzoletti per strada e non possono andare a scuola, come faranno un giorno da grandi a diventare medici e ingegneri? Come faranno a dare il loro contributo alla ri-costruzione del loro paese? Come farà l’Iraq a tornare ad essere quel paese di lettori, di cui il detto: “L’Egitto scrive, il Libano stampa, l’Iraq legge”?

(Nel video si fa accenno ad al Mutanabbi Street, che una volta era il cuore del mercato librario di Baghdad. Nel 2007 una auto-bomba si fece esplodere proprio lì, uccise 30 persone e ne ferì 100. I libri e le bancarelle vennero quasi tutti distrutti. Da questo dolore è nato un bellissimo progetto che mira a ricostruire quanto perduto quel giorno. Se volete, potete leggere i dettagli qui).


Letture tra le bombe
(Zuhair al-Jezairy, Internazionale, 13 ottobre 2014)
Alla fine di settembre a Baghdad si è svolto il terzo festival intitolato “Sono iracheno, sto leggendo”. Centinaia di giovani si sono dati appuntamento sulla riva del Tigri per leggere e discutere dei loro libri preferiti. Poco prima, sull’altra sponda del fiume, era esplosa un’autobomba e in cielo si alzava una colonna di fumo nero. Si potevano anche vedere i camion militari con a bordo i miliziani inviati a combattere contro l’organizzazione dello Stato islamico. Ma i giovani non si sono fermati e hanno continuato a leggere e a discutere di letteratura.

Fino alla fine degli anni settanta l’Iraq era il principale mercato editoriale del mondo arabo. C’era un motto che diceva: “L’Egitto scrive, il Libano stampa, l’Iraq legge”. La situazione è molto cambiata negli ultimi trent’anni. Una serie di guerre e la repressione del regime di Saddam Hussein hanno avvelenato la società, che oltre a essersi militarizzata è diventata violenta.

Nei tredici anni durante i quali l’Iraq ha subìto le sanzioni internazionali i libri erano diventati un lusso. Giornalisti e professori universitari erano costretti a venderli per sfamare le loro famiglie. I volumi di seconda mano erano venduti al prezzo di una pagnotta di pane in un mercato del centro di Baghdad chiamato Al Mutanabi, dove si potevano trovare copie di titoli censurati.

Uno dei contributi al progetto Al-Mutanabbi Street Starts Here

Scrittori e docenti avevano abbandonato il loro lavoro per fare il tassista o il venditore ambulante. “Con due lavori, che ti costringevano a rimanere per strada molte ore, non c’era tempo per leggere o ascoltare musica. Tutto quello che volevi fare, una volta tornato a casa, era dormire e mangiare”, mi racconta l’intellettuale Saad Saloum.

Dalla fine degli anni cinquanta alla metà degli anni ottanta piazza Tahrir, a Baghdad, è stata il centro della vita culturale dell’Iraq: lì c’erano il ministero della cultura, il monumento alla libertà, la galleria di arte moderna, quattro cinema e almeno sei librerie. Negli anni novanta piazza Tahrir è stata invasa dai venditori ambulanti che proponevano mercanzia d’ogni genere e lo spazio è diventato una specie di baraccopoli, perdendo la sua rilevanza culturale. Con l’invasione statunitense, nel 2003, si è trasformata in un luogo di malavita.

Dopo la caduta del regime di Saddam Hussein la vita degli iracheni è stata invasa dalle tv, con almeno 280 emittenti arabe, tra cui 41 irachene. Le tv e i social network hanno contribuito ad allontanare le nuove generazioni dai libri. I giovani di meno di 19 anni formano il 51 per cento della popolazione irachena. Molti di loro pensano che i libri appartengano al passato.

Gli organizzatori del festival “Sono iracheno, sto leggendo” hanno lanciato quest’iniziativa tre anni fa per attirare le nuove generazioni. Si sono resi conto che la mancanza d’istruzione è una delle principali cause di molti problemi, dall’estremismo islamico al settarismo, dalla violenza diffusa al fascino esercitato dai combattenti dello Stato islamico.

Hanno pubblicizzato il loro progetto su Facebook, prendendo le distanze dai partiti e dalla politica. Hanno incoraggiato i rapporti diretti tra i collezionisti di libri e gli scrittori. Le letture e i dibattiti nelle case o sui social network hanno permesso di richiamare un pubblico sempre più ampio, proveniente anche da altre province.

Il programma dell’ultimo festival, che si è svolto il 28 settembre, è stato essenzialmente una serie di letture all’aria aperta. Sdraiato all’ombra di un albero in compagnia di tre amici, il giovano reporter Hamid ha proposto in un’intervista televisiva: “Perché non facciamo diventare il 28 settembre un giorno di festa nazionale, come la festa della mamma?”.


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