Le loro vicende sono raccolte nel libro «La fuga dei talenti» di Sergio Nava. Scrive Giuseppe Ceretti in una recensione sul Sole 24 ore on line … «è una raccolta di storie di ordinaria follia... all’ultima pagina il lettore viene colto da un senso di frustrazione: davvero tutto ciò sta accadendo nella Repubblica che i nostri padri costituenti vollero fondata sul lavoro?». Parole che tornano d’attualità oggi in un impegno come quello dedicato proprio ai giovani dal presidente Napolitano.

L’indagine di Nava è proseguita, oltre il libro, attraverso una trasmissione su Radio 24 che ha superato le cento puntate dal titolo, appunto, «Giovani Talenti». Un racconto settimanale poi riversato in un Blog (http://fugadeitalenti.wordpress.com). Ed ecco che troviamo la storia di Lorenza avvocatessa sbarcata in quella Danimarca così spesso indicata (a parole) come nostro futuro modello. Lei, avvocata, aveva a Roma un lavoro presso una multinazionale ma con orari insostenibili: 12-15 ore il giorno. Così è scappata in Danimarca: «Lassù il suo stipendio è triplicato, le ore di lavoro si sono ridotte del 33%, e la qualità della vita è impagabile». Così giudica l’Italia: «È il paese delle corporazioni… come quella degli avvocati, basate sui privilegi, sull’onore della casta, sulla totale mancanza di trasparenza».
Una storia simile è quella di Mauro, architetto, da tempo abilitato alla professione. Ha investito nella propria formazione professionale, con il risultato che spesso si sente dire che è troppo qualificato e assumerlo sarebbe un investimento troppo oneroso. Preferiscono «i giovanissimi professionisti, privi di esperienza, che lavorano fino a 70 ore settimanali per guadagnare 800 euro al mese». Così, commenta «un giorno ci troveremo con pochissimi specialisti e professionisti». Tutti all'estero.
Non troveremo più, ad esempio, il geologo Daniele, reduce da «quattro anni tra precariato, prospettive di carriera nulle, livelli salariali ridicoli, scarsi investimenti nella formazione». Ora è a Londra. Lavora in progetti di escavazione di gallerie in ambiente urbano. Qui ha trovato «regole trasparenti, meccanismi di selezione espliciti, politiche e programmi di sviluppo in grado di promuovere opportunità». Così chiede: «È l’Italia in grado di offrirmi tutto questo? È l’Italia un’opzione plausibile, in risposta alle mie aspirazioni? Al momento, la risposta è negativa… ». Parlano a un Paese che dovrebbe occuparsi di queste tematiche invece di discutere di licenziamenti facili per coloro che hanno già posti traballanti.