Sono un aspirante scrittore, cosa devo leggere?

Da Marcofre

Non esiste un’unica risposta in realtà, ma ce ne sono molte. Però quello che mi sento dire è questo.

Leggi le opere di autori che hanno avuto poco o scarso successo in vita (per essere rivalutati solo dopo la morte). Perché è l’insuccesso il compagno più fedele di chi sceglie di scrivere. Quindi è inutile illudersi, pensare, immaginare che adesso le cose cambieranno e sarà la Terra Promessa per tutti. No.

Meglio fare il callo alla realtà e questa, con o senza self-publishing, recita: il successo NON bacia gli autori. Certo, le eccezioni non mancano né mancheranno. Ma se hai davvero delle ambizioni forti, vigorose, devi prendere atto sin da subito che non sarà una passeggiata.

Melville per campare fece l’impiegato presso l’ufficio delle dogane statunitense. Quando morì scrissero di lui: “Uno scrittore un tempo famoso”. E non si riferivano al “Moby Dick” che solo pochi critici avevano apprezzato. Ma a un paio di libri pubblicati in gioventù, ambientati nelle isole del Pacifico, che avevano avuto successo.

Non parliamo di Francis Scott Fitzgerald. E di tanti altri che hanno avuto miglior sorte dopo la loro dipartita. Per esempio Flannery O’Connor non mi risulta che abbia venduto vagonate di libri. Se vuoi scrivere e non sai nemmeno di chi sto parlando, hai un problema.

Leggere autori di scarso successo è comunque utile, non solo perché aiuta a comprendere l’idiozia del mondo.

Essi insegnano la tenacia. Perché costoro a un certo punto hanno compreso la verità, e hanno davvero scelto. Potevano smettere, oppure abbassare il livello, scrivere quello che tutti si aspettavano. Potevano farlo, ma hanno deciso di continuare nel loro cammino solitario.

Ci vuole stoffa per questo mestiere, determinazione, una volontà di acciaio.
Ma prima di essere uno scrittore, è indispensabile imparare a essere una persona. Questo non garantisce niente, non condurrà a nulla di particolare; o forse sì.

Però una persona sa che usare un linguaggio appropriato, semplice, non è un vezzo per pochi (gli scrittori). Ma un impegno che tutti dovrebbero avere a cuore. Esprimersi, riuscire ad articolare un pensiero, argomentare una posizione NON è un lavoraccio che spetta a pochi.

È un dovere di ciascuno. Là fuori c’è troppa complessità per riuscire davvero a cavarsela con una risata e una furbata.

E poi, vali davvero così poco da usare trucchi e stratagemmi per riuscire?


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