Sono un gran bugiardo

Creato il 26 giugno 2010 da Libereditor

“L’emozione assoluta, da brivido, da estasi, la provo di fronte al teatro vuoto: un mondo da rifare con la luce”.
“Le cose più reali, per me, sono quelle che ho inventato”.
Così parla Federico Fellini in Sono un gran bugiardo, il film documentario di Damian Pettigrew dedicato al grande regista di Rimini.
Fellini è il sorprendente interprete di questo film costruito soprattutto con le interviste rilasciate nel 1993 poco prima della morte e girate dallo stesso Pettigrew. L’appellativo bugiardo fa parte solo del titolo perché è tanta la sincerità con cui Fellini si apre accompagnandosi a tanti estratti di suoi film, a materiale inedito in cui lo vediamo impegnato dietro la cinepresa, a interviste a collaboratori e non, il tutto con il sottofondo delle stupende musiche di Nino Rota e con il rumore del vento sempre presente che si insinua anche oltre le immagini tipicamente felliniane.
L’ormai anziano e saggio regista è davvero se stesso davanti alla macchina da presa e pare voglia renderci partecipi di un mistero antico: quello dell’arte e della sua ambiguità.
Le testimonianze di Roberto Benigni (La voce della luna, 1990) di Terence Stamp (Toby Dammit, 1967) e ancora di Donald Sutherland (Il Casanova di Federico Fellini, 1967), contrapposte alla rappresentazione che Fellini traccia di sé, sono una sorta di quadro di luci e ombre tanto simile agli schizzi, ai bozzetti e alle caricature cui il regista era legato. Si aggiungano gli interventi dell’amico Titta Benzi, del pittore Rinaldo Geleng, dello sceneggiatore Tullio Pinelli, del cameraman Giuseppe Rotunno, di Dante Ferretti e di Italo Calvino, che in breve ci illumina sul rapporto tra arte e menzogna.
Un film fluido composto con un veloce montaggio di flash e battute, che mette a confronto paesaggi girati da Fellini agli stessi ripresi, dopo tanti anni, da Pettigrew.


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