Sonor (2011), di Peter Levin, è il resoconto, attraverso una serie di 'quadri'/situazioni, dell'incontro tra un musicista e una ballerina non udente dalla nascita, e della loro esplorazione congiunta dell'ambiente sonoro così come percepito da udenti e da non udenti (perché c'è, non è silenzio) col fine di tentare poi la restituzione delle loro scoperte in forma verbale e visiva attraverso il film.
Poco alla volta la loro relazione si sviluppa come un'improvvisazione musicale, dove l'ambiente sembra rivelare una partitura di onde e vibrazioni cui abitualmente - noi normodotati - non prestiamo attenzione. Il tutto trattato con un sensuale bianco e nero, con il tempo lento della scoperta e della comprensione reciproca dei protagonisti, e melodie solo apparentemente dissonanti.
Un risultato semplicissimo ed estremamente profondo, chiaramente debitore di studi di acustica, ricerche sul paesaggio sonoro e sperimentazioni musicali di lunga data. Ma - pur nell'onnipresente neve che tutto sembrerebbe ovattare - connotato dal tepore che si sviluppa nel delicato dialogo/confronto dei protagonisti, e dal brivido del racconto della pratica abituale della ballerina di posare le mani sull'impianto stereo e mettere in loop un brano musicale finché il suo corpo e la sua memoria non siano perfettamente impregnati di una certa sequenza di vibrazioni, secondo un certo ritmo, sul quale lei disegnerà e interpreterà la propria coreografia.Qui di seguito una breve intervista a Peter Levin, per chi avesse piacere di approfondire.