Sopravvivi ma non rompere i coglioni

Creato il 15 settembre 2014 da Arvales @ArvalesNews

“… sopravvivi a tutto ciò che nega l’ordine implicato nella vita. Sopravvivi alle istanze generate dai tuoi errori, dagli instabili equilibri della natura umana; sopravvivi ai tuoi fallimenti, alla paura di ciò che un giorno non sarai. Sopravvivi al penoso belato delle greggi inconsapevoli che nutrono i Re e i loro cortigiani…”

Sopravvivere
Comincerei con una osservazione, impertinente ma necessaria: il sistema gerarchico di relazioni che configura la nostra identità assomiglia a una piramide reticolare rovesciata; che non poggia dunque sulla base ma sul nodo del proprio vertice: il Nodo Primo, quello generato dallo spermatozoo del babbo quando si è bevuto l’ovetto di mamma; il primo senza il quale non esiste alcun No, il primo di una lunga serie d’ingerenze aliene che hanno condizionato lo sviluppo della nostra personalità.
Visualizzata nella mente l’immagine di questa piramide rovesciata, mi sono chiesto come si mantenga in equilibrio: è poca la superficie di base dove poggia l’immenso complesso di elementi visibili (codificati) e occulti che definiscono ciò che siamo: ogni nodo è un o un No, dal quale si diramano gli elementi che confluiscono in un altro nodo, un’altra scelta. Non è facile trovare una metafora che descriva funzionalmente la psiche, e ancor meno lo è visualizzarne la descrizione di altri; però è utile, migliora il codice, aiuta a capirsi, e magari anche a trovare il modo, se non di vivere, almeno sopravvivere dignitosamente a prescindere dalle vite degli altri.
Nella visione generata da quanto e come ho codificato gli elementi che strutturano l’identità, sopravvivere equivale a mantenersi in equilibrio senza dover scegliere tra l’essere santo, eroe, stronzo o cazzone. Ho cercato di capire anche altre visioni, come quella ottenuta parafrasando un titolo del grande Hank*: la fuga a Sud di tutto, la transumanza dell’intento verso eden a buon mercato, laddove i pensieri evaporano al contatto di carni sempre fresche, nelle volute di odori infantili, nei ritornelli che l’ebbrezza può ingannare offrendo ai sensi parvenze di novità; è la rotta di chi sotto i piedi ha il mare al posto della terra, di chi cerca tutto tranne l’approdo, la reazione di un essere umano troppo onesto per inchinarsi al cospetto della propria anima, il grido dell’eretico torturato dall’insipienza degli dei.
Altri ancora non posseggono alcuna visione, gravitano intorno a quella del santo/eroe/stronzo di turno, delegano ad altri la definizione della propria personalità: non vogliono occuparsi di cose pelose come la coscienza di sé, convinti che i meccanici ai quali si affidano ne sappiano più di loro. Funziona finché il giocattolo continua a creare illusioni, fino al crollo del palcoscenico dove si è svolta la rappresentazione di una vita, fino a che il tronco collassa sotto il peso delle storie appese ai suoi rami; difficile sopravvivere a una crisi esistenziale, ma non impossibile. In fondo, come spesso accade, è un problema di fisica tanto semplice da teorizzare quanto complesso da risolvere: tagliare i rami che spostano il baricentro fuori dal tronco; magari sovraccaricandoli con qualche iperbole fino a spezzarli, se non si possiede il cuore del chirurgo. Si può mantenere razionalmente il baricentro nell’area di base del tronco, oppure sviluppare un robusto apparato radicale di affetti: è così che si sopravvive alle avversità, agli amori perduti, alle amicizie tradite, alle tossine dei vermi che nidificano tra le foglie. Strategie di sopravvivenza che possono funzionare: la scelta dipende dalle predilezioni individuali, dal percorso esistenziale, dalla genetica, da quello che vi pare…

I Coglioni
Pare discendano dal Logos; forse non potrebbe essere altrimenti: ve l’immaginate l’universo creato da una divinità senza coglioni?
Forse sì.
I coglioni non si devono rompere a chi li possiede; meno che mai a chi essendone privo s’identifica con le funzioni transgeneriche previste dalla natura: produrre spermatozoi, ovuli, che in chiave di metafora significa il precipuo scopo di fornire sangue fresco all’insaziabile tritacarne dell’evoluzione umana.
Lasciamoli tranquilli a socializzare tra loro; non inquietiamoli, non cerchiamo di convincerli che il mondo è oltre il pollaio dove razzolano da quando sono nati.
Consideriamo invece i coglioni intesi come la sfera psicofisica dell’individuo, che nessuno e in alcun modo ha il diritto di violare. Chi li possiede sa di cosa parlo; gli altri, suvvia, fate un piccolo sforzo d’immaginazione. Un esempio semplice di rottura di coglioni? Quando accendo il televisore per seguire un notiziario e devo sorbirmi le insulsaggini (false) dei politici. Un altro per chi non è di bocca buona: lavorare per denaro.
Bene, come ho scritto nell’articolo citato:
praticare con intelligenza e autoironia il secondo comandamento, riduce esponenzialmente le probabilità che ci si trovi nella condizione in cui occorra il primo.”
È vero, lo testimoniano osservazioni sperimentali di quasi mezzo secolo (le mie), ma solo nel contesto delle relazioni con gli altri. A noi stessi, i coglioni è opportuno romperli talvolta; in particolare quando la poltrona preferita è così comoda che alzarsi per andare pisciare diventa una fatica. In questo caso è opportuno mollare gli ormeggi da ciò che siamo diventati.
Via, via… In mare, lo sguardo sull’orizzonte che si tinge di blu, il vento fresco che rinvigorisce l’intento, lo spirito, e anche i coglioni.

* – A sud di nessun nord, Henry Charles “Hank” Bukowski.

Arvales presenta un nuovo intervento: Sopravvivi ma non rompere i coglioni


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