Così la promozione delle vocazioni al sacerdozio da parecchio tempo è divenuta una costante preoccupazione per la Chiesa Cattolica, laddove si moltiplicano le unità pastorali ed altre similari soluzioni che tamponano ma non risolvono il problema alla radice. In questa ottica la Pontificia Opera per le vocazioni sacerdotali ha predisposto nel 2012 un documento dal titolo Inchiesta sulla pastorale al ministero sacerdotale che restituisce un quadro aggiornato della pastorale vocazionale nelle diverse parti del mondo, indicando anche alcune proposte concrete.
Eppure navigando nel grande mare digitale di internet ci siamo imbattuti ultimamente in questa notizia di segno opposto rispetto a quanto abbiamo riferito finora. Lo spunto ci è stato offerto dalla dichiarazione congiunta a conclusione dei lavori della Conferenza Episcopale della Scandinavia in cui si riferisce di un notevole aumento del numero dei seminaristi, ben 60, su una popolazione complessiva di 250.000 cattolici che risiedono in Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda.
Paesi nei quali, come ci insegna la storia più recente, la prospettiva laica è decisamente maggioritaria mentre le confessioni cristiane riformate si trovano in una situazione di disagio per analoghi processi di secolarizzazione e di distanza dalla pratica della fede. E’ pur vero che 250.000 cattolici sparsi in 5 nazioni non costituiscono un grande numero, ma l’aumento del numero dei candidati al sacerdozio – 60, quasi uno ogni 4.000 cattolici, restituisce l’immagine di una chiesa che non è affatto in disarmo e che, anzi, guarda all’immediato futuro con una buona dose di ottimismo tanto da voler pianificare una vasta opera di evangelizzazione unitamente ad un forte impegno ecumenico.
Dinanzi a questi dati è lecito mostrare stupore e magari provare a dare una spiegazione. Nel fare ciò, tuttavia, è opportuno non abbandonarsi ai facili trionfalismi, così come è meglio non enfatizzare troppo l’intervento della Provvidenza che, in ogni caso, non cessa mai di far mancare i suoi doni alla Chiesa.
Per questi motivi, lasciando magari ad un sociologo delle religioni la responsabilità di una spiegazione improntata a criteri di scientificità, riteniamo in prima battuta che quanto avvenuto in questi paesi sia l’anticamera di quello che sicuramente accadrà nei prossimi anni: di fronte all’assottigliarsi del numero complessivo dei cattolici praticanti, le chiese divenute numericamente minoritarie in contesti culturali indifferenti o addirittura ostili alla fede religiosa, dovranno per forza di cose impegnarsi nel restituire una immagine complessiva forte e decisa di fedeltà al Vangelo e di perseveranza nel rispetto dei valori essenziali (non negoziabili).
Convinzione la nostra che si fa più forte anche con riferimento al documento che abbiamo citato all’inizio, laddove nella parte conclusiva afferma che “L’ambiente più favorevole alla vocazione al sacerdozio è ogni comunità cristiana che ascolta la parola di Dio, che prega con la liturgia e testimonia con la carità”.
Nulla di nuovo, verrebbe da dire, ma ciò non è affatto scontato e la storia della Chiesa in 2000 anni ha dimostrato, e continuerà a farlo anche nel futuro, che ogni nuova partenza, in fondo, ha inizio sempre con l’essenzialità di ciò che Cristo le ha detto di fare: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. (Matteo 28, 19)