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S.o.s. mental coach: fattori di crisi all’interno di un team

Da Certifiedmentalcoachitalia

In una squadra sportiva cosa viene fatto per stabilire il percorso di crescita dal punto di vista mentale? Esiste all’interno dello staff qualcuno che abbia competenze e capacità volte ad accrescere e gestire il team tanto nella sua totalitá quanto nelle sue individualità? Spesso si ricorre ad un esperto solamente quando il team è in un periodo e stato di crisi. Come dovrebbe approcciarsi quindi un Mental Coach rispetto a questa situazione?

Una squadra sportiva nasce e prende forma durante la stagione in funzione della programmazione che è stata fatta all’inizio da parte del Club di appartenenza e dello Staff che si è creato al fine di condurre tale Team. Questo “ménage à trois” nasce, si sviluppa e vive in funzione di dinamiche si spera stabili ma che nel corso della stagione possono rivelarsi alquanto fragili.

Il club stabilisce in accordo con lo staff il tipo di attività che verrà svolta, gli obiettivi da raggiungere e le conseguenti strategie da adottare, ed allo stesso modo il team dovrà saper concretizzare ció che gli viene richiesto. In genere negli sport di squadra di alto livello lo staff è composto da un Capo Allenatore (e dai suoi collaboratori di tipo tecnico/atletico/tattico) da un Medico (e dai suoi collaboratori atti a prevenire e/o riabilitare dagli infortuni) e da un Team Manager (figura utilissima e necessaria che si interfaccia con il club, il team e lo staff stesso al fine di gestire e risolvere le diverse necessità). Queste tre figure pianificano la stagione nella pre-season in maniera minuziosa dal punto di vista tecnico, atletico e preventivo, tattico, logistico, al fine di far crescere il team di lavoro e raggiungere gli obiettivi preposti di breve, medio e lungo periodo.

Viene fatto altrettanto per stabilire un percorso di crescita dal punto di vista mentale? Esiste all’interno dello staff qualcuno che abbia competenze e capacità volte ad accrescere e gestire il team tanto nella sua totalitá quanto nelle sue individualità? Purtroppo la risposta è negativa e si ricorre ad un esperto solamente quando il team è in un periodo e stato di crisi. Come dovrebbe approcciarsi quindi un Mental Coach rispetto a questa situazione?

Prendere un “treno in corsa” è cosa diversa rispetto a quando si trovi fermo in stazione ed allo stesso modo intervenire a stagione in corso da parte di un mental coach è cosa assai complessa rispetto alla possibilità di lavorare con un team fin dall’inizio. Cosa fare quindi?

L’esperienza accumulata negli anni mi ha insegnato ad “ASCOLTARE TUTTI SENZA CREARE PREGIUDIZI”.

Quando si viene contattati per gestire una situazione di crisi all’interno di un team sportivo generalmente il Club, nella persona del Direttore Generale o Sportivo (i dirigenti), tende a descrivere la situazione dando delle spiegazioni e facendo considerazioni che non possono mai essere oggettive. Per questo motivo non bisogna soffermarsi sulle prime informazioni ricevute da coloro che vivono la situazione tanto come proprietari quanto come tifosi. Ritengo che il primo step sia rivolto all’analisi della situazione ed all’ascolto di tutte le figure coinvolte. Dopo aver ascoltato il Club, è necessario soffermarsi a parlare con il capo allenatore cercando di capire in primis come sta vivendo la situazione, facendosi poi elencare i motivi della crisi e dividendoli per aree di competenza (tecnica, atletica, tattica, medico-preventiva, logistica, gestionale). Inoltre sarebbe interessante capire se l’allenatore riconosca di aver commesso qualche sbaglio durante il percorso oppure pensi che gli errori siano stati commessi da altri membri del suo staff.

Team e fattori di crisi - Paolo Amendola Mental Coach

Sicuramente capiterà di ascoltare considerazioni di tipo personale su qualche singolo atleta o sulla dirigenza e sarà importante annotare tali opinioni, senza perdere di vista un aspetto: in questa prima fase bisogna solo acquisire informazioni senza dare giudizi. Dopo aver parlato con l’allenatore è necessario soffermarsi ad ascoltare singolarmente gli altri membri dello staff. Preferisco parlare direttamente con ogni membro dello staff, senza fare una riunione comune, perché in genere l’allenatore esprime pareri ed opinioni personali che rispecchiano anche il pensiero dello staff; ma allo stesso tempo i singoli collaboratori, senza il capo che li ascolta, potrebbero aver qualcosa di diverso da dire in merito. Spesso capita d’ascoltare alcune informazioni già sostenute dal Club oppure dal capo allenatore e quasi sempre accade che vengano riferite altre opinioni (da parte del team) del tutto nuove con soggetti lo stesso Club e l’allenatore. È normale che in questa fase di ascolto si registrino informazioni tanto simili quanto discordanti, anche perché in caso contrario sarebbe stato semplice aver avuto una spiegazione unica del problema e quasi sicuramente non ci sarebbe stato un coinvolgimento di un esperto per sanare la situazione.

Last but not least è importante soffermarsi a parlare con il team, stabilendo un primo incontro comune con tutti gli atleti, per poi parlare singolarmente con ognuno di loro. Da questo punto di vista ritengo altamente necessario ascoltare prima tutti insieme e poi uno alla volta, poiché con questo piccolo “trucchetto” si può già intuire qualcosa di importante in merito alle dinamiche di gruppo all’interno del team. Diventa necessario presentarsi come una terza parte, cercando di far comprendere alla squadra che qualsiasi cosa venga detta non sará riportata né al club né tantomeno allo staff. Creare fiducia e manifestare empatia diventa necessario per creare un legame forte con il team di lavoro, anche perché sará soprattutto con lo stesso che si interagirà per migliorare la situazione di crisi. È fondamentale che gli atleti capiscano che il mental coach che si trovi di fronte a loro, sia una persona in grado di comprendere ció che sentono e pensano, al fine di realizzare interventi utili nei confronti del collettivo e del singolo.

Dopo aver ascoltato tutte le persone in gioco a questo punto è necessario sintetizzare i concetti ascoltati per poter passare alla seconda fase del proprio intervento.

 

I FATTORI DI CRISI ALL’INTERNO DI UN TEAM

I fattori di crisi all’interno di un team possono essere molteplici, anche se generalmente se ne riscontrano alcuni ricorrenti.

S.O.S. MENTAL COACH:  FATTORI DI CRISI ALL’INTERNO DI UN TEAM

1. MANCANZA DI FIDUCIA 

La mancanza di fiducia da parte del singolo nei confronti di un’altra persona o gruppi di persone, appartenenti al proprio “gruppo” e non, è uno dei principali fattori di crisi all’interno di un team. Avere fiducia di una persona e di un team significa credere nell’integritá e nella forza dell’altro e del team; ció fornisce sicurezza e protezione e consente al singolo di aprirsi. Essere “aperti” in una situazione di crisi viene vissuto come essere vulnerabili, ció comporta una perdita di fiducia che porta come diretta conseguenza una mancanza di: collaborazione, creativitá, produttivitá. Tutto ció porta il singolo a proteggere se stesso ed i propri interessi, minando al contempo sia la fiducia in se stessi che l’autostima.

 

 2. MANCANZA DI MOTIVAZIONE

La mancanza di motivazione (e di entusiasmo) è un altro fattore che si riscontra sovente in una situazione di crisi all’interno di un team. Le cause possono essere molteplici, come ad esempio:

  • Mancanza di fiducia in se stessi e/o negli altri
  • Ansia
    • di un ulteriore insuccesso
    • di commettere errori
    • di prendere decisioni sbagliate
  • Assenza di un corretto numero di stimoli ed incentivi

Queste ed altre cause portano ad un livello molto basso se non nullo di motivazione nel raggiungimento degli obiettivi; inoltre anche nei pochi momenti in cui siamo attraversati da entusiasmo, la mancanza di comprensione di queste cause comporta soprattutto nei momenti di crisi una perdita di interesse e conseguente motivazione nell’affrontare le situazioni.

 

3. COMUNICAZIONE NON EFFICACE O ERRATA

Nella gestione dei team ed alla base delle dinamiche di gruppo ci si sofferma spesso a parlare di comunicazione. Noi tutti sappiamo che è impossibile non comunicare e partendo da questo assunto è importante riconoscere l’alto potere della comunicazione sia in senso positivo che negativo. Nelle situazioni di crisi all’interno di un team una delle cause di maggior insuccesso è rivestita dalla comunicazione inefficace o errata che è caratterizzata da alcuni aspetti comuni: i messaggi che vengono “passati” spesso non sono diretti, completi e specifici, mancano di chiarezza e coerenza (importante all’interno delle dinamiche di gruppo). Inoltre all’interno del processo comunicativo, molto spesso ci si dimentica il ruolo fondamentale che riveste la capacità di ascolto, basti pensare che la metà del tempo che spendiamo per comunicare riguarda proprio questo aspetto. Purtroppo non ci si chiede di contro come mai le persone siano portate a non ascoltare e tutto ció ha un effetto negativo sul processo comunicativo all’interno del team. In genere si tende ad ascoltare in maniera frammentaria e passiva qualcuno quando riteniamo che ció che abbia da dirci sia noioso, oppure non ci piaccia il modo con cui questa persona stia comunicando. Per questo ci si distrae e si finge attenzione senza poi essere realmente coinvolti.

In generale una comunicazione errata all’interno di un team, o tra individui che lavorano in maniera complementare per raggiungere degli obiettivi, porta alla lunga a costruire dei pregiudizi o dei veri e propri giudizi negativi nei confronti dei singoli. Tutto ció genera inizialmente un senso di incomprensione e chiusura, portando col tempo ad un senso di impotenza nei confronti dei continui insuccessi che si verificano.

 

 4. MANCANZA DI ATTENZIONE

“Essere attenti” all’interno di un team di lavoro significa essere “attivi” in relazione alle informazioni provenienti dalle diverse personalità in gioco. La mancanza di questo fattore porta a perdere il focus sui propri obiettivi e su quelli comuni e di conseguenza sfocia in una mancanza di interesse a svolgere i propri compiti. Alcune delle principali cause per mancanza di attenzione sono dovute a:

  • INSODDISFAZIONE PER LA PRESTAZIONE PRODOTTA
  • INADEGUATEZZA ALL’INTERNO DEL TEAM
  • AMBIENTE POCO STIMOLANTE
  • DISTRESS

Queste e altre cause sono alla base di una mancanza di attenzione, ma soprattutto minano l’impegno e la partecipazione che il singolo dovrebbe avere nei confronti del processo di lavoro all’interno di un team.

Oltre ai fattori di crisi elencati ve ne sono tanti altri che caratterizzano (in negativo) la situazione di un team e per questo motivo bisogna avere una certa elasticità nei confronti dei diversi contesti.

DINAMICHE DI SQUADRA E MENTAL COACHING

Equilibrio di squadra e mental coaching - Paolo Amendola

A livello operativo la metodologia d’intervento nei confronti del team e di coloro che lo gestiscono è caratterizzata dai seguenti step:

 

I. CAMBIARE IL PUNTO DI VISTA

“È proprio quando credete di sapere qualcosa che dovete guardarla da un’altra prospettiva. Anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovete provare”. Credo che questa frase tratta da un celebre film descriva sinteticamente quale debba essere il primo approccio da parte delle persone coinvolte all’interno di una situazione di crisi. Continuare a guardare una situazione sempre dalla stessa angolazione non serve a nulla, se non a rimuginare sul passato appena trascorso. Focalizzarsi sui problemi serve solo a permanere in uno stato di negatività e torpore, trovare soluzioni cambiando il focus ritengo sia l’atteggiamento giusto e positivo per iniziare un percorso di risalita.

 

II. FORNIRE OBIETTIVI INDIVIDUALI

In condizioni di crisi a mio avviso la metodologia di lavoro da adottare nei confronti di un team va ribaltata rispetto al consueto modus operandi in condizioni di normalità. Infatti diventa preponderante fornire in primis obiettivi individuali e poi in secundis obiettivi di squadra. Un team in crisi sicuramente vive una situazione di fragilità e vede minate tutte le prerogative che lo rendono tale, quali ad esempio: obiettivi comuni da perseguire, mutua responsabilità nello svolgimento dei compiti, senso di appartenenza, interdipendenza. Per questo in questa prima fase diventa necessario:

  1. RIDEFINIRE LE ASPIRAZIONI PERSONALI (registro degli obiettivi s.m.a.r.t.)
  2. SCEGLIERE UN SINGOLO OBIETTIVO
  3. DEFINIRE I PROPRI TRAGUARDI
  4. IMMAGINARE IL SUCCESSO
  5. STABILIRE UN TERMINE

Dobbiamo in sostanza capire cosa desidera il singolo e mostrargli come ottenerlo. In questa fase il lavoro del Mental Coach deve giá essere orientato allo scopo finale, ovvero quello di ricreare nuove condizioni che portino la squadra a ritornare effettivamente un team e non un gruppo.

 III. FORNIRE OBIETTIVI COLLETTIVI

Nel momento in cui le singole individualità iniziano a interiorizzare le nuove strategie per raggiungere gli obiettivi individuali preposti, è possibile fornire obiettivi collettivi facendo leva sul fatto che il team possa vivere questo momento come un’opportunità di rilancio. Tale energia collettiva va indirizzata verso obiettivi facilmente realizzabili nel breve termine al fine di dare una sensazione immediata di fiducia ed autostima, affinché possa essere raggiunto il dream che la squadra insegue. Solo in questa fase è necessario far capire al team che gli obiettivi collettivi dovranno essere anteposti ai bisogni individuali.

 

IV. FOCALIZZARSI SULLA PRESTAZIONE E NON SUL RISULTATO

Cambiare rotta ed ottenere risultati immediati non deve essere una priorità; è importante porre il focus sulla prestazione e non sul risultato. La valutazione della performance ed il conseguente feed-back sono i principali strumenti che permettono al Mental Coach e lo Staff di dare un rinforzo positivo al team che di contro si concentra al raggiungimento degli obiettivi preposti in un’ottica prestativa. È bene che il team percepisca che la prestazione non è casuale, laddove l’impegno e la costanza in allenamento siano stati adeguati; mentre il risultato dipende da una serie di fattori che non sono solamente legati al team stesso. In definitiva non bisogna temere l’insuccesso poiché non è altro che un risultato negativo.

 

 V. REGISTRARE UN DIARIO DEI PROPRI SUCCESSI

Ogni sportivo nella propria vita ha avuto alcuni successi indipendentemente dal livello e valore. Per questo motivo, riassumere i diversi tipi di successo raggiunti aiuta a rivivere sensazioni positive ed allo stesso tempo fornisce autostima, fiducia e sicurezza nel presente. Il senso di sconforto e dubbio possono essere gestiti ed allontanati, grazie anche ad una visione positiva e concreta di ció che si è fatto e prodotto negli anni sportivi precedenti.

 

Sicuramente la strada per uscire da una situazione di crisi non è immediata, ma necessita di tempo, sacrifici e pazienza. Purtroppo molte volte il tempo è poco e i club sportivi pretendono risultati immediati. Ritengo che sia necessario spiegare ai soggetti in questione in maniera del tutto chiara e diretta che il processo di ricostruzione proposto da un mental coach non sia come fare il tagliando ad una autovettura. Ogni persona ha delle risposte del tutto soggettive in funzione degli stimoli che gli vengono forniti e per questo motivo la filosofia del tutto e subito non paga.

Ad ogni modo, l’attività d’intervento dell’ Allenatore Mentale deve essere rivolta nella ricerca di quei “bottoni” che sicuramente non sono stati premuti, facendo leva sulle motivazioni individuali.

Ognuno possiede delle capacità che stanno solo aspettando di essere attivate; trovare il pulsante d’accensione è compito del Mental Coach.

Secondo te, qual è la dinamica di squadra più complessa da risolvere? Lascia la tua esperienza nei commenti, il confronto sarà utile a tanti!

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