Alcuni mesi fa venni in contatto con questo articolo mentre giravo nei meandri di facebook. Molti approvarono quanto riportavo. Ci fu un mio compagno di corsi che espresse la sua posizione di non accettazione di Kierkegaard in modo vivo. Fa strano leggere un uomo che esprime la sua sensibilita’ in modo pulito in una liberta’ di questo tipo. La compagna che lo ama, e’ una donna molto fortunata. Lui non ha paura di amare se riconosce che quello e’ il momento giusto, la cosa, la persona verso la quale andare a costo di cambiare l’intera propria esistenza.
Non ho mai studiato filosofia nella mia vita, almeno non alle scuole superiori. Ho avviato una ricerca del tutto diversa per fatti miei, col tempo, scegliendo tra la collezione di libri che raccolsi collezionando volumi che oggi conservo nella mia camera.
“La ama troppo per accettare di vivere una singola vita con lei. Vorrebbe amarla nell’infinito. Ma l’infinito non appartiene alla creature, che riconoscono l’eternità solo nella infinita differenza qualitativa che li separa da Dio. Allora: “Aut-Aut”. O distruggere, esperendola, la vita con lei; oppure lasciarla, abbandonarla per sempre, e soffrire indicibilmente. Tornato dalla sua passeggiata a Gilleleje, il ventottenne Søren Kierkegaard sceglie la seconda opzione. La lascia. Senza nessuna spiegazione. Lei tenta il suicidio. Lui è sull’orlo della follia. Poi, com’è normale, Regina si rifà una vita. Dopo sei anni sposa il suo precettore, Johan Frederik Schlegel. Kierkegaard ne è profondamente scosso. Lei, che come Arianna da Teseo non seppe mai perché venne abbandonata, lo guarda ogni giorno passeggiare per le vie di Copenaghen.
E lui la pensa, continuamente. A volte vorrebbe parlarle, tornare da lei. Poi si ricorda della sua maledizione. E si ferma. E scrive. Scrive libri geniali che cambiano per sempre la filosofia europea; ma non li firma col suo nome, quel nome di un uomo che non voleva esistere. Gli autori sono tanti, maschere di una personalità che si celava a se stessa: Victor Eremita, Johannes de Silentio, Costantine Costantius. Lui, Søren Kierkegaard, è nascosto dietro di essi. Ciò che non disse a lei – il perché lui l’abbandonava – diventa così il tema fondamentale della moderna filosofia occidentale. Poi un giorno di primavera del 1855 gli arriva la notizia: Regine lascia Copenaghen. Seguiva suo marito alle Isole Vergini, allora dominio danese. Søren la cerca invano nel centro della città per dirle addio. Ma non la trova. Poi lei sbuca improvvisamente da una via. “Volevo solo dirti che ti ho perdonato. E che non ho mai smesso di amarti. Dio ti benedica. Spero tutto il meglio per te”. Lui non riesce neanche a risponderle. Rimane impietrito, la saluta con un cenno del cappello. E la vede scomparire. Passano quattro mesi. Mentre passeggia per Copenaghen, Kierkegaard sviene. Muore per cause misteriose. Muore di dolore. Quando Regine torna dai Caraibi, nel 1860, scopre che lui le ha lasciato in eredità tutto: i suoi risparmi, i libri, la casa. Come fosse sua moglie. Come se avessero potuto viverla, la vita. Come se l’amore fosse stato più forte dell’angoscia. Alla notizia della morte del filosofo, la donna si sentì mancare il terreno. Non capiva più il mondo. Era spaesata in un modo terribile, quasi non sapesse più dove si trovasse. Una sensazione orribile, identica a quella di vent’anni prima. Quando lui, senza nessuna ragione, l’aveva lasciata. ”
Trovo sia assurdo essere impossibilitati a muoversi. Rimanere condannati a un giudizio lesivo di chi ha condizionato la tua crescita attraverso la paura, l’abbandono o una lontananza. Ho scelto di selezionare questi punti poiché li trovo davvero intensi.
Io credo che l’acqua del fiume torna sempre al mare, nel bene o nel male. Ancora una volta dico, voglio affermare, che la giustizia esiste.
Tutti abbiamo bisogno di nuove possibilità. La volontà fa la differenza.
Questo stralcio mi commuove immensamente, l’intero articolo cliccando qui.
Sono in cucina, scrivo da cellulare. Il cane ringhia vicino alla finestra – forse ha sentito un gatto. Piove. La tv manda in onda pacchi, mi faccio una tisana.
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