La bomba scagliata da monsignor Charamsa proprio alla vigilia del Sinodo della Famiglia ha avuto un impatto detonante pari a quello delle bombe che stanno cadendo dai Mig russi sulla Siria. Ci sono molte chiavi di lettura e molte domande (ma quante risposte?) sul coming out del presbitero polacco, che ha acceso ancora di più i riflettori su un Sinodo sul quale sono state generate fin troppe aspettative. Prendo spunto da due letture, che vi riporto come sempre in fondo al post: due articoli con posizioni diverse, dalle quali ho colto alcune considerazioni interessanti.
- La Chiesa è in evidente difficoltà, questo è un dato di fatto. Nonostante Papa Francesco stia riuscendo a scardinare il pensiero anche dei più scettici, la Chiesa per definizione è comunità e come tale ha in questo periodo storico una scarsa forza propulsiva. Il mondo corre, la società si evolve, ma la Chiesa non riesce a dare risposte, lacerata dalle lotte intestine tra ultraconservatori e progressisti. È il caso del Card. Ruini, che insiste sul fatto che i divorziati risposati non meritino la Comunione. Perché? La risposta non può essere solo "le Scritture parlano chiaro": non tutto è banalizzabile infatti nel concetto di adulterio. Una donna che per anni ha subìto violenze dal marito e ha trovato il coraggio di denunciarlo, non merita di ricominciare una vita nuova e di poter fare la Comunione, qualora lo desideri? Un partner tradito deve essere considerato peccatore alla stregua del partner traditore?
- Sulla questione degli omosessuali, siamo fermi al 1986, quando l'allora cardinale Ratzinger, nel documento Cura pastorale delle persone omosessuali, scriveva: "Occorre invece precisare che la particolare inclinazione della persona omosessuale, benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l'inclinazione stessa dev'essere considerata come oggettivamente disordinata". Trent'anni dopo, la posizione è rimasta la stessa, omofoba e giudicante. E vedere l'omosessualità come un disordine è roba da Pleistocene.
- L'uscita di Charamsa è stata a dir poco infelice e qui mi trovo d'accordo con don Maurizio Patriciello, prete che lavora nella Terra dei Fuochi, in Campania. Primo aspetto: Charamsa, nelle interviste rilasciate, spiega che ha scoperto l'omosessualità molti anni fa, ancora prima di diventare prete. Dunque la domanda sorge spontanea: perché fare coming out proprio ora, proprio alla vigilia del Sinodo? Secondo: il suo ruolo di teologo istituzionale (membro della Congregazione per la dottrina della fede) imponeva di gestire la questione in maniera più appropriata. Certo, si potrebbe obiettare che se avesse cercato di manifestare la sua situazione in camera caritatis gli sarebbe stato imposto il silenzio, tuttavia per acquisire maggior credibilità avrebbe dovuto scegliere un momento diverso. Terzo: il suo coming out è stato duplice e questo secondo me è stato l'errore più grosso. Il tema del celibato dei sacerdoti non è collegabile al primo aspetto, in quanto vale anche per i sacerdoti etero. Il voler esternare la sua relazione è sembrato ai miei occhi un tentativo (mal riuscito) di giustificare una situazione sfuggita di mano. Se un sacerdote si rende conto della debolezza della propria vocazione, che sia etero o omosessuale, ha il diritto (e anche il dovere, nei confronti della comunità di cui è pastore) di scegliere di abbandonare la tonaca e cambiare strada. Conosco personalmente alcuni ex-sacerdoti che hanno fatto un passo indietro, ma non ne ricordo la conferenza stampa.
Se la Chiesa è sotto attacco, deve fare una profonda autocritica: si occupi dei vari don Gino Flaim, che sostengono che " sono i bambini a cercare affetto"; si occupi di quei cardinali che amano i microfoni, ricordando loro che l'unica parola che dovrebbero professare è la Parola di Dio; ricordi a tutti che sono " beati i puri di cuore, perché vedranno Dio ": ad oggi, la cecità ecclesiale è totale.
Per approfondire:
Il redde rationem della Chiesa tradizionale - dal blog Hic Rhodus
Lettera aperta al monsignore polacco - dal magazine Vita