Domenica mattina, ore 12.30. La ‘povna si avvia nel corridoio dei bagni, appena uscita dalla vasca della piscina comunale (quella cioè di appoggio, nella quale va, oltre che d’estate, la domenica, quando la sua propria è chiusa). Intravede, di là, davanti alla macchinetta delle docce maschili, un gran trambusto: code lunghissime di omini ancora mézzi, che restano lì un poco appesi a colare acqua; brusio che cresce a ogni minuto; sguardi persi. Il bagnino è provvido, per fortuna, ad arrivare.
“Che succede?”.
Succede che qualche genio ha infilato la tesserina sbagliata, incastrando il meccanismo. Non si riesce a toglierla nemmeno sacramentando tutti i santi, la gente ha freddo, l’ora di chiusura si avvicina a grandi passi. Bisogna decidere, velocemente, cosa fare.
“Sono desolato, ma per oggi la cosa non si aggiusta. Non vi resta che andare nelle docce delle donne” – esala il bagnino, con una faccia funebre, per poi aggiungere – “aspettando ovviamente che abbiamo finito prima tutte, in modo da avere vuoto il locale”.
Le ultime parole, a quanto pare, si perdono però tra le esalazioni di cloro e di ormoni, variamente. Perché il poveretto non ha nemmeno finito di parlare, che un’orda di bufali si riversa, pesante, nel locale delle donne.
La ‘povna è senza parole, e non si trattiene certo:
“Ma vi sembra il modo?” – sibila con il suo tono da maestrina insopportabile.
“L’ha detto il bagnino” – la rimbecca un corpulento tricheco a lei di fronte, basso, calvo, con la pancia.
“Veramente, ha detto esplicitamente di aspettare che il locale si vuotasse” – la ‘povna scandisce, gelida.
“Sì. Hai idea di quanto ci mettiamo?” – fa lui, tranquillo. E poi completa: “E comunque non ci vedo tutta ‘sta storia, francamente”.
“Io invece sì. E tra poco anche lei” – sorride la ‘povna.
Il sipario si chiude su questa affermazione. La ‘povna lascia ai lettori il compito di completare la storiella, ché lei, dopo averla già vissuta, non ha più voglia di narrare.
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