Nell’appuntamento quotidiano di Fuori Tg, Maria Rosaria De Medici annuncia che “Stamm’ sotto ‘o cielo”, la filosofia di Napoli, per intendere che nulla è prevedibile e il nostro destino si gioca lontano dalle umane possibilità di controllo.
Fatalisti per abitudine i napoletani. Forse questo atteggiamento nasce anche dal patrimonio genetico ereditato dalla terra vulcanica del golfo partenopeo, dove tutto potrebbe essere sommerso da cenere e lapilli, come nell’antica Pompei. L’ultima eruzione è stata nel 1944 durante la seconda guerra mondiale, ora il Vesuvio è dormiente? Marcello Martini direttore dell’Osservatorio Vesuviano :”L’ultima eruzione è stata appunto nel ’44, come dire, pochi minuti fa dal punto di vista geologico. È dormiente ma va osservato e tenuto sotto controllo”. Perché il Vesuvio, anche se dorme, resta sempre un vulcano, tanto è vero che un osservatorio registra giorno e notte le variazioni nei segnali premonitori di terremoti ed eruzioni.
I napoletani sono scaramantici, ma la questione si è risollevata perchè la zona di emergenza è stata ampliata fino ad includere altri sei Comuni rispetto ai diciotto precedenti. Dunque la porzione di territorio considerata a rischio è stata estesa ad altri sei comuni della cintura vesuviana, arriva a comprendere anche tre municipi napoletani, i rioni Ponticelli, Barra e San Giovanni a Teduccio, nell’area orientale della città.
Perchè si è allargata la zona rossa attorno al Vesuvio? Questa zona è suddivisa in due livelli di pericolosità. Oggi si calcola che in caso di eruzione 800 mila persone avrebbero la cenere sui tetti, il peso dei lapilli potrebbe schiacciare le coperture degli edifici, quelli della zona rossa 2, mentre gli abitanti della fascia 1 sarebbero raggiunti in misura minore dalle ceneri del vulcano.
Cosa sta succedendo sulle pendici del Vesuvio? Nascerà l’Ospedale del mare, pensato per riunire tre ospedali ormai in pessime condizioni e anche se è urgente averlo, rientrerà nella zona rossa, quella cioè che dovrebbe essere evacuata prima dell’inizio di una eventuale eruzione del Vesuvio. Lo ha stabilito la Protezione civile nazionale che ha esteso i confini dell’area di massimo rischio anche a parte della zona orientale di Napoli, e, in particolare a Ponticelli dove appunto sorge il cantiere della grande struttura ospedaliera. Dunque l’ospedale (che per ora non c’è), è costruito nel posto sbagliato. Questione di metri. Verosimilmente anche prima della nuova perimetrazione, la collocazione dell’Ospedale del Mare nella vecchia zona gialla, tecnicamente “a pericolosità differita”, non metteva al riparo la struttura e i suoi futuri ospiti dalla furia distruttiva del vulcano. A maggior ragione, oggi che è inglobato nella zona più pericolosa, è scontato che la certificazione del rischio massimo rinfocoli vecchie polemiche e perplessità sull’ubicazione di una così importante struttura sanitaria in un’area che, secondo lo scenario prefigurato dai tecnici e dagli scienziati, dovrebbe essere esposta al rischio da invasione di flussi piroclastici. Negli scorsi anni, perplessità sull’opportunità di realizzare l’Ospedale del mare a ridosso della vecchia zona rossa sono state espresse da importanti esponenti della comunità scientifica come il geologo Franco Ortolani che ha fatto rilevare che la distanza del nosocomio in costruzione dal cratere del Vesuvio è di appena 7,7 chilometri. Gli effetti di un’eruzione sarebbero devastanti.
Comunque la nuova zona rossa pone anche altri interrogativi. Una eventuale evacuazione dei cittadini che dovrebbero essere trasferiti in case di emergenza in non più di tre giorni. Uno scenario da brivido se si aggiunge ora il problema dello spostamento degli ammalati. Per questo occorre pretendere le massime garanzie sulla sicurezza del personale e dei circa 500 degenti. ” Bisogna dare informazioni corette e precise – afferma Titti Postiglione, dirigente del volontariato e della comunicazione della Protezione civile – tutto sta nella capacità di gestione dei singoli comuni interessati, per noi l’obiettivo è non rivivere un’evacuazione caotica e non efficente, per fare questo abbiamo bisogno di alleati che sono i sindaci dei comuni”. Nella zona rossa ad alto rischio vulcanico la legge regionale vieta l’edilizia residenziale, ma non l’edilizia di servizio perché i servizi vanno assicurati.
E allora ai napoletani come d’abitudine, non resta che alzare gli occhi al cielo… La storia insegna o dovrebbe insegnare. Nel ’79 d.c. l’eruzione uccise migliaia di persone che si trovavano nell’area vesuviana e dopo quella più famosa c’è ne sono state altre disastrose, eppure le sue pendici dopo il progressivo abbandono si sono ripopolate fino all’abusivismo dei giorni nostri, nonostante il Vesuvio non abbia mai smesso di mietere vittime e non si parla solo di storia antica, ben tre di di queste eruzioni violente si sono verificate nel ventesimo secolo e lava e lapilli semidistrussero larghe zone. Dal 1944 il vulcano è silente e tenuto sotto costante controllo dall’Osservatorio vesuviano che registra tutti i segnali di attività. Il progetto che incentivava i proprietari con una rivalutazione delle loro case, e consententiva di costruire altrove, con autorizzazione a una cubatura maggiore, non è servito a nulla. Non ha dato i risultati che la Regione Campania immaginava perché in realtà sono state pochissime le adesioni arrivate. La popolazione di quelle terre vuole continuare a vivere li. Bisogna prenderne atto. E poi, se l’eruzione arriva? Certo, ci saranno segni premonitori, scosse sismiche, la lava ci metterà un certo tempo a percorrere l’interno dell’imbuto vulcanico, ma alla fine bisognerà comunque scappare.
E allora? Stamm’ sott’o cielo…