La scia di quest’avventura lunga un’estate ci ha condotti dalla campagna di due romanzi italiani fino al folto di un bosco sulla costa occidentale degli Stati Uniti, fino all’approdo di oggi al mare. Da una parte c’è il Mediterraneo, culla di civiltà e culti, dall’altra l’Oceano che bagna le coste bretoni, custode di antichi segreti. Giovani lettori, cosa aspettate a immergervi nella lettura?
Un’isola riarsa dal sole, un giovane naufrago in fuga da un banda di spietati guerrieri, una sacerdotessa bambina pronta a tutto pur di sottrarsi al proprio destino. Un coltello di bronzo, un talismano di capelli, un marchio di cenere che attira la sventura. I Corvi. Il Popolo della Pinna. Colui che Scuote la Terra. La Signora delle Cose Selvagge. Uomini, animali, divinità dai nomi maiuscoli si incontrano dando vita ad una cronaca avventurosa e magica.
L’ambientazione è remota: 1500 anni prima di Cristo, nella Grecia dell’età del bronzo, durante la cosiddetta epoca micenea. Hylas è un poverissimo pastore, orfano e esule, che mentre è al pascolo insieme ad un compagno e alla sorellina viene attaccato dai feroci Corvi, che non esitano a massacrare il suo cane e l’amico, e a rapire la bambina. Braccato e ferito, il ragazzo prende la via del mare, confidando nelle parole di un guerriero morente, che ha predetto che la sua salvezza arriverà a dorso di delfino.
E così è: mentre combatte contro uno squalo e una tempesta, a bordo di un guscio di legno al largo delle coste dell’Acaia (l’antica Grecia continentale), Hylas s’imbatte in un giovane cetaceo coraggioso e intraprendente, battezzato Spirit, che lo seguirà fino alle spiagge di una misteriosa isola disabitata e ancora oltre…
Ma il ragazzo non è il solo ad essere in fuga via mare: la keftiana Pirra, figlia di una sacerdotessa dell’antica Creta e promessa sposa ribelle, ha preferito sacrificare la propria bellezza e il proprio lignaggio pur di riconquistare una libertà mai assaporata.
I due giovani si ritrovano ad affrontare insieme i pericoli e i segreti di un’isola dove i delfini si smarriscono come in un labirinto, le grotte cantano con la voce di una antica madre Natura e infuriano fantasmi del passato, capaci forse di trasformare il loro incerto presente.
La voce del delfino è un romanzo denso e rovente, da consumare sotto un sole che brucia la pelle. Solo per poi tuffarsi con una fiammata turchese nel profondo del mare, e condividere le sensazioni dei protagonisti, in lotta con gli uomini, ma in comunione con gli elementi della natura e le divinità che le governano.
Michelle Paver, scrittrice e “avventuriera”, già autrice delle fortunate Cronache dell’era oscura (e del terrorizzante La materia oscura, di cui vi ho raccontato qui), racconta di aver studiato antiche civiltà, nuotato con i delfini al largo delle isole Azzorre, percorso grotte, campeggiato su alture isolate in balia di cinghiali selvaggi, pur di restituirci con un linguaggio preciso e vibrante odori, colori, temperature di un’epoca selvaggia che non c’è più, ma che vorremmo tanto continuare ad esplorare in sua compagnia!
Non solo il Mediterraneo, ma anche i mari del Nord sono custodi di antiche credenze: racconta una terribile leggenda bretone che per placare le divinità marine, offese dalla superbia di un uomo che osò intrappolare una di loro, ogni generazione della sua famiglia debba sacrificare ai flutti uno dei propri membri. Pena lo scatenarsi di una terribile tempesta, tale da cancellare la vita degli uomini e delle donne dalla costa.
Quando Marion si trasferisce in Bretagna con la madre Caroline, nella casa dell’infanzia di quest’ultima a picco sull’oceano, è solo una curiosa ragazzina di città affascinata da uno scenario per lei inedito. Un faro all’orizzonte e inquietanti incisioni su rocce simili a totem, sparse tutt’intorno alla casa e alla spiaggia, la invitano a quello che sembra solo un gioco d’esplorazione. Ma per la sorte della ragazzina sarà più pericolosa l’alta marea, che giunge all’improvviso ad investire litorali e grotte, o le misteriose presenze evocate in un antico diario?
Fra giornate di sole, che fanno brillare il mare di mille liete promesse, e notti tempestose, spezzate solo dalla luce del faro, Marion dovrà ricostruire i tasselli di una storia famigliare e leggendaria, che affonda le sue radici nel mito e nel folklore locale.
Nonostante il racconto abbia le sue premesse in un’attualità familiare tutt’altro che felice (la madre di Caroline è appena morta e le ha lasciato in eredità la vecchia casa; la separazione dei genitori di Marion induce madre e figlia a traslocare ), le due protagoniste si trovano a vivere una nuova vita ricca di incontri ed eventi memorabili. A chi non piacerebbe avere una nuova casa e una spiaggia tutta per sé, trovare un nuovo lavoro con facilità, acquisire una famiglia composta da vicini bislacchi e premurosi (i coniugi Suzanne e Antoine, che si rivolgono l’uno all’altra chiamandosi “mozzo” e “capitano”), scoprire qualcosa dei propri antenati grazie a vecchie fotografie e pazienti ricostruzioni, risolvere un mistero vecchio di un secolo?
Il ritmo imposto dallo sceneggiatore Mathieu Reynès alla narrazione è fatto di scene quotidiane, ben dialogate con spontaneità e sintesi, a cui si alternano sequenze all’aria aperta dal più ampio e suggestivo respiro. Le accompagnano perfettamente le illustrazioni di Valérie Vernay, in grado di ritrarre personaggi stilizzati e al tempo stesso realistici con grazia e segno preciso, sullo sfondo di bellissimi scenari costieri tinti di oro, turchese e smeraldo, capaci di incantare e al tempo stesso inquietare piacevolmente i lettori da 10 anni in su.
Per saperne di più su questo graphic novel, scorretene le bellissime immagini sul blog Tipitondi, leggete l’intervista agli autori, visitate il blog dell’illustratrice Valérie e dell’eclettico e prolifico Mathieu (sceneggiatore e a sua volta anche disegnatore).
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Immagini e testi di La memoria dell’acqua sono pubblicati per gentile concessione della casa editrice. Tutti i diritti riservati.