Qualche giorno fa ho incontrato un’amica, ottima lettrice.
“Ho letto l’ultimo Houellebecq”, le ho detto, “Devi leggerlo”.
“L’ho comprato, ma non so se lo leggerò”.
“Perché?”
“Houellebecq mi fa paura”, è stata la sua risposta.
Com’è possibile che uno scrittore – tra l’altro vincitore del Premio Goncourt 2010 con La carta e il territorio – possa incutere tanta paura?
Anche i sistemi sociali seguono questa legge naturale. Quando entrano in crisi i valori di una società, s’affacciano sulla scena nuovi soggetti portatori di valori apparentemente capaci di colmare il vuoto che si è venuto a creare. E laddove il sistema politico-economico non si dimostra più in grado di garantire il benessere dei cittadini, esso viene via via sostituito da un altro che si proclama capace di abbattere la disoccupazione e la povertà, di garantire più sicurezza, magari al prezzo della restrizione di libertà che si reputavano inviolabili.
Ma non sempre ciò che va a sostituire è ‘migliore’ del sistema precedente. Anzi.
Le società occidentali e, in particolare quelle europee, sono da tempo in crisi. Una crisi etica e economica che le rende vulnerabili di fronte alle forze che avanzano. Fra i vari indicatori ce n’è uno oggettivo: quello demografico. Che futuro può avere un paese in cui le morti superano le nascite? Tanto più se lo squilibrio demografico è legato a una visione individualista, consumistica e laica della vita? Fenomeni come globalizzazione ed emigrazione non possono che acuire e rendere drammatico questo decadimento.
Quale potrà mai essere la forza politica e sociale capace di risollevare le sorti del Vecchio Continente? Non si tratta di una domanda di fantapolitica. Né è fantapolitica la risposta che Michel Houellebecq dà nel suo ultimo romanzo Sottomissione.
Questa è la realtà che in cui viviamo, osserva com’è ambigua, sfuggente, incerta. Come ti ci trovi?
Sottomissione non fa eccezione. La scrittura è più rotonda rispetto ai libri più ‘lontani’ di Houellebecq, ma non meno penetrante.
Ambientato per lo più a Parigi in un vicino 2022, ha come protagonista e voce narrante un quarantenne, François, professore universitario, tra i pochi studiosi di Huysmans.
François è un uomo di una normalità assoluta. La sua vita coincide con una carriera universitaria tanto diligente quanto anonima: in mancanza della vocazione all’insegnamento, quel minimo di entusiasmo iniziale è andato diluendosi in una routine impiegatizia, sorretta solo dalla certezza del posto fisso e dal privilegio di incontrare giovani studentesse.
Le relazioni di François sono stinte, timorose, segnate dall’assenza di una famiglia andata ben presto in frantumi: da anni non ha rapporti col padre, né con la madre. Il primo si è rifatto una vita con una donna più giovane di lui, la seconda non ha superato il trauma della separazione e morirà in solitudine. François lo saprà solo perché la burocrazia lo cercherà per assolvere ai doveri di sepoltura. È l’esempio della crisi assoluta di un’altra istituzione sociale.
La sua vita scorre superficialmente e lui si disinteressa di tutto ciò che gli accade intorno. Nessun interesse per la politica, né per i rivolgimenti sociali che vanno verificandosi in una Francia sempre più lontana dai valori illuministici, sempre più destroide, sempre meno liberale e socialdemocratica. Solo quando si profila una minaccia diretta alle sue sicurezze borghesi, François inizia a prendere atto del cambiamento in corso.
L’occasione è data dalle nuove elezioni presidenziali. Tra i favoriti c’è un uomo nuovo, il candidato della Fratellanza musulmana. Gran comunicatore e visionario, ha in mente un progetto di islamizzazione, non solo della Francia, ma dell’intera Europa con l’annessione di paesi come Marocco, Algeria, Libia, Turchia. L’unica candidata in grado di tenergli testa è Marine Le Pen, figlia del fondatore del Fronte Nazionale. Degli altri partiti della tradizione sopravvivono ridicoli rimasugli – come quello socialista – che in ogni caso da soli non in grado di raccogliere un significativo consenso. Tuttavia, proprio l’inedita alleanza tra il Fronte Musulmano e il partito socialista permetterà al candidato musulmano di vincere le elezioni. È la brutale implosione del sistema di opposizione binario centro-destra/centro-sinistra.
Questa vittoria sconvolgerà la vita di François, solo in apparenza. Houellebecq descrive il progressivo, inarrestabile processo di sottomissione della società francese alla legge islamica. Provate a immaginare cosa significherebbe. Provate a immaginare se domani al lavoro non trovaste più nessuna collega. Provate a immaginare di andare in un negozio di abbigliamento e non trovare più i soliti, provocanti abiti femminili. Provate a immaginare un’università pubblica in cui possano insegnare solo docenti convertiti all’Islam.
Di fronte al crollo di modelli considerati eterni, compreso quello cattolico, potrebbe avere gioco facile un sistema di regole ‘divine’ che definiscano con incrollabile certezza cosa si deve e non deve fare, chi può fare e chi no, cosa indossare e cosa mangiare, quante volte al giorno pregare e anche quante mogli spettino agli eletti, quale paradiso attenda i fedeli e quale morte tocchi a chi non si allinea. Poco importa se in cambio questo sistema – come tutti quelli totalitari – richieda assoluta sottomissione.
Sottomettersi è bello perché altri pensano e decidono per te: sembra che il culmine della felicità umana consista proprio nella sottomissione più assoluta, dice uno dei personaggi chiave del romanzo. Basta guardarsi attorno per comprendere che questa sottomissione è già in atto da tempo e non occorre attendere l’avverarsi della profezia di Houellebecq per aprire gli occhi sulla realtà.