Soul Flower Train (ソウル・フラワ・ートレイン , Soul Flower Train). Regia: Nishio Hiroshi. Soggetto: dal manga di Robin Nishi. Sceneggiatura: Nishio Hiroshi, Uehara Miyuki. Fotografia: Takagi Fūta. Montaggio: Uehara Takuji. Interpreti: Hirata Mitsuru, Marin, Sayoko, Owada Kensuke, Suruga Taro, Otani Mio, Kusumi Kaoru. Produttori: Maeda Kazutoshi, Tomoyama Masaki. Durata: 97 minuti, Uscita in Giappone: 31 agosto 2013.
Link: Trailer - Mark Schilling (Japan Times)
Punteggio ★★★
Amamoto (Hirata Mitsuru) vive con la moglie a Oita nel profondo sud del Giappone. La loro figlia è andata a Osaka da anni a studiare danza e Amamoto, armato solo di una vecchia fotografia di quando lei era bambina, decide di andarla a trovare. Abituato alla placidità della vita nel suo paesino di provincia, già sul traghetto si fa rubare il portafoglio da un tipo tanto affabile quanto inaffidabile. Alla scena assiste Akane (Marin), una ragazza molto più giovane e scafata di lui. Akane, con destrezza ancora maggiore, ruba al ladro il portafoglio di Amamoto e glielo restituisce. In attesa di incontrare la figlia, occupata al lavoro fino alla sera, Amamoto accetta di andare in giro per la città con questa strana amica. Lei lo guida alla scoperta di quelle che per lui sono piccole e grandi novità. In questo giro, capita anche in un locale di spogliarello dove lavora come tecnico delle luci un amico di Akane e su insistenza dei due giovani, Amamoto assiste per la prima volta a uno spettacolo di spogliarello e in particolare all’hana densha. La sera incontra finalmente la figlia (Sayoko) e nonostante la gioia di entrambi per essersi ritrovati, piano piano si insinua in lui il tarlo che la sua amata bambina non faccia la danzatrice ma viva una realtà molto più oscura.
La locuzione hana densha (flower train, da cui il titolo), indica una carrozza di un treno decorata a festa per qualche evento particolare, come la nascita dell’Imperatore o l’apertura di un grande magazzino. Dal 1912 indica anche le carrozze per sole donne, istituite per impedire le molestie sessuali in treno. Esiste però un altro significato molto diverso, riferito a un fenomeno nato anch’esso all’inizio del ‘900 a Osaka, che consiste in un sottogenere particolare dello spogliarello in voga soprattutto fino agli anni ‘70. Le artiste, che tali sono considerate, dello hana densha sono specializzate nel compiere alcuni esercizi con i muscoli vaginali, come suonare una trombetta, spezzare una banana e, soprattutto, scrivere con un pennello.
Il film di Nishio Hiroshi – tratto da un manga di Robin Nishi, noto soprattutto per Mind Game, che nel 2004 diventò a sua volta un anime di grande successo - si riferisce a quest’ultimo fenomeno, cui è stato aggiunto nel titolo la parola “soul”, anima.
Giocando un po’ con le parole, verrebbe da dire che il film stesso è fatto con l’anima, o meglio con amore. I profili delle persone o i caratteri degli ambienti sono curati con attenzione, senza mai troppo spiegare ma facendo capire con pochi tratti significativi. Così, Amamoto, da “vecchio zio” di provincia, imbranato e un po’ rimbambito, mostra pian piano una storia vissuta e un’interiorità articolata al punto da consentirgli di comprendere la radicale diversità della figlia rispetto all’immagine che aveva di lei. Oppure Akane, apparentemente spavalda e intemerata, rivela un’infanzia drammatica e una paura della solitudine che sconfina nella dissociazione. Con pochi tocchi, Nishioi fa diventare la vicenda di Akane e dei suoi tormenti una storia parallela. Allo stesso modo anche la città di Osaka – “la Napoli del Giappone” – assume un ruolo nella storia, mostrando la sua variegata umanità, calorosa e furbesca allo stesso tempo, molto diversa dalla compostezza fredda di Tokyo.
Di pari passo con questa attenzione per i protagonisti e le loro vicende, traspare l’amore per il cinema e i suoi personaggi. Citazioni si ritrovano qua e là lungo tutto il film. Le due più divertenti sono una all’inizio, quando Amamoto vede una sala di giocatori di shogi (gli scacchi giapponesi). Chiede ad Akane che cos’è e quando lei glielo spiega, lui ricorda di aver visto quel gioco in un film. Lei pensa si tratti di un pellicola con Akai Hidekazu (un noto attore televisivo e cinematografico degli ultimi vent’anni) e lui risponde di no, era un film con Bandō Tsumasaburō (uno dei più famosi attori del cinema giapponese dei primi decenni, famoso per i suoi ruoli di spadaccino). La seconda è quando, continuando nel loro girovagare i due passano davanti a un cartellone di una sala cinematografica dove proiettano Showa zankyokuden karajishi botan con Takakura Ken e Amamoto si esalta mimando le movenze da “duro” di Takakura. Saranno proprio quelle movenze che gli consentiranno di tirar fuori dai pasticci Akane alla stazione di polizia, recitando, un po’ sopra le righe a dire il vero, la parte dello yakuza.
Nishio Hiroshi, sebbene sia poco più che un esordiente, scavalca fin da subito lo stereotipo della storia del provinciale in città e dimostrando una notevole capacità di dosare toni e spazi per le varie situazioni, riesce a confezionare un film che ci avvolge piano piano ma in profondità. [Franco Picollo]