E per una volta i tanto vituperati suoni bombastici della Nuclear Blast ci azzeccano proprio bene. Forse abbiamo trovato lo scopo definitivo di questa casa discografica: pubblicare i dischi dei Sabaton. Anzi, io ai tizi della Nuclear Blast vorrei proprio consigliare di disfarsi di tutta quella pletora di gruppacci arrabbiati con la vita e dedicarsi esclusivamente alle gesta bellico-musicali dei Sabaton. O magari tenersi i Sabaton come gruppo di punta per pagargli dei costosissimi tour in giro per il mondo, cosicché possano montare sul palco degli enormi carrarmati sputafuoco (come facevano gli Iron Maiden ai tempi di quella porcata di A Matter of Life and Death) e a contorno lasciare, che so, Doro a dirigere il coro delle groupie urlanti, magari la fai pure salire sul palco a strusciarsi a ritmo power metal contro i forzuti ‘membri’ del gruppo (e comunque poi la puoi sfruttare in quanto donna per ricucire i pantaloni che si stracciano durante gli show per la troppa putenza virile), oppure trasformare gli Edguy in una cover gay band dei Sabaton, oppure ancora chiamare un bravo chirurgo estetico per applicare sulle chiappe degli Epica le stesse placche di alluminio che Brodèn ha cucite sul suo fantastico gilet e farli rincorrere dai pastori tedeschi sul palco mentre i ragazzi intonano Resist and Bite, oppure, ancora, costringere Holopainen a fare un altro disco a tema, tipo The Life and Times of Joakim Brodén. Sono tutte idee modeste, insomma, ma cerco di fare la mia parte. I Sabaton mi piacciono perché fanno un power metal molto maschio e potente ma fondamentalmente perché son dei gran cazzoni che sanno pigliarla bene. Ci sono un sacco di foto in giro su internet di Joakim che si spara gli oggetti nel naso. Ora, se vuoi fare i dischi power metal molto maschi che parlano di soldati e guerre sanguinose e te ne vai in giro coi pantaloni militari, la cresta in testa tipo Zangief, i Ray-Ban a specchio e poi ti fai ritrarre con degli oggetti sparati nel naso, devi per forza essere una brava persona.
Come degli stupidi bifolchi che vivono con la capezza al collo, avevamo totalmente ignorato l’esistenza di Carolus Rex, che probabilmente è uno dei dieci dischi più belli degli ultimi cinque anni di heavy metal mondiale, e per questo ci siamo cosparsi abbondantemente il capo di cenere parlandovi, ad esempio, del concerto tenutosi in una sala spinning, che se non avete compreso allora di quale elevatissimo livello di persone stessimo parlando non saprei proprio che tipo di insulti inventarmi per voi.
Ma adesso che è uscito Heroes possiamo fare ammenda e lasciare ai posteri e a coloro che ci leggeranno fra mille anni la nostra opinione sui Sabaton, cosicché in futuro, quando i Sabaton saranno assurti a parametro di riferimento per inquadrare i cicli della storia del metal (tipo quando si dirà “Questo gruppo appartiene all’epoca del I secolo a.S. mentre quest’altro al XV secolo d.S.”), i nostri pro-pro-pro-pro-nipoti non avranno a vergognarsi di noi. La versione dei Sabaton 2.0, con una formazione praticamente nuova di pacca (ve la anticipammo qui e immagino che, se siete dei bravi lettori, ormai ve la sarete tatuata sul culo), ha funzionato alla grande in questo nuovo disco, alla faccia di tutte le classiche scuse che utilizzano le band bollite quando dicono che hanno bisogno di un po’ di tempo per rodarsi. E invece questi cambiano formazione e, BAM, sfornano un altro disco della madonna. Adesso non voglio dire che Heroes sia ai livelli del predecessore, però ci siamo quasi. Comunque, se vi andate ad ascoltare tutta la discografia dei Sabaton vi renderete conto da soli che questi qui in ogni disco tirano fuori dai due ai tre pezzoni da mettere nelle compilation da lasciare in eredità ai nostri figli. Adesso ci guardiamo un video di Arnold Schwarzenegger che spacca le cose a bordo di un carro armato gigantesco.
Ora che avete interiorizzato il concetto, possiamo andare oltre e dire qualcosa di più preciso su Heroes. Come si sarà capito, ogni album degli svedesi, soprattutto gli ultimi, ruota intorno a storie di guerra, cioè storie vere scritte sui libri di storia. Quindi, ai carrarmati, ai pantaloni militari, alla cresta alla Zangief, ai Ray-Ban a specchio, agli oggetti sparati nel naso, aggiungete pure questo: sanno leggere. Qui il tema principale è un grande call of duty, ovvero storie di eroi di guerra che si sono sacrificati o che si sono distinti per particolari abilità militari. E ce n’è per tutte le nazionalità e tutti gli schieramenti: No Bullets Fly (un pezzo alla Udo degli ultimi ’80 come viene definito da loro stessi) è la storia di un cacciabombardiere americano; Night Witches è ovviamente una pilota donna che lancia le bombe nucleari sui nemici; The Ballad of Bull è su un australiano che ha salvato un sacco di soldati americani nella guerra in Nuova Guinea trasportando i feriti sulle sue spalle mentre i giapponesi gli sparavano addosso di tutto; il Soldier of 3 Armies è una specie di super mercenario finnico che pur di combattere i russi diventa un ufficiale delle SS, poi se ne va in America ed entra nei Berretti Verdi per poi morire in Vietnam durante un’operazione classificata; Far from the Fame è la storia di un soldato ceco; Hearts of Iron è un pezzo cafonissimo ispirato alla storia di Walther Wenk e della guerra di Berlino, che c’ha pure un assolo con la nota aria di Bach (che non è una famosa scorreggia). Un’altra cosa fica dei Sabaton è che, appurato ormai che sanno leggere, ammettono di prendere ispirazione dalle storie che vengono segnalate loro dai fan via mail. Smoking Snakes e Resist and Bite hanno questa genesi e sono due pezzi veramente rappresentativi dello stile Sabaton. Adesso ci vediamo un altro video di Arnold Schwarzenegger che cucina un panino enorme utilizzando un carro armato gigantesco con cui è solito spaccare le cose.
Per chiudere con la carrellata, c’è Inmate 4859 che è un pezzo molto oscuro, forse il più oscuro di tutte le canzoni dei Sabaton, che è la storia assurda di un soldato polacco che si fa rinchiudere di sua volontà ad Auschwitz per organizzare una rivolta dall’interno; To Hell and Back che è una specie di “colonna sonora spaghetti western con l’heavy metal” che parla di un pluridecorato soldato texano che ha scritto un libro sulle sue storie con questo titolo, è diventato una star di Hollywood, ha fatto un film sulla sua vita e molti altri film, tra cui Un americano tranquillo. Se non siete ancora convinti della grandezza dei Sabaton allora sappiate che, oltre a una versione molto fica di For Whom the Bell Tolls, tra le bonus track c’è Man of War che non è altro che un omaggio ai Manowar e il testo è fatto utilizzando esclusivamente i titoli delle canzoni dei Manowar. Tutti ci auguravamo ardentemente che qualcuno prendesse sul serio il Manowar Lyrics Generator. I Sabaton lo hanno fatto. (Charles)