Ma così come i fiumi si prosciugano e le sinfonie rimangono incompiute alle chiacchierate più interessanti, a un certo punto, mancano le parole. Era il momento che sceglieva solitamente la mamma per accorgersi che ero sparito. Andava improvvisamente nel panico urlando disperatamente il mio nome, correndo a destra, a sinistra, in tutte le direzioni, sicura di avermi perso per sempre. Rimandavo così i miei progetti d’invasione, firmavo in fretta e furia qualche armistizio, soccombevo a Waterloo e mi arrendevo al nemico. Quali non erano la sua sorpresa e il suo sollievo vedendomi uscire ogni volta da sotto la persona con cui stava parlando come se questa mi avesse partorito all’istante!
Crescendo mi accorsi con rammarico che stavo perdendo il dono dell’invisibilità e capii che per gli altri ci sarei sempre stato. Ormai le signore male sopportavano la mia posizione supina sotto di loro. Un triste giorno fui scacciato dal mio paradiso terrestre in malo modo come lo fu Adamo prima di me. Le mie postazioni, ormai vacanti, furono immediatamente conquistate da un altro e, dopo di lui, da un altro ancora. Cominciai così la vita errabonda di chi non riesce a trovare il suo posto sotto la volta celeste. Ora sono grande e grosso, ora tutte mi vedono e tutte mi evitano. Ma capita che qualcuna si soffermi, mi guardi negli occhi e mi sorrida, come per riscaldare un attimo la mia solitudine, e io per un po’ abbandono la smorfia sofferente dell’esiliato che costantemente deforma il mio viso. Mi sembra allora che volendo potrei sparire di nuovo, come quando il mio cielo non era ancora triste e carico di nuvole pesanti. Ah! Potere strisciare sotto le gonne di quella passante pia e misericordiosa!
E invadere l’Inghilterra.
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