In parole povere: le piccole e medie case editrici pubblicano una marea di schifezze. E parliamo di case editrici non a pagamento. Questo – come lo vogliamo chiamare? – assunto è nato da una discussione sul forum, dove molti di noi hanno tirato le somme dopo un anno passato a leggere principalmente libri di autori emergenti.
Qual è il risultato della somma?
La maggior parte dei libri di esordienti che ho letto sono stati una delusione, più o meno grande ma sempre una delusione. Stile elementare e in alcuni casi palesemente forzato, trame arraffazzonate, idee scarse, zero coinvolgimento, lentezza e mucchi di banalità.
Partendo dal presupposto che un editore free pubblichi esclusivamente testi che ritiene vendibili, commerciabili, scritti bene, le cose sono due: o in 32 anni e con oltre cinquecento libri letti sulle spalle non ho capito una mazza, oppure nel panorama delle piccole e medie case editrici c’è qualcosa che non va.
Se devo spendere 14/16 euro per trovarmi tra le mani un prodotto che nel migliore dei casi è appena sufficiente, e nel peggiore completamente insoddisfacente, inizio a pensare anch’io di non comprare più testi di esordienti.
Sono le parole di Nayan, alias Enrica Aragona, amministratrice di Writer’s Dream insieme a me. E i pareri degli utenti sono molti e molto simili, vi invito a leggerli direttamente nella discussione. L’altro intervento che voglio evidenziare, invece, è quello di Elena di Studio83, un’associazione culturale impegnata sul fronte esordienti:
Per lavoro leggo tantissimi libri di esordienti e, per fortuna, non li devo pagare (me li inviano spontaneamente). E qui piazzerei una piccola parentesi: ma case editrici sono impazzite con i prezzi? 13-14 euro a volume? Chi, a parte gli amici intimi di un esordiente, sarebbe disposto a sborsare cifre simili?
Sono d’accordo sulla qualità generale pessima della maggior parte delle pubblicazioni (e aggiungerei che, in molti casi, non c’è differenza tra i free e quelli a pagamento: scadenti entrambi).
Il perché è abbastanza semplice, imho.
Tanti editori sono editori improvvisati; non hanno politica di catalogo, non hanno un discorso culturale, non sanno fare il loro mestiere. Oggi chiunque può aprire una casa editrice (tant’è che spuntano come funghi), ma questo non rende editori più di quanto Microsoft Word e una tastiera rendano scrittori. Immaginiamo una persona che scrive da cani e non ha il minimo gusto: mette da parte un po’ di soldi e apre una casa editrice (anche free, eh). Ecco qua, ha il distintivo di editore. Riceve un manoscritto schifoso, lo legge, gli sembra un capolavoro e lo pubblica. Senza fare editing, per carità, che adesso non va più di moda, e poi lo stagista sottopagato che avrebbe dovuto occuparsene è accidentalmente caduto dalla finestra del quinto piano mentre puliva i vetri (gli stagisti sono versatili, puoi usarli come editor e come inservienti con lo stesso contratto).
La grafica la facciamo fare a mio cugino Peppe che l’anno scorso ha fatto un corso di Photoshop, il tipografo lo rimediamo on-line dalla Cina con qualche bella stampa low-cost illeggibile, et voilà! Ecco servito il libro di m***a.L’autore, tutto felice perché finalmente o pubblikato!!1!!, spedisce il libro qua e là per farlo recensire. Se è fortunato incapperà in gente ignorante o in qualche amyketto (per dirla alla Gamberetta) che ne canterà le lodi perché sì. Se è sfortunato, si beccherà una vibrante stroncatura a cui non era preparato, ed entrerà in crisi e si arrabbierà perché il mondo è cattivo e ce l’ha con lui.
Quindi abbiamo:
- editori scadenti
- autori scadenti
- lettori scadentiUn circolo vizioso di incompetenti.
Bello, vero? Da parte mia, che di libri di esordienti ormai ne leggo a bizzeffe, non posso che aggregarmi: gli unici libri veramente validi – e per validi intendo più che semplicemente buoni – sono di XII, Gargoyle e Asengard (sebbene di Asengard ne abbia letti solo due, più uno in corso di pubblicazione), più un paio di Montag e uno de I Sognatori. Ma la lista free contiene quasi 180 case editrici, mentre la lista degli editori di qualità contiene 8 nomi.
Un motivo ci sarà.
Il problema è esposto bene da Elena nel commento riportato poco più su: molte case editrici lo diventano da un giorno all’altro, non c’è bisogno – come per aprire un bar o altro – di sostenere un esame. Non servono titoli di studio, mentre per aprire un bar o un ristorante serve il diploma alberghiero o la pratica per due anni presso un’altra attività di ristorazione. Senza contare che il commento di Elena introduce un altro problema (come se ne avessimo bisogno): il costo dei libri. In una discussione con Ciesse Edizioni l’editore parlava di mettere un libro di 900 pagine a 24/25€. Gli ho fatto notare che nessuno pagherebbe mai quei soldi per l’opera di un autore sconosciuto. Io non li spenderei mai, a meno di rarissime eccezioni. E con le rarissime eccezioni non si rientra certo nelle spese.
Alla fine di questo circolo vizioso di editori scadenti e autori scadenti a rimetterci sono sempre i lettori. Penso che questa frase di Lemming sia la più esplicativa: “I capolavori sommersi? Non lo restano in eterno. Ma sono pochi, pochissimi. Sempre più spesso, mi chiedo se valga la pena ravanare nel mucchio, quando in libreria ce ne sono un’infinità, e devo solo scegliere.”