Speciale Cannes 2015 – MAD MAX FURY ROAD: aneddoti e curiosità di un successo

Creato il 15 maggio 2015 da Masedomani @ma_se_domani

Cosa deve aver provato il Signor George Miller (qui a fianco) alla vista della stampa più agguerrita del pianeta in totale giubilo difronte al suo MAD MAX versione nuovo millennio? Gioia, molta gioia, e altrettanta soddisfazione. E noi, che nel Grand Theatre Lumière ieri mattina eravamo presenti, senza vergogna, ammettiamo che il clima fosse bellissimo, ai limiti del surreale, perché MAD MAX FURY ROAD dimostra che la perfezione anche in un film post-apocalittico si possa raggiungere.

Tutto è dosato con saggezza e Miller riesce ad alzare l’asticella quanto basta per mandare in visibilio non solo i fan ma chiunque veda la sua nuova creazione. Nelle sue mani l’action è diventato uno spettacolo imperdibile, fatto di effetti speciali oltre lo scibile, molta fisicità, tanta musica e colore, con una cura quasi maniacale dei numerosi dettagli. Un set mastodontico, fatto di migliaia di persone e una miriade di macchine e macchinari, ha reso possibile la realizzazione di un grande Blockbuster.

Dopo una simile sorpresa, siamo andati alla ricerca di qualche informazione e aneddoto sul making of… e la conferenza stampa si è rivelata molto utile.

Prima di tutto diamo i numeri: MAD MAX ha 30 anni e FURY ROAD ben 12 (!). Concepito come una lunga graphic novel, i suoi 3500 storyboard (gulp) iniziali si sono fusi in una sorta di sceneggiatura illustrata che ha portato la troupe e il cast in un vero deserto per 7 mesi a girare 450 ore di materiali. Non stupisce quindi che la post-produzione sia stata piuttosto lunga e si siano resi necessari da 5 a 10 test screening con audience prima di trovare il giusto compromesso.

Tom Hardy e Charlize Theron – Photo: courtesy of Warner Bros. Italia

Il cast ha lavorato senza uno script tradizionale, solo con le tavole, appunto, e le idee nella testa dell’autore. Il fatto che le scene fossero girate per singolo frammento (il “cut” era a distanza di pochi secondi uno dall’altro) ha portato, per esempio, lo stesso Tom Hardy a capire a pieno cosa volesse l’autore solo una volta visto il film montato.

Questo nuovo episodio vive di vita propria, non necessita di prequel, sequel e/o prolissi spiegoni in apertura, in quanto la storia è stata concepita, sin dall’inizio, come una serie di avventure – senza legame cronologico – dell’eroico MAX, uomo perduto in un mondo che non è più quello che noi conosciamo (ma che pare essere la diretta conseguenza dei problemi sulla bocca di tutti – surriscaldamento globale, inquinamento, leader a cui sfugge la mano, etc.). Al suo fianco c’è una donna che, per una volta, non cerca di essere un uomo. E’ solo una persona dal pesante passato, un’abile guerriera, che cerca la redenzione.

E a questo punto è d’obbligo confermare la preponderante presenza femminile nel cast ma, al contempo, sfatare le voci che vogliono MAD MAX FURY ROAD essere un manifesto del femminismo. La realtà è molto più semplice di come alcuni la fanno sembrare: una donna che salva la moglie di un uomo violento ha un impatto ben diverso rispetto a quello di un uomo che scappa con la consorte di un altro. Punto. Il messaggio è diverso e il film non sarebbe stato ciò che abbiamo tanto applaudito ieri. Fine della polemica.

Una scena di MAD MAX FURY ROAD – Photo: courtesy of Warner Bros. Italia

Per chiudere in bellezza dedichiamoci a qualche curiosità.

Sapete chi si è occupato dell’editing? La moglie dell’autore alla prima esperienza con un action movie.
Avete idea del numero di contusioni e ossa rotte che si sono accumulate durante le scene di azione? Oltre qualche abrasione sono usciti tutti incredibilmente illesi nonostante scene come quella nella foto sopra fossero vere.
Riconoscete il luogo dove si sono svolte le riprese? Siamo in Namibia.
Ci dobbiamo aspettare un nuovo inizio? In effetti, un certo appetito sembra essere tornato a tutti

Vissia Menza


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :