“Ho il culo di fare il regista” Così Emanuele Crialese lunedì al Kino di Roma, nella serata dedicata al suo esordio dietro la macchina da presa, quel Once We Were Strangers, girato in America nel 1997 e approdato da noi in Italia solo in home video dieci anni dopo. Crialese l’avevamo lasciato l’anno scorso, con un Premio Speciale della Giuria alla Mostra di Venezia e la candidatura italiana come miglior film straniero agli Oscar.
La proiezione di Once We Were Strangers ci ha riportato un film vivo, onesto, con le ingenuità e i difetti di un’opera prima, ma in cui già risulta evidente quel talento che con Respiro prima, e poi con Nuovomondo e Terraferma, verrà sprigionato meravigliosamente dal cineasta siciliano. La storia è quella di alcuni “stranieri” nella Grande Mela, il loro spaesamento, il loro disagio in un mondo nuovo, diverso. “Il mio obiettivo era fare un film decente”, racconta Crialese. “Once We Were Strangers è un film semplice, artisticamente è la mia opera minore, ma per i miei sentimenti personali è quella maggiore”. Quando il regista l’ha girato era studente alla New York University, dove vinse una borsa di studio che gli permise di frequentare i corsi. Quando tocca quest’argomento il racconto si fa sentito: “In Italia lavoravo in un’agenzia di viaggi. Non potevo permettermi di pagare l’università a New York. Trovai solo i soldi per frequentare i tre mesi propedeutici”. Ma poi è arrivato un aiuto inaspettato. “L’Università metteva a disposizione una borsa per un solo studente. Una borsa che avrebbe coperto le spese per l’intero corso di quattro anni. Bisognava presentare la domanda documentando le capacità acquisite – prosegue il regista – e io potevo mostrare i miei lavori audiovisivi ma non potevo scrivere i testi che richiedevano perché non parlavo inglese. Me li scrissero i miei compagni di corso, che facevano domanda con me. Erano miei “rivali” ma mi aiutarono. Un gesto unico”. In Italia forse questo non sarebbe mai successo. E a dimostrazione di come funziona e funzionava il nostro paese, ci pensa lo stesso regista raccontando con sarcasmo il suo esame orale per entrare al Centro Sperimentale. “Mi chiesero, davanti a tutti: chi la manda? Se non la manda nessuno come pensa di entrare al Centro?”. Fortunatamente qualche giorno dopo arrivò la lettera della New York University, “un’università che, quando finisci gli studi, ti mette sul piatto dieci proposte di lavoro”. Ed ecco che il discorso torna inevitabilmente sulla sua esperienza americana e su quel piccolo film che segnò il suo esordio. “Volevo fare una commedia, volevo un tono leggero perché desideravo che anche chi lavorava alla realizzazione potesse divertirsi”. E a divertirsi fu anche Robert Redford che decise di selezionare la pellicola per il suo Sundance Film Festival. Nonostante questo, il film in Italia non trovò distribuzione. Ma non è quest’ingiustizia a infastidire Crialese, la cosa che non gli va giù è un’altra: “Quasi sempre mi trovo a proiezioni del film in versione doppiata. Non la sopporto, perché non rispecchia assolutamente il linguaggio del film, che gioca ironicamente con l’inglese maccheronico dei personaggi. Once We Were Strangers va visto assolutamente in lingua originale, come tutti i film”. E non possiamo dargli torto.
di Antonio Valerio Spera