Ho deciso di attuare questa sorta di rubrica, che se tutto andrà bene concluderò al massimo a giugno, per contribuire nel mio piccolo a contagiare quante più persone con questo meraviglioso virus della lettura. Perché associare i Musicals teatrali ai libri? E' molto semplice. Molte opere teatrali traggono ispirazione dai romanzi più famosi della letteratura, non solo italiana, ma soprattutto straniera. Pensiamo ad esempio a Notre Dame de Paris, del francese Hugo, o anche ai suoi I Miserabili, che ultimamente stanno riscontrando un maggior successo anche grazie al film candidato agli oscar. I romanzi italiani però non sono da meno. Pensiamo a due romanzi fondamentali della nostra letteratura: I Promessi Sposi del Manzoni, e La Divina Commedia di Dante. Ebbene sì, miei cari, sono state realizzate delle deliziose opere teatrali a riguardo.
Siete pronti a scoprirli con me? Premetto che alcuni, purtroppo, non li ho visti personalmente, ma sono curiosa di conoscerli meglio per voi e per me stessa, con molto, moltissimo piacere.
Credo fermamente che il teatro possa contribuire a scoprire il piacere per la lettura, e di romanzi che spesso vengono mal visti, perché costretti a studiarli a scuola senza il dovuto piacere che possono realmente dare.
Voglio inaugurare questo speciale con il musical - o meglio opera popolare - che più mi è entrato nel cuore: Notre dame de Paris, del nostro caro Cocciante, su ispirazione del meraviglioso romanzo vergato dall'abile penna di Victor Hugo!
Notre-Dame de Paris
L'amore è come un albero: spunta da sé, getta profondamente le radici in tutto il nostro essere, e continua a verdeggiare anche sopra un cuore in rovina.
Entriamo silenziosi nella sua cornice, a piccoli passi, con il cuore palpitante e una curiosità incessante, saliamo le scale, e sfioriamo con lo sguardo quelle campane e, oh, i nostri occhi si soffermano su un omino che vi rivolge il suo "Bonjour" e per un attimo ci fermiamo a sorridere, ascoltando la dolcezza di quella lingua, e poi saliamo più in alto e incrociamo le grottesche figure dei gargoyles che tendono il loro muso verso il basso. Ci fermiamo. Un refolo d'aria s'insinua dispettoso tra i nostri capelli, accarezzando i nostri visi. Ci sporgiamo leggermente e ammiriamo la città dall'alto, e una voce ci sussurra racconti di un passato lontano, un medioevo oscuro e magico, e sembra che il mondo moderno muti. Sentiamo voci concitate, chiasso, risate.
Tutti sembrano gioiosi sulla piazza antistante. Ci sono colori, suoni, musica. Sembrano contagiarci con la loro allegria. Incrociamo figure grottesche, maschere orripilanti, e comprendiamo.
Siamo tornati al 6 Gennaio 1482 e lì, proprio lì, sotto i nostri occhi si sta svolgendo una delle feste più pittoresche dell'epoca, che ancora ha scorci nella nostra modernità: la festa dei folli, così simile al carnevale. Il mondo sembra essersi ribaltato. Tutti quanti sono sottosopra. C'è allegria.
Fermiamoci ad osservare e... presto la storia prende il via.
Così ha inizio la storia di Victor Hugo, con una festa strana e pittoresca. Subito incrociamo i personaggi principali della storia, che con le loro luci e le loro ombre, entreranno facilmente nei nostri cuori.
Notre-Dame de Paris è una storia di amore e di passione non sempre visti nei loro connotati positivi. E' una storia drammatica che fa affiorare lacrime e affonda nello stomaco con un pugno ben assestato. E' un superbo romanzo storico che ci mostra nei dettagli la Parigi dell'epoca, scorta a volo d'uccello.
Non è una lettura semplice. Lo stile di Hugo è ricercato, a tratti pesante, molto dettagliato nelle descrizioni. E' facile perdersi o voler cambiare pagina, sopratutto nella descrizione particolare che si fa della sua splendida città - oddio, non troppo splendida all'epoca -. Se si va oltre, però, si rimane affascinati da una storia toccante, e densa di sentimenti; da personaggi originali e meravigliosamente caratterizzati.
Si sostiene che Hugo, costretto dall'editore a scrivere il romanzo entro una certa data, si sia totalmente rinchiuso nel suo studio, pur di portarlo a termine. E nel marzo 1831 la sua splendida opera fu pubblicata, riscuotendo subito un grande successo, che ancora oggi non si è perso.
Di cosa parla tale opera? Scopriamolo subito.
Siamo nella Parigi medievale del 1482, nella cui periferia si è stabilito un gruppo di zingari, in quella da loro chiamata la Corte dei Miracoli. I gitani ammaliano i parigini con le loro magie, e trucchetti, e spesso li derubano o raggirano. Tra di loro, spicca la bellezza deliziosa di una ragazza: la chiamano l'Esmeralda e intorno a lei ruota tutto.
Infatti, di lei s'innamorano quasi tutti i personaggi importanti della vicenda. Quasimodo, l'orribile gobbo, cieco e zoppo, che a causa della sua mostruosità è costretto a nascondersi nella Cattedrale di Notre-Dame, ma che in fondo dietro quell'aspetto ripugnante ha un cuore purissimo e nobile; l'arcidiacono Claude Frollo, che s'invaghisce in maniera tale della fanciulla, da provare una passione sconvolgente, che lo porta anche alla follia; il bel capitano delle guardie Phoebus de Châteaupers, in realtà egoista e arrogante, il cui unico scopo e corrodere la purezza della giovane ingenua, a discapito anche della sua futura sposa, la nobile Fleur de Lys.
Ci sono, tuttavia, altri personaggi davvero notevoli. Pierre Gringoire, il poeta della città, una persona istruita, ma spesso non presa sul serio dalla popolazione, a tratti un po' folle - in fondo, anziché salvare la bella Esmeralda, si cura di salvare la sua capretta! - ma è uno dei personaggi che più mi ha colpito.
Accanto alla Esmeralda, come una sorta di "tutore" c'è Clopin, il capo dei gitani; una figura particolare, che rispecchia perfettamente l'immagine che viene data al suo gruppo. Coperto di cenci, capace di mascherare facilmente una ferita, di fingere ciò che non è. E' una persona molto materiale, che forse non riflette più di tanto nelle sue azioni; ma, quando penserà di dover salvare la bella Esmeralda, non ci metterà molto a sferrare un assalto alla cattedrale.
Infine, ci sono altri due personaggi che - a mio avviso - sono molto importanti, anche se nella versione teatrale di cui parlerò in seguito, non compariranno -: Jeahn Frollo, il fratellino dell'arcidiacono, una sorta di monello di strada, scalmanato e determinato, molto diverso da Claude Frollo, ma è particolare l'affetto che li lega. Se non rammento male, Claude Frollo si prenderà cura personalmente di lui, anche se infine non seguirà proprio le sue direttive e non avrà fine piacevole.
E poi c'è lei, Gudule o meglio Paquette la Chantefleurie, la madre di Esmeralda. La sua storia è tra le più tragiche mai lette, per cui mi sento di aprire una parentesi per conoscerla meglio. Gudule non aveva avuto vita facile; perso il padre, lei e sua madre si ritrovarono ad essere ben presto delle miserabili. Proprio per questo, dalla tenera età di quattordici anni, fu costretta a passare di letto in letto, pur di raccimolare qualcosa, fino a quando non restò incinta. Di fronte a tanta tristezza, l'arrivo di una figlia fu un regalo meraviglioso. Fino a quando, un gruppo di zingari non arrivò nella sua città, Reims, rappresentando la sua rovina. Gudule non trovò più la sua amata e bellissima figlia, scambiata per uno strano bambino orrido, zoppo, privo d'un occhio e contorto (sì, lui.). Da quel giorno, la donna oltre a cadere in un baratro profondo e ricco di follia, nutrì un odio profondo verso quegli zingari che avevano rubato la loro bambina, un odio che fu presto scagliato contro una vittima particolare: proprio quella giovane gitana che danzava di fronte a Notre-Dame. Potete ben immaginare quanto sia triste essere consapevoli che quella madre che non riusciva a dimenticare la sua bambina, scagliasse maledizioni proprio su di lei. Raccontare la fine non sarebbe giusto, ma vi invito veramente a leggerlo, pur essendo doverosamente preparati a ricevere un bel pugno nello stomaco, e una rabbia indescrivibile.
Gudule è, quindi, uno di quei personaggi che resta facilmente nel cuore, che è impossibile dimenticare e, a mio avviso, è uno dei tanti elementi che rendono questo romanzo storico decisamente stupendo.
Anche la stessa folla, così variegata, è importantissima. E' forse possibile ritenerla come un ulteriore grande personaggio, che con i suoi discorsi e azioni, permette di conoscere ancor meglio certe sfumature della trama e dei personaggi.
Notre-Dame de Paris è un romanzo notevole, dove i sentimenti emergono profondamente. E' un romanzo che fa riflettere e che affronta diversi temi. Tra gli altri sicuramente la figura del diverso, disprezzato, ripudiato, allontanato. Per la sua figura mostruosa Quasimodo, il campanaro, verrà sempre tenuto distante, nonostante dimostri più volte di avere un cuore umile e un amore sincero, forse l'unico vero, nei confronti della bella zingara. Un amore reale, che strazia il cuore, soprattutto per il suo essere disposto a tutto per lei, per suscitarle anche solo un sorriso. La sua volontà di proteggerla e di raggiungerla anche nella morte.
Esmeralda, punto focale attorno a cui ruotano tutti i personaggi, è una fanciulla giovane e ingenua, che si perde nelle sue fantasie e nella bellezza intravista in un soldato, suo salvatore a seguito di un gioco di equivoci, e non capirà che in fondo, tutte quelle belle parole del capitano, sono prive di sentimento.
E poi c'è l'amore che diventa ossessione. L'impossibilità di cedere a una passione che lo riempie totalmente, quasi a renderlo pazzo, e che è rappresentato sicuramente dall'arcidiacono Frollo, un personaggio che suscita diverse emozioni. Francamente, io non riesco a condannarlo del tutto. E' una figura non totalmente negativa, un uomo che riversa tutta la sua esistenza nella religione, nel suo compito, che dimostra anche cuore nel prendersi cura non solo del suo fratellino, ma anche di un bambino orripilante che altrimenti sarebbe stato sicuramente ucciso. Tuttavia, la sua ossessione, il rifiuto più volte perpetuato dalla gitana, il fuoco che sente dentro ogni volta che la vede danzare, lo gettano in un baratro profondo che lo porterà a una ben misera fine.
Si potrebbero riempire pagine e pagine parlando di questo romanzo, ed è per questo che occorre fermarsi e passare alla seconda parte di questo mio speciale.
Ma intanto lascio la mia valutazione al libro, che immagino avrete ormai capito.
Dal libro al... Teatro.
Quanti di voi hanno visto la magnifica opera popolare scritta da Luc Plamondon e messa in musica da Riccardo Cocciante, e il cui libretto in italiano è di Pasquale Panella?Come già detto è l'opera teatrale e musicale che più amo, e oggi sono felice di inserirla in questo spazio virtuale.
Notre-Dame de Paris è un'opera popolare che inizia in Francia, suo paese d'origine, ottenendo un grandissimo successo e la viva ammirazione di quasi tutta la critica francese. L'onda si è poi riprodotta in altri stati, tra cui, appunto, l'Italia.
Il suo debutto è stato il 14 Marzo del 2002 a Roma, in un teatro costruito appositamente per inserirvi un'opera così monumentale: il Gran Teatro. Nonostante siano passati così tanti anni, l'amore del pubblico per una simile creazione non si è mai spento. Numerosi artisti hanno solcato il palco, interpretando i vari ruoli, e molti devono il loro successo anche grazie a una simil opera!
Si articola in due atti, durante i quali vediamo scorrere la tragica quanto appassionante storia di Esmeralda, la giovane zingara, e dei diversi personaggi che ruotano intorno a lei. Ci sono state ben lievi modifiche, a mio parere, rispetto al romanzo. Prima tra tutti l'assenza di alcuni personaggi, come ho già detto (Jeahn e Gudule in primis), e forse qualche leggera differenza anche dei caratteri delle persone. Quello che andrò a scrivere, ovviamente, è tutta una mera opinione personale.
A mio avviso, ad esempio, Clopin mi sembra molto più gradevole rispetto al romanzo. E' sì il principe dei gitani, sempre capace di uccidere facilmente il malcapitato Gringoire che osa accedere senza permesso alla sua Corte dei Miracoli, ma ha un cuore più profondo. Mentre nel romanzo, mi faceva quasi paura per la sua ferocia nell'attacco, qui mi è entrato particolarmente nel cuore, complice anche un'ottima interpretazione e una scena della morte, davvero drammatica. Clopin rappresenta quasi un modo per far riflettere una società che emargina il diverso, che esclude e che non sa adattarsi al cambiamento.
Anche il mio carissimo Gringoire, sembra acquistare una sfumatura più profonda. Soprattutto quando si rivolge alla luna, invocando il suo canto drammatico in favore di Quasimodo e del suo amore impossibile per Esmeralda.
Tuttavia per il resto ho trovato la trama teatrale perfettamente in linea con il testo di Hugo, e posso affermare con un sorriso, che diverse frasi o scene sono state perfettamente messe in mostra sul palco. Emergono quasi tutti i temi vergati dall'abile penna di Hugo, e i suoi perfetti personaggi.
Prima di conoscerli meglio, è doveroso premettere che io ho visto solo il primo cast che mi è entrato profondamente nel cuore, tuttavia nulla contro i seguenti, anzi ci sono stati artisti davvero staordinari anche negli anni successivi!
La smorfia era la sua faccia. O meglio, tutta la sua persona era una smorfia.
Una grossa testa irta di capelli rossi; tra le spalle, una gobba enorme il cui contraccolpo si faceva sentire davanti; un sistema di cosce e di gambe contorte così stranamente che solo al punto del ginocchio potevano toccarsi tra loro, e che, viste di fronte, somigliavano a due falcetti congiunti per il manico; piedi larghi, mani mostruose; e a dispetto di tanta deformità, un certo aspetto terribile di vigoria, di agilità e di coraggio; strana eccezione alla regola eterna per cui la forza, come la bellezza, risultano dall'armonia. Tale era il papa che si erano eletto i folli.
“Dio, com’è crudele un mondo che non sa legare i cuori. Sono brutto e tu sei bella e mai mi amerai, mai".
Senza essere alta, lo sembrava, tanto era slanciata e ardita la sua figura sottile. Era bruna, ma si capiva che di giorno quella pelle aveva certo i bei riflessi dorati delle donne andaluse e romane. Anche il suo piedino era andaluso, perché stava allo stesso tempo stretto e a suo agio nella graziosa scarpetta. La fanciulla danzava, volteggiava, turbinava sopra un vecchio tappeto persiano gettato con negligenza sotto i suoi piedi; e ogni volta che piroettando il suo viso radioso ti passava davanti, quei grandi occhi neri ti lanciavano un lampo.
“Piedi nudi, lontana infanzia, sopra i monti laggiù in Provenza, per gli zingari il mondo è grande, il mondo è grande.”
Tra i mille volti che quei bagliori tingevano di sanguigno, uno sembrava assorto più d'ogni altro nella contemplazione della danzatrice. Era il volto di un uomo, austero, calmo e cupo. Quest'uomo, il cui vestito era nascosto dalla folla che gli stava intorno, non dimostrava più di trentacinque anni; eppure era calvo; gli coprivano a stento le tempie pochi ciuffi di capelli radi e già grigi; sulla fronte ampia e alta comincivava a essere solcato di rughe; ma negli occhi incavati brillava una straordinaria giovinezza, una vita ardente, una passione profonda. Non li staccava un momento dalla zingare, e mentre la folle fanciulla sedicenne danzava e volteggiava per il piacere di tutti, il fantasticare di quell'uomo sembrava farsi sempre più cupo. Di tanto in tanto un sorriso e un sospiro s'incontravano sulle sue labbra, ma il sorriso era più doloroso del sospiro.
“Io cado in te, tentazione, e tutto al diavolo va, la scienza e la religione, e virtù e castità.”
Un tale che se ne stava al di qua della balaustra nello spazio lasciato libero attorno alla tavola di marmo, e che nessuno aveva ancora scorto, tanto la sua figura lunga e sottile era completamente al riparo da ogni raggio visivo grazie al diametro del pilastro cui stava appoggiato, questo tale, diciamo, alto, magro, pallido, biondo, ancora giovane sebbene qualche ruga già gli solcasse la fronte e le gote, gli occhi brillanti e la bocca sorridente, vestito di una saia nera, logora e lustra per la vecchiaia, e fece segno al povero infelice...
“Io sono il poeta Gringoire,
l’aria lieta in questa città”
- Avete mai visto un visino più avvenente e più spiritoso di quello della vostra promessa? Chi può essere più bianca e più bionda? E quelle manine, non sono perfette? E il suo collo incantevole non sembra quello di un cigno?
“Io farò mia la tua avventura, ti amerò se tu mi giuri, ti amerò se tu mi giuri, che impiccheranno la Esmeralda.”
Clopin Trouillefou, rivestito delle insegne regali, non aveva uno straccio di più né uno di meno. La piaga sul braccio era già scomparsa. Teneva in mano uno di quegli staffili fatti di cinghie di cuoio bianco di cui a quel tempo si servivano gli sbirri per tenere indietro la folla: le chiamavano boullayes. Sulla testa portava una specie di copricapo cerchiato e chiuso in alto; ma era difficile distinguere se si trattava di un cercine da bambino o di una corona da re, tanto l’uno somiglia all’altra.
“Come fare un mondo dove non c’è più l’escluso? Come fare un mondo senza povertà e frontiere?”
Al suo fianco stava in piedi un giovane dall’aspetto fiero, ma un po’ vanesio e bravaccio, uno di quei ragazzi su cui tutte le donne si trovano d’accordo, sebbene gli uomini saggi e fisionomisti alzino le spalle. Il giovane cavaliere portava la brillante divisa di capitano degli arcieri del re…
“Con una al sole, con l’altra di nascosto, una è amore, e l’altra è sangue al cuore.”
Di quest'opera è stato estratto anche un dvd, registrato all'Arena di Verona, che mostra appunto il primo cast, i cui attori ho inserito in tale post.
Quest'opera popolare sa sprigionare emozioni uniche. Non ci sono solo cantattori che con voci sublimi e splendide interpretazioni riescono a donare forza ai personaggi, ma anche un favoloso gruppo di acrobati e ballerini che sanno ammaliare il pubblico con coreografie mozzafiato.
E' un'opera che va vista, assolutamente, e che riesce a trasmettere anche l'essenza della trama scritta da Hugo.
Vi lascio il link del sito, e vi invito anche a scoprire la versione francese e, se siete particolarmente curiosi, anche quelle degli altri stati! Ho avuto modo di vedere e sentire le canzoni francesi e sono ugualmente favolose, parimenti al nostro cast. Se amate perdervi in altre lingue, non esitate a cercare tutto il materiale possibile, che internet saprà sicuramente fornire!
A presto, magico mondo dei lettori.
Vi lascio con queste ultime parole...
Trovarono tra tutte quelle orribili carcasse due scheletri, uno dei quali abbracciava singolarmente l'altro. Uno di quegli scheletri, che era quello di una donna, era ancora coperto di qualche lembo di una veste di una stoffa che era stata bianca, ed era visibile attorno al suo collo una collana di adrézarach con un sacchettino di seta, ornato da perline verdi, che era aperto e vuoto. Quegli oggetti erano di così poco valore che di certo il boia non li aveva voluti. L'altro, abbracciava stretto questo, era lo scheletro di un uomo. Notarono che aveva la colonna vertebrale deviata, la testa incassata tra le scapole e una gamba più corta dell'altra. D'altronde non aveva alcuna vertebra cervicale rotta ed era evidente che non fosse stato impiccato. L'uomo al quale era appartenuto era quindi giunto lì, e lì era morto. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che abbracciava, cadde in polvere.
Quando il tempo sarà passato
La terra scoprirà
I nostri due scheletri abbracciati
E il mondo lo saprà
Che Quasimodo amò Esmeralda
La raggiunse e la strinse a sé
Oltre i baci da respirare
Nella morte che dà la vita
All'amore che mai non muore