SPECIALE: Donne da Incubo 03 ELISABETTA BÁTHORY
Creato il 28 aprile 2011 da Bookland
Salve a tuttiOggi per il nostro speciale dedicato alle Donne da Incubo(QUI l’Introduzione), vi presenteremo il ritratto di una contessa ungherese che seminò il panico tra le giovani vergini della zona. Sto infatti parlando di Elisabetta Báthory efferata assassina che si inserisce nel secondo gruppo delle donne piú malvagie della storia, le criminali.Ci tengo a dire che la prima immagine che vi proporrò è tratta dal libro e la trovo davvero molto bella( certe volte ho il gusto del macabro) e rappresentativa.
NUM 34. UN BAGNO DI SANGUE. ELISABETTA BÁTHORY.
Battere, ustionare, trafiggere, recidere, azzannare, congelare. Sono questi i verbi piú usati quando si pronuncia in nome di Elisabetta Báthory. E quando si parla di Cachtice, la dimora principale della contessa, in piena campagna ungherese, non si può fare a meno di sentire gli incessanti rintocchi delle campane a morto, quelle delle esequie di centinaia di ragazze, perché da quel maniero difficilmente si usciva se non in bara o, peggio, di notte per una sepoltura rimediata.La tenuta di Cachtuce, che contava, oltre a un maniero e a un castello, anche gli abitati circostanti, era una donazione di nozze del marito, il conte Ferenc Nadasdy, alla moglie Elisabetta Bàthory [..].La residenza della nobile famiglia Nadasdy era, invece, Sárvár, il ‘castello di fango, una fortezza nota agli intellettuali dell’epoca perché da qui si diffondevano nel Regno austroungarico le nuove idee protestanti. Siamo, infatti, parlando della prima metà del 500, quando cioè in Europa si propagavano i venti della Rforma. Un periodo turbolento, a dire il vero, forse tra i più penosi dell’era moderna, in cui la morte batteva ogni giorno alla porta a causa di epidemie, persecuzioni religiose, e incursioni nemiche, principalmente turche, sui confini. [..] Elisabetta Bàthory venne spedita nel 1570 all’età di 10 anni, com’era d’uso, per prepararsi all’imminente matrimonio con l conte Ferenc.
La storia, la leggenda di Elisabetta, la ‘contessa sanguinaria”, inizia qui, esattamente cinque anni dopo, nel 1575, con una cerimonia nunziale. C’è infatti chi sostiene che fu proprio l’influenza del marito, il bey nero, un eroe nazionale un pó cruento, che amava giocare con le teste mozzate dei suoi nemici, a renderla spietata. In realtà Elisabetta, condusse la sua vita coniugale lontana di Ferenc che era continuamente sul fronte a combattere contro i turchi. Per niente scoraggiata, sebbene fosse lontana da tutti i suoi affetti, prese fin dall’inizio ad amministrare le immense proprietà di famiglia, che si estendevano da ovest ad est.
Nel 1604 Ferenc, a causa di una malattia, la lascia definitivamente sola: una vedova con tre figli, Anna, Kata e Pal, ma non una “vedova Bànffy”, ovvero la classica donna indifesa dell’epoca. Ë lei stessa che pone questa differenza in una lettera a un confinante, che aveva erroneamente creduto di potersi approfittare della sua condizione. [..] “troverete in me un uomo!” . Lei non è come le altre, e del resto giá da un pó strane voci circolano su di lei.A distanza di 4 anni da questa lettera, nel dicembre del 1610, un gruppo di soldati e di nobili capeggiati da G. Thurzó, conte palatino d’Ungheria, irrompe nel maniero di Cachtuce per arrestare la contessa. La vedova è accusata di aver seviziato e ucciso un gran numero di fanciulle, e non solo serve delle gleba, sulla qual cosa si sarebbe potuto sorvolare, ma anche alcune figlie della piccola nobiltà.
Chi è dunque Elisabetta Bàthory? Una vittima come tante donne soffocate alla prevaricazione maschile o una carnefice?
Le superstizioni locali e le credenze che arrivano dalla vicina Transilvania, a cui era legato un ramo della famiglia Bàthory, hanno condizionato il giudizio dei posteri che si sono cimentati nella ricostruzione della vicenda.In verità sul caso Bàthory ancora si dibatte, e misteriose appaiono le sue attività quanto le segrete dei suoi castelli, ma una cosa è certa: la sua autorità e la sua lucidità erano tali che nulla nele sue corti avrebbe potuto compiersi senza che lei ne fosse quanto meno a conoscenza.
Ma cosa successe esattamente?Le innumerevoli testimonianze raccolte nei verbali di Thurzó ci forniscono nei dettagli un panorama fosco. I primi a essere ascoltati furono i suoi piú fidati servitori, ovvero alcune vecchie e un factotum . Questi furono immediatamente accusati e giustiziati per aver aiutato la signora a realizzare i suoi orribili propositi e aver praticato a loro volta violenza sulle vittime.D. Szentes, chiamata Dorkó , procurava le ragazze dai paesi vicini, Ilona Jó aiutava la prima a recuperare fanciulle ma partecipava anche alle torture, Kata B. perlopiù seppelliva le vittime, Anna Darvulia infliggeva alle malcapitate ogni genere di supplizio, da sola o con la sua padrona, che a quanto pare, proprio da lei aveva appreso i migliori sistemi per tormentarle fino alla morte. Quanto alle sevizie praticate l’ elenco è lungo. Venivano picchiate fino a che il sangue non cominciava a schizzare sulle pareti e sugli abiti. I corpi poi venivano martoriati con tenaglie, forbici, ferri o monete arroventate. Alcune venivano lasciate a congelare all’esterno dopo essere state ripetutamente bagnate. Altre venivano infilzate. [..]Quando si cerca di dare un senso alle azioni di questa donna si finisce inevitabilmente per scivolare nella leggenda. [..] Alcuni la accusavano di vampirismo cavalcando le credenze di quell’area geografica, altri la vedevano alla ricerca dell’eterna bellezza e intenta a immergersi nel sangue delle vergini sacrificate per mantenere candida la pelle, altri ancora, con argomentazioni piú scientifiche, la reputavano affetta da depressione ed epilessia. Forse, piú probabilmente, la crudeltà della signora fu ingigantita a dismisura in virtú di una campagna diffamatoria che tentava di sbarazzarsi di una donna politicamente pericolosa poiché antiasburgica. Tuttavia, resta il fatto che la contessa infliggeva senza dubbio pene disumane e ingiustificabili alla sue sottoposte. Marchiare con una moneta la carne delle ladruncole, umiliare le svogliate lasciandolo nude per giorni, privare del cibo le piú sfrontate, pungere e ferire con coltelli e aghi quelle che commettevano errori di ogni sorta [..]. A questo si aggiungeva una passione che fu spacciata per stregoneria e di cui si servirono piú narratori contemporanei che i detrattori dell’apoca: a Elisabetta piaceva cimentarsi in arti mediche non ortodosse. A questo scopo si faceva mandare erbe e manuali, e si circondava delle compagnia di alcune megere che la assistevano nei suoi oscuri esperimenti: verosimilmente le cavie erano proprio le su ancelle.
Elisabetta non era né folle né succhiava sangue, era semplicemente crudele, cinica e insensibile verso chi reputava di rango inferiore.[..] non finí sul rogo e nemmeno perse la testa, salvata infine dal suo stesso persecutore che la condannò a finire i suoi giorni a Cachtice, prigioniera del suo stesso castello.
A domani con l’ultima donna da incubo!
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